Cambio di regoleEcco le nuove raccomandazioni anti-contagio

L’ultimo documento stilato da Inail, Iss, ministero della Salute e Aifa stabilisce le misure da adottare per contrastare il Covid-19. Resta la quarantena obbligatoria per i vaccinati con contatti con un positivo e a pranzo si devono tenere due metri di distanza

Foto LaPresse - Claudio Furlan

Un nuovo documento dell’Istituto superiore di sanità, Aifa (Agenzia italiana del farmaco), ministero della Salute e Inail stabilisce le nuove regole per contrastare il Covid-19. Il paper chiarisce: «Mantenere più di due metri di distanza da chiunque altro mentre si mangia, si beve o si sta senza mascherina. Quarantena anche per chi è stato vaccinato se ha avuto un contatto stretto con un caso positivo al coronavirus, vaccino in una sola dose dopo un periodo variabile tra i 3 e i 6 mesi dalla malattia per chi ha già contratto il Covid, a meno che non sia immunodepresso: a quel punto si accorciano i tempi e aumentano a due le iniezioni».

Sono questi i punti salienti delle ultime raccomandazioni del documento dal titolo “Indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in tema di varianti e vaccinazione”.

Il documento si basa sulla più recente letteratura scientifica tenendo conto delle varianti che da febbraio «destano particolare preoccupazione» (inglese, sudafricana e brasiliana). Non è ancora accertato che i ceppi mutati «siano associati a un quadro clinico più grave o se colpiscano di più alcune fasce di popolazione». È assodato però che, almeno il virus identificato per la prima volta nel Regno Unito, sia capace di diffondersi con maggiore facilità.

I tecnici sottolineano che, a fronte proprio della circolazione di varianti del virus SarsCov2, per il distanziamento fisico un metro rimane la distanza minima da adottare, ma sarebbe opportuno aumentarla «fino a due metri, laddove possibile e specie in tutte le situazioni in cui venga rimossa la protezione respiratoria come, ad esempio, in occasione del consumo di bevande e cibo».

Le persone con pregressa infezione da SARS-CoV-2 confermata da test molecolare, invece, indipendentemente se con Covid-19 sintomatico o meno, «dovrebbero essere vaccinate». Ma quando e con quale siero? «È possibile considerare la somministrazione di un’unica dose purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dall’infezione ed entro i 6 mesi dalla stessa». Fanno eccezione le persone con condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici, che, anche se hanno avuto il Covid, «devono essere vaccinate quanto prima e con un ciclo vaccinale di due dosi».

Chi si è vaccinato, operatori sanitari inclusi, deve continuare a utilizzare rigorosamente le mascherine e osservare norme di igiene e distanziamento. Se l’azienda propone programmi di screening deve aderire indipendentemente dallo stato di vaccinazione. Questo perché «al momento non ci sono prove sulla possibilità di trasmissione del virus» da parte degli immunizzati che vanno ritenuti potenzialmente in grado di infettarsi e trasmettere il Sars-CoV-2.

Mentre se una persona viene in contatto stretto con un positivo va considerata a sua volta contatto stretto anche se vaccinata e devono essere adottate tutte le precauzione, compresa la quarantena e l’isolamento. Solo il personale sanitario ne è esentato «fino a un’eventuale positività ai test o alla comparsa di sintomi».

Ma perché se si è vaccinati bisogna comunque comportarsi come i non vaccinati? «La vaccinazione anti-COVID-19 è efficace nella prevenzione della malattia sintomatica, ma la protezione non raggiunge mai il 100%. Inoltre, non è ancora noto se le persone vaccinate possano comunque acquisire l’infezione da Sars-CoV-2 ed eventualmente trasmetterla ad altri soggetti», viene specificato nella relazione. Si sottolinea anche che alcune varianti «possano eludere la risposta immunitaria» data dai vaccini. «Segnalazioni preliminari suggeriscono una ridotta attività neutralizzante degli anticorpi di campioni biologici ottenuti da soggetti vaccinati con i vaccini a mRNA nei confronti di alcune varianti, come quella Sudafricana, e un livello di efficacia basso del vaccino di AstraZeneca nel prevenire la malattia di grado lieve o moderato nel contesto epidemico sud-africano».

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