La lista della spesaPerché il nostro Recovery Plan (così com’è) non sarà finanziato dalla Commissione europea

Mancano le riforme necessarie a rendere effettivi e produttivi gli investimenti immaginati dalla bozza del piano. Non ci sono cifre, dati o pezze d’appoggio scientifiche che giustifichino la congruità degli interventi. Non basta elencare i progetti: bisogna esporre i risultati previsti, in quantità e qualità

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Il Recovery Plan italiano appena approvato non ha alcuna possibilità di essere finanziato dalla Commissione europea, perché non rispetta nemmeno alla lontana le linee metodologiche e gli obiettivi che l’Unione impone per accedere al fondo.

Da una parte mancano le riforme necessarie a rendere effettivi e produttivi gli investimenti immaginati dal piano, dall’altra mancano le cifre, i dati, le pezze d’appoggio scientifiche che giustifichino la congruità degli interventi. Non basta dire che vogliamo realizzare un progetto o un’infrastruttura, che sia un’autostrada o una rete di trasporto elettrico urbano. Bisogna dire – in numeri, non in chiacchiere – cosa ci si attende da quel progetto in termini di produttività, di Pil, di posti di lavoro, di riduzione delle disuguaglianze, di miglioramento ambientale, etc.

I risultati attesi devono essere quantitativamente e qualitativamente compatibili con le finalità del piano, indicate dalla Commissione, ma anche questo (che per ora non c’è) non basta. Affinché quel progetto sia finanziato (ex post) gli obiettivi dovranno essere raggiunti. Non basterà “fare”, bisognerà rendicontare, e il rendiconto dovrà esporre i risultati previsti, in quantità e qualità. Sennò quell’autostrada o quella tranvia la potremo anche avere fatta, ma ce la dovremo pagare da soli, a suon di scostamenti di bilancio.

Il governo costringerà così il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, a svolgere lo sgradevole compito di dire dei no ai tanti miliardi segnati alla rinfusa nel piano e spostati da un capitolo all’altro secondo le pressioni dei diversi partiti e dei portatori di interesse.

Invece di parlare solo dell’opportunità di scatenare una crisi di governo nel bel mezzo di una pandemia, questione evidentemente molto delicata, dovremmo discutere dell’opportunità di tenere in piedi un governo che rinuncia a priori alle risorse necessarie per uscire dalla pandemia (e la storia del Meccanismo europeo di stabilità dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che sono capacissimi di farlo), o che nella migliore delle ipotesi si prefigge di intavolare di nuovo – anche qui: “nel bel mezzo di una pandemia” – una lunga ed estenuante trattativa con l’Ue fondata sul “dateci i soldi”, provando a forzare e a ridiscutere criteri già approvati da tutti i paesi membri, Italia compresa. Una storia già vista, che già sappiamo come andrebbe a finire.

Per il Next Generation Eu ci vorrebbe un Next Generation Government, e quello in carica sicuramente non lo è. La crisi di governo, qualsiasi cosa si pensi dell’iniziativa di Renzi, ci offre l’opportunità di essere davvero responsabili: se esiste la possibilità di un governo migliore abbiamo oggi il dovere di cercarla, non di respingerla a priori. Imporre se stesso all’Italia, come invece fa Conte, usando i morti italiani da Covid come arma di ricatto morale è intollerabile, soprattutto dal momento che i morti italiani da Covid sono vittime anche (non solo, naturalmente, ma anche) dei ritardi e delle incertezze di questo Governo.

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