Obiettivo zero emissioniIl manuale di Bill Gates per affrontare (in modo definitivo) il cambiamento climatico

Bisogna agire subito, in fretta e soprattutto in modo corretto. Per questo il miliardario e filantropo americano ha pubblicato “Clima. Come evitare un disastro”, in cui elenca le lezioni imparate e mostra la strada per la salvezza: accordo politico globale e investimento nelle tecnologie verdi (solare, eolico e nucleare)

Ludovic Marin/Pool Photo via AP, File

Quando si parla di cambiamento climatico spesso emergono cifre diverse, dati complicati, statistiche confuse. Invece, secondo Bill Gates, celebre fondatore della Microsoft e filantropo, i numeri da tenere a mente sono solo due: «il primo è 51 miliardi, il secondo è zero».

Sta tutta qui la dimensione dell’impresa – titanica – che tutto il mondo è chiamato ad affrontare, cioè ridurre i 51 miliardi di tonnellate di gas serra emesse ogni anno nel mondo a zero. Non sono consentite vie di mezzo, niente scorciatoie, niente compromessi.

Perché, come scrive in “Clima. Come evitare un disastro. Le soluzioni di oggi. Le sfide di domani”, uscito in contemporanea in 35 Paesi (in Italia per La Nave di Teseo), «porsi il fine di limitare semplicemente le emissioni, senza eliminarle del tutto, non basterà». Le conseguenze, a livello climatico, sarebbero disastrose e sconvolgerebbero gli equilibri del pianeta, andando a incidere in profondità nell’esistenza di tutti.

Insomma, la strada è segnata: «tutto dovrà cambiare», le abitudini ci ciascuno dovranno essere modificate. Ma come? E in che direzione?

Il libro espone la soluzione con la semplicità di chi ha approfondito a lungo il problema. Tagliare le emissioni non sarà facile, riconosce. In primo luogo perché tutta la nostra vita, da cittadini e consumatori, è segnata dalla presenza della plastica: «I combustibili fossili sono come l’acqua», cioè – come nell’aneddoto raccontato (anche) da David Foster Wallace – sono intorno a noi e non ce ne accorgiamo. «Il mondo impiega oltre 15 miliardi di litri al giorno di petrolio» una dipendenza anche economica perché (ecco il paradosso) «il petrolio è meno costoso di una bibita».

In secondo luogo, perché «il problema non sono solo i Paesi ricchi». L’abbattimento delle emissioni deve avvenire in concomitanza con la crescita economica, sociale e demografica dei Paesi in via di sviluppo. «Sarebbe immorale e irrealistico tentare di impedire alle persone che si trovano più in basso sulla scala economica di salirla. Non possiamo pretendere che i poveri restino tali perché i Paesi ricchi hanno emesso troppi gas serra e, anche se volessimo, sarebbe impossibile farlo».

E allora – e qui interviene il Gates «tecnofilo – servirà una comunione di intenti, certo, ma soprattutto si dovrà incanalare «la passione e il QI scientifico del mondo intero nello sfruttare al meglio le soluzioni che già abbiamo a disposizione e inventarne di nuove».

Visto che in futuro «avremo bisogno di 2 volte e mezza l’elettricità che impieghiamo oggi», la risposta può essere solo politica e tecnologica.

«I capi di stato di tutto il mondo devono elaborare una visione di fondo su come far compiere all’economia globale la transizione», ad esempio «i funzionari di governo possono redigere norme riguardo alla quantità di anidride carbonica che è consentito emettere alle centrali energetiche, alle automobili e alle industrie. Possono adottare regolamentazioni per plasmare i mercati finanziari e mostrare i rischi del cambiamento climatico al settore pubblico e a quello privato. Possono essere i principali investitori nella ricerca scientifica, come lo sono adesso, e stabilire le regole che determinano quanto rapidamente i nuovi prodotti possono arrivare sul mercato. E possono aiutare a risolvere alcuni problemi che il mercato non è attrezzato ad affrontare, compresi i costi nascosti che i prodotti ad alte emissioni di CO2 impongono all’ambiente e agli esseri umani».

Condizioni fondamentali, ma non sufficienti. Dall’altra parte ci sono le tecnologie: vanno cercate forme di eolico offshore più efficiente, che impedisca gli sprechi. Il solare, tuttora quella più affidabile, deve essere migliorato e soprattutto collegato a una rete elettrica in grado di spostare l’energia in tutto il Paese (e tutto andrà fatto con molta rapidità, «nell’ordine di cinque o dieci volte più rapidamente, di quanto non stiamo facendo»).

C’è poi il nucleare. Il progetto più interessante è quello di Terrapower (dello stesso Gates) che si occupa di creare reattori di ultima generazione, alimentati dall’uranio impoverito e dai residui della stessa fissione nucleare (per ora è tutto in fase teorica, ancora manca il prototipo), con enorme risparmio di energia. In più sarebbe totalmente automatizzato (eliminando così la possibilità di un errore umano).

Non solo: Gates ripropone il sogno della «fusione nucleare», il cui grande ostacolo è rappresentato dal fatto che per innescare la fusione è necessaria così tanta energia che spesso si finisce per consumarne più di quanta se ne ricavi.

Ma anche qui, non è impossibile. «Il principale progetto attualmente in costruzione, frutto della collaborazione tra sei paesi e l’Unione Europea, è un impianto sperimentale nella Francia meridionale noto come ITER. I lavori, cominciati nel 2010, sono ancora in corso. Si prevede che l’ITER sarà in grado di generare il primo plasma intorno al 2025 e un surplus di energia, dieci volte superiore a quella richiesta per il suo funzionamento, verso la fine del decennio successivo. Questo sarà il momento della verità».

Insomma, l’allarme è serio, la strada è difficile e la ricetta fornita da Bill Gates molto ricca. Occorre l’impegno della politica, quello della scienza e la partecipazione di tutti i cittadini, i quali dovranno essere informati e consapevoli.

“Clima. Come evitare un disastro”, in questo senso, è la prosecuzione bibliografica di Greta Thunberg: compendio delle ricerche più recenti, manuale pronto all’uso contro i negazionisti e soprattutto Bibbia per le direzioni da seguire nello sviluppo tecnologico. La speranza, insomma, è che venga letto (e capito) da tutti.

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