Un test scritto e un orale in video, in modo da chiudere le selezioni nel giro di tre o quattro mesi. Il ministro Renato Brunetta annuncia una massiccia campagna di assunzioni nel pubblico impiego, tramite procedure veloci, automatiche e digitali, accanto alle norme “sblocca concorsi” previste nel decreto legge 44 appena pubblicato. «Ma in nome dell’emergenza rischiamo di fare le cose in modo frettoloso, evocando la straordinarietà», dice Fabrizio Barca, che con il Forum Disuguaglianze Diversità, il Forum Pa e l’associazione Movimenta ha presentato alla Camera un vademecum per realizzare i prossimi concorsi pubblici «in 105 giorni, facendo presto e bene».
Un cronoprogramma, con un «decalogo per scrivere un buon bando», che è già stato consegnato a Brunetta. «Ora che l’obiettivo di rigenerare la pubblica amministrazione è finalmente al centro dell’attenzione politica, bisogna cogliere questa opportunità», dice Barca. «Con concorsi che diano fiducia e attirino i giovani verso percorsi di carriera negli uffici pubblici».
Dal 2008 al 2018, le amministrazioni italiane hanno perso 260mila impiegati a tempo pieno e almeno altri 150mila negli ultimi due anni. L’età media in tutta l’amministrazione pubblica è di oltre 50 anni. Il 58% degli impiegati non ha una formazione universitaria e oltre il 20% possiede solo il diploma di terza media.
La necessità di un rinnovamento, insomma, è sotto gli occhi di tutti. Il ministro Brunetta ha fatto mea culpa della sua precedente esperienza alla Funzione pubblica, quando dichiarò guerra agli statali fannulloni. E ora parla di almeno 100mila assunzioni l’anno per garantire il ricambio di chi andrà in pensione, oltre alle professionalità tecniche che andranno reclutate per l’attuazione dei progetti del Recovery Plan.
I tempi del Next Generation Eu sono stretti. E il rischio è quello di «fughe in avanti che non farebbero bene a una pubblica amministrazione desertificata, la più vecchia d’Europa e quella che ha meno dipendenti rispetto al numero di abitanti», dice il deputato di PiùEuropa Alessandro Fusacchia, che è anche co-fondatore dell’associazione Movimenta.
“Il fattore umano”, il titolo del vademecum «per assumere presto e bene nelle pubbliche amministrazioni», è il risultato di un’indagine tra i migliori concorsi pubblici già banditi a livello locale e centrale in Italia e gli ostacoli principali che esistono per realizzarli bene e in poco tempo.
Il bando «tipo» del Dipartimento della Funzione pubblica oggi è un dedalo di codici e commi, tra innumerevoli riferimenti normativi, decreti legislativi, decreti legge e ministeriali, regolamenti europei, contratti collettivi e adempimenti dell’ente. Il risultato è che per concludere un concorso si impiegano anche quattro anni, molti si bloccano in infiniti ricorsi e le graduatorie vengono portate avanti per decine di anni.
«Ma si può fare presto e bene. È già stato fatto sul territorio», dice Carlo Mochi Sismondi, presidente del Forum Pa. E al netto degli algoritmi e degli automatismi per velocizzare la selezione annunciati da Brunetta, il vademecum «mostra che si può assumere presto e bene sempre, sia nello stato d’emergenza sia quando sarà finito, senza rinunciare a selezionatori qualificati. Basta copiare dai migliori, nel rispetto delle diversità degli enti e delle autonomie».
Dopo il bando per i 2.800 dipendenti delle pubbliche amministrazioni del Sud Italia, «ora che ci approcciamo a decine di migliaia di assunzioni di enti di ogni genere, c’è bisogno che ogni ente si interroghi sulle migliori modalità che si possono mettere in campo per attuare questo processo», spiega Mochi Sismondi.
Nell’indagine si trovano esperienze virtuose di bandi pubblici: da quello della Città metropolitana di Bologna, che spicca per il suo piano di fabbisogno del personale basato sulle competenze e non sulla necessità di coprire i posti vacanti, a quello per 400 funzionari del ministero dell’Economia o per gli 11 dirigenti del Comune di Milano. Ma vengono indicati anche i casi negativi. Un esempio è il concorso indetto dal ministero dei Beni culturali, non ancora completato, per 1.052 custodi di musei: tra le materie previste per la prova scritta e orale si richiedono diritto amministrativo e disciplina del rapporto di lavoro, ma non prove che verifichino la capacità di interagire con il pubblico.
Sono ancora troppi, insomma, concorsi che si basano solo su prove «nozionistiche e libresche», si legge nel report, nell’ottica di «difendersi da possibili ricorsi», senza tenere conto delle capacità e competenze organizzative necessarie per lavorare nella pubblica amministrazione. Nonostante tutto, però, c’è chi lo fa, come dimostrano gli esempi positivi riportati nel rapporto. Così come c’è chi investe nella comunicazione dei bandi, che troppo spesso restano conosciuti per lo più solo ai «concorsisti seriali».
E la qualità non impedisce la velocità delle prove. Anzi. “Il Fattore umano” stila un cronoprogramma che articola in maniera dettagliata la possibilità di svolgere tutto il percorso (nel caso di concorsi di media grandezza), dalla volontà di indire il concorso all’assunzione, in meno di 20 settimane. Che diventano 15 settimane, cioè 105 giorni, se il calcolo viene fatto a partire dalla pubblicazione del bando.
Tra le raccomandazioni: scegliere bene le commissioni giudicatrici, con persone formate, esperte e ben remunerate, visto che dovranno staccarsi dal lavoro per qualche mese; scrivere e comunicare bene i bandi, oltre che le prove di selezione, senza demandarle solo alle società specializzate. «Oggi i bandi sono spesso tutti uguali», dice Mochi Sismondi, «invece le necessità degli enti sono diverse». Un esempio positivo: la Regione Lazio, prima di pubblicare un bando per la ricerca di 200 esperti di servizi per il lavoro, ha chiesto un parere a Confindustria, università e centri per l’impiego per capire quali caratteristiche avrebbero dovuto avere.