Dall’inizio dell’anno, si contano già 6mila sbarchi di migranti sulle coste italiane. La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, di ritorno dall’incontro di Atene con le nazioni del Med5, conferma in un’intervista a Repubblica i numeri in crescita dei flussi dalla Libia e chiede che l’Europa intervenga.
«Registriamo un aumento dei flussi migratori provenienti soprattutto dalla Libia dove, dopo un lungo periodo di instabilità, si è appena insediato un governo di unità nazionale con l’obiettivo di portare i libici alle elezioni il prossimo 24 dicembre», spiega. «Ho già preso contatto con il mio omologo libico, Khaled Mazen, e conto quanto prima di incontrarlo. I dati evidenziano l’assoluta urgenza di un intervento concreto dell’Unione europea che preceda gli esiti del complesso negoziato sul patto sull’immigrazione e l’asilo».
Si riparte, intanto, dal Patto di Malta. «Dobbiamo ripartire dallo spirito di Malta che, da settembre del 2019, ha consentito di trasferire in Europa 987 richiedenti asilo, l’89 % degli sbarcati in Italia», spiega. «Per la loro ricollocazione hanno dato la loro disponibilità alcuni Paesi a noi più vicini, come la Francia, la Germania, la Spagna e il Portogallo. L’Italia continua a chiedere in tutte le sedi europee un meccanismo operativo di solidarietà, sostenuto dai Paesi che condividono con noi i principi del rispetto dei diritti umani, in grado di partire dai prossimi mesi».
Finora l’Europa ha fatto orecchie da mercante. Ma il prestigio di cui gode Mario Draghi potrebbe dare una marcia in più. «L’autorevolezza di cui gode il presidente del Consiglio in tutte le sedi internazionali agevolerà questo difficile percorso», dice la ministra.
«Siamo in una situazione di stallo, molti Stati membri si oppongono ad ogni forma di relocation obbligatoria. In una logica costruttiva, l’Italia ha chiesto la redistribuzione obbligatoria per tutti i migranti sbarcati a seguito di eventi Sar o, quanto meno, per una quota significativa di essi. Su questo schema mi sono confrontata positivamente a Parigi con il ministro Darmanin e presto lo farò con il collega tedesco Seehofer. Ma il risultato più importante lo abbiamo ottenuto sabato ad Atene con il documento che i Paesi del Med5 – Cipro, Grecia, Italia, Malta e Spagna – hanno inviato alla Commissione europea e in cui vengono cristallizzati due punti fondamentali: il principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità e la necessità di istituire un meccanismo europeo gestito a livello centrale per facilitare i rimpatri su richiesta degli Stati interessati».
Resterebbe però irrisolto il problema degli sbarchi autonomi, che in Italia sono stati predominanti. «Quello dei barchini fantasma è un fenomeno che c’è sempre stato ma è cresciuto nell’ultimo anno anche per la crisi economica che ha colpito Paesi come la Tunisia, determinando la partenza verso l’Europa anche di intere famiglie di un ceto medio impoverito dalla pandemia. Con il gruppo Med5 abbiamo chiesto alla Commissione di potenziare gli accordi di partenariato con i Paesi di origine e di transito dei flussi: in questo modo saremo in grado anche di prevenire la tratta di migranti, la perdita di vite umane e di promuovere rimpatri effettivi».
Il Viminale, intanto, sta autorizzando lo sbarco dei migranti soccorsi dalle ong senza attendere prima l’impegno dei Paesi europei. «Da quando sono ministro dell’Interno non è mai stato interdetto l’ingresso nelle acque territoriali alle navi che avevano effettuato un soccorso in mare ed è sceso a 2,5 giorni il tempo medio che intercorre tra la prima richiesta di porto sicuro e l’assegnazione della destinazione», dice la ministra. «Altro discorso riguarda le caratteristiche e le dotazioni di sicurezza di queste navi che vengono controllate nei porti italiani dalla Guardia costiera e dal ministero dei Trasporti». È una questione «di rispetto delle regole. È comunque mia intenzione riconvocare al più presto il tavolo con le ong per una verifica sull’attuazione del “Codice di condotta”».
In ogni caso, spiega, «la richiesta di disponibilità per i ricollocamenti viene inoltrata alla Commissione contestualmente allo sbarco o subito dopo l’arrivo dei migranti in porto. Stiamo facendo il massimo sforzo per far ripartire il meccanismo dei ricollocamenti bloccato anche dalla pandemia».
Intanto, la Lega continua a chiedere un cambio di passo sull’immigrazione, nonostante l’atteggiamento sul tema sembri ormai mutato. «Mi sembra che la Lega, da quando è al governo, abbia compiuto passi in avanti sui temi europei», commenta la ministra. «Abbiamo bisogno di ogni sforzo possibile, anche esercitando una legittima pressione sui Paesi del “Patto di Visegrad”, per far passare a Bruxelles la linea che si basa su un giusto equilibrio tra responsabilità e solidarietà nella gestione dei flussi».
Sulla sanatoria a rilento per le pratiche evase, a fronte di 207.870 richieste, assicura una accelerazione: «Lunedì sono stati assunti in 62 prefetture i primi 350 operatori interinali, mentre nelle prossime settimane ne arriveranno altri 450 e in seguito sono previste 400 unità destinate alle questure. Esaurito questo percorso obbligato, saremo in grado di velocizzare l’esame delle domande».
Mentre sul tema dello ius soli, avanzato dal segretario del Pd Enrico Letta, mette le mani avanti: «Già al termine della scorsa legislatura, la proposta di legge sul cosiddetto “Ius soli temperato” approvata dalla Camera si bloccò poco prima di arrivare al Senato. Questo evidenzia quanto un provvedimento considerato di grande rilevanza sociale sia anche divisivo e necessiti, dunque, di un’ampia condivisione in Parlamento per essere approvato».