Change the gameCi sono molti abusi su minori nello sport, ma la giustizia sportiva li considera semplici illeciti

In Italia ci sono 44 federazioni, con altrettanti regolamenti, e nessuno prevede esplicitamente di punire questi comportamenti. Per questo motivo nell’ultimo periodo sono nate diverse proposte di riforma, tra cui l’istituzione di un tribunale ad hoc ritagliato sul modello americano dello U.S. Center for SafeSport nato dopo le denunce contro Larry Nassar

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La giustizia sportiva italiana dovrebbe dotarsi di un tribunale ad hoc per gli abusi e le violenze sui minori, che oggi sono annacquati nel più ampio calderone degli illeciti disciplinari. La richiesta arriva dall’associazione Change the game/Il Cavallo Rosa, nata nel 2018 per contrastare gli abusi nel mondo dell’equitazione e poi allargatasi a tutto l’universo sportivo italiano.

La proposta dell’associazione è supportata da un’evidenza statistica: «Nel 2019 la Procura generale del Coni ha fatto notare che gli illeciti più frequenti nello sport sono il match fixing, quindi le partite truccate, e gli abusi e le violenze sui minori, di cui sono stati riscontrati quasi 90 casi dal 2015 a oggi», dice a Linkiesta l’avvocato sportivo Fabrizio Cacace, procuratore della Federazione Arrampicata Sportiva Italiana e consulente legale di ChangeTheGame.

Tra l’altro quella novantina mal contata di denunce riguarda il dato ufficiale, ma i casi reali potrebbero essere molti di più: «Generalmente su cento casi poco più di un terzo vengono denunciati dalle vittime», spiega la fondatrice di Change the game, Daniela Simonetti.

È per questo che l’associazione ha organizzato un incontro in diretta streaming (ieri sulla sua pagina Facebook e sul suo sito) non solo per sensibilizzare, ma anche per parlare della necessità di spingere verso una riforma del codice del Coni: ha partecipato, tra gli altri, anche Emilia Narciso in rappresentanza del Dipartimento dello Sport della presidenza del Consiglio. L’ospite d’onore dell’incontro è stata Katie Hanna, vicepresidente dello U.S. Center for SafeSport.

Negli Stati Uniti dopo l’esplosione del caso Larry Nassar – medico della Nazionale di Ginnastica colpevole di aver violentato oltre 500 ginnaste, per lo più minorenni, e che oggi sta scontando diverse centinaia di anni di carcere – ha portato nel 2017 all’azzeramento dei vertici federali e alla creazione di un organismo autonomo che giudica i casi di violenza sessuale e abusi nello sport.

I risultati ottenuti dall’organizzazione statunitense fin qui sono evidenti: quasi 5mila denunce ricevute complessivamente – 281 nel 2017, 1848 nel 2018, 2770 nel 2019 – e 627 condanne inflitte dal 2017 ad oggi. E al dicembre 2019 oltre un milione di persone impegnate nello sport ha seguito un percorso di formazione sul fenomeno degli abusi sessuali promosso dallo U.S. Center for SafeSport.

«Creare un organismo simile, ritagliato sul modello americano, avrebbe un grande impatto sulla nostra giustizia sportiva», dice Daniela Simonetti, che lo considera l’obiettivo principale da centrare. In questo modo si seguirebbe un percorso simile a quanto fatto con la Nado, l’Organizzazione Nazionale Antidoping: un organismo indipendente dell’ordinamento sportivo che si occupa nello specifico di prevenzione, degli illeciti legati al doping, e ha la responsabilità esclusiva in materia di adozione e applicazione delle norme sportive antidoping e delle disposizioni del Codice Mondiale Antidoping.

In Italia ci sono 44 federazioni sportive, con altrettanti regolamenti differenti, e nessuno prevede esplicitamente abusi o violenze su minori. Eppure in alcuni casi sono previste fattispecie di illecito molto dettagliate, come quelle riguardanti frasi ingiuriose espresse via social nei confronti dei tesserati della federazione.

«I regolamenti delle federazioni differenziano due macrocategorie di illecito: gli illeciti sportivi, commessi sul campo, e quelli disciplinari, che attengono al comportamento dei tesserati fuori dal campo e che di solito si risolvono in una violazione del principio di lealtà, correttezza e probità», spiega l’avvocato Cacace.

In buona sostanza un allenatore che nell’esercizio delle sue funzioni commette violenza su un suo allievo sta infangando il buon nome della federazione a cui appartiene. Nulla di più.

«Nella giustizia sportiva l’attenzione non è posta sulla vittima degli illeciti, tant’è vero che quest’ultima non può nemmeno partecipare al processo sportivo. Per le federazioni il procedimento disciplinare è un procedimento binario, in cui c’è la Procura federale che accusa e l’incolpato che si difende. Anche perché è una giustizia calibrata principalmente sull’illecito sportivo: quando nel 2014 è stata fatta la riforma del Codice del Coni non c’era questa consapevolezza sugli abusi. Ma ora deve cambiare», aggiunge Cacace.

L’istituzione di un organismo specifico sul tema degli abusi e delle violenze sui minori non è l’unica proposta dell’associazione Change the game: «Questa proposta difficilmente può concretizzarsi a breve, ma nel frattempo ci si può concentrare su piccoli passi», spiega l’avvocato.

Change the game propone ad esempio di imporre l’obbligo, per le federazioni, di chiedere a tutti gli operatori del loro comparto – compresi i collaboratori sportivi – i certificati penali e dei carichi pendenti. Si chiede anche di introdurre un percorso di formazione obbligatoria destinata ai coach, ai dirigenti, agli atleti e alle famiglie sul fenomeno degli abusi.

E poi ancora, durante l’incontro di mercoledì si è parlato della necessità di alzare i tempi della prescrizione ad almeno dieci stagioni sportive dal compimento dell’illecito: «Dal momento che gli illeciti disciplinari sono violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità, la prescrizione è di quattro anni. E molte vittime di abusi si rivolgono a noi quando l’illecito è già in prescrizione. Per le sanzioni sportive, quelle di campo, la prescrizione è di otto anni. Ma se vogliamo guardare il modello americano, per loro questi reati nello sport sono imprescrittibili. Tant’è vero che ci sono state radiazioni post-mortem: vogliono lanciare un messaggio, questi soggetti non sono degni di appartenere alla comunità sportiva, neanche come ricordo, perché hanno commesso reati talmente gravi che non meritano», spiega l’avvocato Cacace.

Un altro tema sul tavolo è l’introduzione dell’illecito di violenza sessuale e atti sessuali su minori, ovviamente con una sola sanzione possibile: la radiazione. Un risultato che al momento è stato raggiunto solo nella Federazione Arrampicata Sportiva, che di recente ha introdotto nel suo regolamento di giustizia la radiazione in caso di abuso su minore. Ma è ancora molto poco: è una federazione su 44, tutte le altre ancora non si sono mosse.

«Questi cambiamenti – spiega l’avvocato Cacace – vanno fatti mentre si lavora al progetto più ampio dell’organismo indipendente sugli abusi: visti i tanti casi rilevati e l’attuale giurisdizione sarebbe importantissimo avere un tribunale autonomo rispetto alle singole federazioni, che possa garantire uniformità di giudizio su un tema tanto delicato, e che possa essere un riferimento anche per le vittime di quegli stessi illeciti».

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