Capelli rossiL’amore spiegato dai Peanuts

“I Peanuts. Charlie Brown, Snoopy e il senso della vita” (La Nave di Teseo) è un libro omaggio che raccoglie pensieri, contributi e ricordi personali da parte di scrittori, intellettuali e artisti come Mona Simpson, sui personaggi delle strisce di Charles Schulz

Immagine tratta da Youtube

Quello di Charlie Brown per la ragazzina dai capelli rossi è un amore eterno e malinconico. ogni anno spera che lei gli mandi un biglietto di San Valentino, ma non succede mai. La ragazzina è così assente dalla vita di Charlie Brown da non apparire nei Peanuts neanche una volta. Charles Schulz ammise: «Non sono mai riuscito a disegnarne una versione che soddisfacesse l’immagine di lei che i lettori si erano creati».

Riflette Charlie Brown: «Si dice che gli opposti si attraggono… Ma lei è il massimo e io una nullità… Più opposti di così!».

Eppure i suoi tormenti hanno una loro dolcezza. I Peanuts raccontano il desiderio con un registro particolare, e una tangibile sicurezza per il dolore che può arrecare.

Da bambina provai a farmi piacere i fumetti per compiacere il mio migliore amico, che era anche mio cugino. Ricordo le maiuscole della parola «PoW» e le vignette d’azione, di salvataggio e di uomini volanti.

Mi ricordavano gli interminabili inseguimenti dei cartoni animati del sabato mattina, accompagnati da frenetiche composizioni classiche. Preferivo i Bobbsey Twins, che leggevo non tanto per le trame scontate da romanzo giallo quanto per la descrizione – per me esotica – di una serena vita familiare.

Io e mio cugino leggevamo entrambi le pagine dei fumetti del giornale per via dei Peanuts, strisce incentrate sulle relazioni umane che ritraevano sentimenti più che azione, spianando la strada a lavori successivi come il magnifico Maus di Spiegelman e graphic novel come Blankets, Ghost World e Fun Home. L’amore, sempre non corrisposto ma in varie declinazioni, occupava un posto di primo piano.

Immaginate Lucy adagiata sul pianoforte di Schroeder. Prendere sul serio un concetto come l’amore non corrisposto tra bambini era un’idea nuova, forse perché la posta in gioco era inevitabilmente ridotta.

Che Charlie Brown riceva o no un biglietto di San Valentino dalla ragazzina dai capelli rossi, sappiamo che tornerà a casa per cena – una casa con due genitori bianchi e borghesi del Midwest – e spererà di trovarlo l’anno prossimo.

I «piccoletti» di Schulz coprono tutta la gamma delle emozioni umane, anche se quasi tutti i problemi che riguardano gli adulti (e che a volte – basta aprire un giornale – coinvolgono anche i bambini) restano fuori dalla cornice delle vignette. «Non c’era posto per gli adulti,» diceva Schulz. Gli unici genitori che compaiono nella striscia sono quelli di Snoopy.

Le partite di baseball rimpiazzano le carriere. I lavori sembrano vocazioni (i consigli psichiatrici di Lucy, la scrittura di Snoopy, la musica di Schroeder). Anche se due dei personaggi vivono con un solo genitore, non si fa mai cenno a nessun problema finanziario.

Schulz ci presenta un personaggio afroamericano, Franklin, con l’indicativa battuta: «È tua questa palla?» (Le spiagge e le piscine, dove la nudità era una tendenza naturale, furono tra gli spazi più controversi a livello nazionale; ci fu anche un apposito provvedimento per le strutture pubbliche nel Civil Rights Act, Titolo II, che tra le altre cose proibiva agli stabilimenti balneari privati di mettere in atto discriminazioni razziali).

