L’amministrazione di Joe Biden ha annunciato nuove sanzioni contro la Russia: dieci diplomatici sono stati espulsi dagli Stati Uniti, sono state comminate sanzioni contro 32 entità russe – individui e società – accusate di aver interferito nelle elezioni presidenziali di novembre, e altre sanzioni sono state previste nei confronti di sei società accusate di aver condotto un cyber attacco contro il governo americano (il caso SolarWinds, che avrebbe interessato almeno nove agenzie federali).
I funzionari del Dipartimento di Stato hanno fatto sapere che Washington imporrà anche delle sanzioni di carattere finanziario: vieterà alle istituzioni finanziarie statunitensi di acquistare debito statale russo di nuova emissione, noto come OFZ, e obbligazioni emesse dalla banca centrale, dal Fondo nazionale di previdenza o dal ministero delle Finanze di Mosca. Questo embargo sui bond russi entrerà in vigore a partire dal 14 giugno.
Inoltre da Washington hanno fatto sapere di essere pronti a ulteriori misure in caso di atti successivi di destabilizzazione politica. Le misure, le prime della nuova amministrazione contro Mosca, verranno implementate come executive order del presidente Biden e come sanzioni coordinate con il dipartimento di Stato e il dipartimento del Tesoro.
Come ha riportato la testata americana Bloomberg, molti dei soggetti colpiti dalle sanzioni hanno legami con Yevgeny Prigozhin, businessman russo soprannominato “lo chef di Putin” per le sue attività di ristorazione e il servizio di catering offerto al Cremlino durante molte cene diplomatiche di Vladimir Putin.
«Il Tesoro degli Stati Uniti ha già sanzionato i media e altre società collegate a Prigozhin nel dicembre 2018 e ancora lo scorso settembre. Prigozhin è soggetto alle sanzioni statunitensi dalla fine del 2016, controlla il gruppo di mercenari che ha combattuto in Siria e Libia, e si è schierato a sostegno della politica del Cremlino in alcuni hotspot dell’Africa e dell’America Latina», scrive Bloomberg.
«Quelle annunciate dal presidente Biden sono misure che difendono gli interessi americani in risposta alle aggressioni russe, quindi le intrusioni informatiche e le interferenze elettorali», ha detto ieri alla Cnn il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan. Poi però ha aggiunto: «Il suo obiettivo è dare una risposta significativa e credibile, ma non aggravare la situazione».
Lo stesso Biden ha detto che le sanzioni sono una risposta alla «minaccia rappresentata da alcune attività del governo russo nei confronti della sicurezza nazionale, la politica estera e l’economia degli Stati Uniti».
Già in un’intervista di un mese fa – quella in cui avrebbe definito Putin un «killer» – Biden aveva detto che la Russia avrebbe pagato per il suo tentativo d’interferire nella campagna presidenziale dello scorso novembre. Ma aveva anche detto che da parte di Washington sarebbe rimasta intatta la volontà di rilanciare il negoziato per il rinnovo dell’accordo Start sul controllo degli armamenti nucleari – come strumento di distensione.
Dopo le sanzioni annunciate da Washington, l’Unione europea e la Nato hanno rilasciato dichiarazioni di sostegno nei confronti degli Stati Uniti. Allo stesso modo, il ministro degli esteri britannico, Dominic Raab, ha detto che Stati Uniti e Regno Unito sono consapevoli degli sforzi messi in campo dalla Russia per indebolire le loro democrazie.
Eppure appena martedì scorso sembrava che le tensioni tra Washington e Mosca fossero in una fase di alleggerimento: in una conversazione telefonica, Biden e Putin avevano discusso di un possibile vertice bilaterale.
In quell’occasione il presidente americano aveva anche espresso le sue preoccupazioni per l’escalation sul dossier ucraino: aveva ribadito l’impegno del suo Paese nel garantire la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, esprimendo i suoi timori «per l’improvviso rafforzamento russo nella Crimea occupata e al confine», chiedendo a Mosca di allentare la tensione.
Le nuove sanzioni però potrebbero aver cambiato lo scenario: il ministero degli esteri russo ha immediatamente convocato l’ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca, John Sullivan. La portavoce del ministero, Maria Zakharova, ha detto alla stampa: «Un comportamento così aggressivo sarà sicuramente respinto con forza e una risposta alle sanzioni sarà inevitabile. Washington deve rendersi conto che pagherà per aver incrinato le relazioni bilaterali».
Inoltre il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha fatto sapere che le nuove sanzioni imposte dagli Stati Uniti «non hanno facilitato gli sforzi per organizzare il vertice tra i leader dei due Paesi», ma non ha detto che l’opzione è definitivamente tramontata.