Nei Peanuts, tuttavia, non sono presenti conflitti razziali. Non esiste la bancarotta né la depressione clinica. Per quanto straziante, il dolore dei suoi personaggi ha una connotazione atemporale e, in sostanza, sicura.

arte del piacere nel leggere i Peanuts sta nella sensazione che Schulz cercasse l’ispirazione attingendo di tanto in tanto alla sua vita, e i disegni trasmettono proprio quell’immediatezza. In “Peanuts: The Art of Charles M. Schulz”, a cura di Chip Kidd, Kidd parla della vera ragazzina dai capelli rossi, che si chiamava Donna Mae Johnson e lavorava come contabile al Department of Art Instruction, Inc., dove Schulz era stato prima uno studente e poi un insegnante.

Nella vita, la relazione tra l’artista e l’impiegata della scuola d’arte durò tre anni, dal 1947 al 1950. Lui le chiese di sposarlo e lei lo respinse, per poi convolare subito a nozze con un pompiere di nome Allan Wold. Anche se Schulz ne uscì devastato, lui e la signora Wold restarono amici per tutta la vita. Queste informazioni, per quanto telegrafiche, potrebbero già delineare il tono emotivo dei Peanuts.

Spiegando uno sketch che Schulz le regalò, la signora Wold disse: «Questo è un disegno che Sparky mi ha lasciato sulla scrivania all’Art Instruction.»

La vignetta raffigura una bambina triste, forse arrabbiata, di fronte a un bambino che le offre un mazzo di fiori che lei chiaramente non vuole. Il semicerchio capovolto che delinea le sue sopracciglia contrariate implica un garbuglio di emozioni intense e complicate.

Quando Schulz andò in pensione, la signora Wold disse: «Mi piacerebbe vedere Charlie Brown che dà un calcio a quel pallone, e se conquisterà anche la ragazzina dai capelli rossi io non avrò niente da ridire.»

Naturalmente Charlie Brown non «conquistò» mai la ragazzina dai capelli rossi.

«La ragazzina dai capelli rossi si è trasferita e io non la vedrò mai più,» si cruccia Charlie Brown con infinito dispiacere. E Schulz – il solito pragmatista del romanticismo – non gli concesse nemmeno di dare un calcio a quel pallone.

Tuttavia nel 2011, il giorno di San Valentino, lo Schulz Museum ha fatto entrare gratis tutte le ragazze dai capelli rossi.

Ho invece scoperto che Schroeder e Lucy, che ricordavo come il paradigma di un amore per nulla corrisposto, avevano in effetti una vera e propria relazione. Il loro rapporto non è sbilanciato, è semplicemente complicato.

È un triangolo, un ménage à trois in cui il terzo componente è il pianoforte giocattolo di Schroeder. i potrebbe dire che la relazione primaria di Schroeder è quella con il suo pianoforte, uno strumento che gli ha fatto conoscere Charlie Brown.

Charlie Brown annuncia che il piano giocattolo, se suonato a dovere, è uno strumento fantastico, e per dimostrarlo fa uscire dai tasti un «plink plink plink». Naturalmente, Schroeder si siede, tira fuori la lingua con un’espressione concentrata e si cimenta in virtuosi accordi classici.

Il fatto che Schroeder suoni un pianoforte giocattolo è significativo. Il piano è più piccolo di lui, eppure il suo idolo è Beethoven.

Il padre di Schroeder gli compra il disco del Quartetto per archi n.4 di Beethoven. Schroeder amava Beethoven anche prima di cominciare a suonare il piano. In uno dei primi bozzetti ha in mano violino e archetto e dice a una bambina che somiglia a Lucy: «Tremo al solo pensiero di quando incontrerò Beethoven di persona.»

Fin dalla sua prima apparizione nel settembre del 1951, Schroeder ha sempre suonato musica classica (Schulz disegnava tutti gli spartiti a mano, senza avvalersi di nessun assistente, e descriveva la trascrizione delle note come un processo «estremamente seccante»).

da “I Peanuts. Charlie Brown, Snoopy e il senso della vita”, a cura di Andrew Blauner, traduzioni di Tiziana Lo Porto e Chiara Baffa, La Nave di Teseo +, 2021, pagine 418, euro 22

“Triangle with Piano”, di Mona Simpson, traduzione di Chiara Baffa. Pubblicato per gentile concessione di Berla & Griffini Rights Agency

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