I soldi a disposizione sono tanti: 191,5 miliardi euro. Più altri 30 del fondo complementare. Ma per farli arrivare, spenderli bene, e in fretta, la vera partita del Recovery Plan italiano si dovrà giocare su quell’«ambizioso progetto di riforme» di cui parla il presidente del Consiglio Mario Draghi nell’introduzione al documento.
«I piani nazionali di ripresa e resilienza sono innanzitutto “piani di riforma”», si legge nella bozza. «Le riforme devono considerarsi, allo stesso tempo, parte integrante dei Piani nazionali e catalizzatori della loro attuazione». Non è tanto nel capitolo dei soldi che arriveranno, insomma, ma in quelli sul cambio delle regole per affrontare le «debolezze strutturali» italiane, che risiede la portata potenzialmente rivoluzionaria del piano.
Serviranno nuove norme e procedure per far sì che i progetti contenuti nelle sei missioni – dalle ferrovie alle scuole – non restino bloccati come spesso accade nelle maglie della burocrazia. E l’Italia parte tutt’altro che avvantaggiata per capacità di spesa dei fondi europei: del bilancio 2014-2020, ci siamo a malapena avvicinati al 40%.
Ma i 191,5 miliardi del Next Generation Eu stavolta arriveranno dall’Europa solo se i progetti saranno realizzati e se le riforme che accompagnano il piano saranno varate, secondo la direzione delle raccomandazioni di Bruxelles. Il documento le elenca una a una, con tanto di tempi attuazione. È su quello che punta il presidente del Consiglio Mario Draghi: investimenti e riforme. Tutto da fare entro il 2026. Ma il grosso, dalle misure urgenti della riforma della pubblica amministrazione a quelle per la semplificazione, è previsto subito, a maggio. In un maxi decreto che sarà varato subito dopo la trasmissione del piano alla Commissione europea entro il 30 aprile. E anche sul resto i tempi dettati sono serrati, pena l’esclusione dalle erogazioni di Bruxelles.
Il governo suddivide le riforme in quattro tipi. Le prime sono quelle «orizzontali o di contesto», che consistono in «innovazioni strutturali dell’ordinamento, d’interesse trasversale a tutte le missioni del piano, idonee a migliorare l’equità, l’efficienza e competitività e, con esse, il clima economico (doing business) del Paese». In questa categoria rientrano la riforma della pubblica amministrazione e quella della giustizia.
Poi ci sono le «riforme abilitanti», cioè gli interventi che serviranno effettivamente ad attuare il piano velocemente: ovvero le misure di semplificazione e la nuova legge per la promozione della concorrenza. Nelle sei missioni, sono contenute le «riforme settoriali», relative a specifiche aree di intervento. Infine, ci sono le «riforme di accompagnamento al piano»: quella fiscale e quella che riguarda ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro.
Ma ci sarà anche un intervento sulle pensioni. Quota 100, cavallo di battaglia della Lega, terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate alle categorie di lavoratori con mansioni logoranti. Il documento lo mette nero su bianco. L’obiettivo, come raccomanda la Commissione Ue, è di ridurre il peso della spesa pensionistica per creare margini per altra spesa sociale e favorevole alla crescita.
Pubblica amministrazione
La priorità, intanto, sarà l’ammodernamento di quella pubblica amministrazione che dovrà gestire i fondi europei e farli fruttare. Il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta ci lavora dal primo giorno e ha pure già coniato l’acronimo della sua riforma: “Abcd”, che sta per “Accesso”, “Buona amministrazione”, “Competenze”, “Digitalizzazione”.
Quindi nuovi concorsi pubblici digitali, sulla scia di quelli sperimentati per le 2.800 assunzioni al Sud. Ma anche ricambio generazionale e miglioramento delle competenze con la formazione continua dei dipendenti pubblici.
È prevista la realizzazione di una «piattaforma unica per il reclutamento nelle amministrazioni centrali» per presentare le candidature per le nuove assunzioni, ma anche per aggiornare competenze e titoli dei dipendenti pubblici già assunti. E accanto ai concorsi sono previste nuove forme di reclutamento: dai programmi “high flyers” per l’inserimento veloce degli specialisti di alto profilo alle assunzioni rapide tramite ordini professionali e università per la realizzazione dei progetti del Pnrr. Sarà selezionato anche «un pool di esperti multidisciplinari», con contratti a tempo determinato, per aiutare gli uffici pubblici nella implementazione degli investimenti e delle riforme. Oltre a un «pool di supporto tecnico», composto da mille esperti, che lavoreranno con gli enti locali per oliare i processi di digitalizzazione e recuperare l’arretrato. E le performance delle amministrazioni saranno misurate in base ai risultati ottenuti.
Le principali misure di semplificazione e velocizzazione saranno approvate con un decreto legge già a maggio. Poi il lavoro di sburocratizzazione procederà in modo progressivo con altre norme per tutta la durata del piano fino al 2026. Mentre la pianificazione strategica dei fabbisogni delle amministrazioni dovrà essere fatta entro il 2023.
Giustizia
Per la riforma della giustizia si ricorrerà alla legge delega, quindi con il coinvolgimento del Parlamento. Ma anche qui i tempi indicati sono stretti. Gli obiettivi sono la velocizzazione delle pratiche negli uffici giudiziari, la riforma del processo civile, della giustizia tributaria e del processo penale.
Tra le misure previste, il potenziamento dello staff dei magistrati con 22mila nuovi assunti entro il 2021. Sul fronte della riforma del processo civile, si punta a incentivare l’uso di strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie (Alternative dispute resolution) e a snellire il processo stesso, con la soppressione delle udienze superflue e la possibilità di farle da remoto, ma anche riducendo i casi nei quali il tribunale è chiamato a giudicare in composizione collegiale e le possibilità di impugnazione in appello.
Per il processo penale, si mira anche qui a ridurre i tempi con misure che vanno dal deposito telematico degli atti all’ampliamento dei casi di inappellabilità delle sentenze. Il ministero della Giustizia ha già istituito una Commissione per elaborare le proposte di riforma, che in questi giorni ha ultimato i lavori. Il governo, scrive Draghi nell’introduzione al documento, «intende riformare la fase delle indagini e dell’udienza preliminare; ampliare il ricorso a riti alternativi; rendere più selettivo l’esercizio dell’azione penale e l’accesso al dibattimento; definire termini di durata dei processi».
Sia per il civile che per il penale, la stima è che le leggi delega possano essere adottate entro settembre 2021 e che i decreti attuativi siano approvati entro settembre 2022. Mentre l’impatto sulla durata dei procedimenti potrebbe verosimilmente stimarsi alla fine del 2024.
Per la riforma della giustizia tributaria, la deadline segnata è invece la fine del 2022, con l’obiettivo di riformare i meccanismi di riscossione e di ridurre il contenzioso tributario e i tempi della sua definizione.
L’obiettivo è anche intervenire con modifiche sulla carriera dei magistrati, con l’accesso diretto dei laureati al concorso (in questo modo si riduce l’età media), l’estensione anche alle funzioni apicali dell’obbligo di permanenza in un ufficio per almeno quattro anni e la riduzione dei possibili passaggi di funzioni da incarichi giudicanti a requirenti. Su questi progetti, il governo ha richiesto la trattazione prioritaria con la calendarizzazione per l’esame dell’aula entro giugno 2021.
Semplificazione
«L’eccesso di leggi e la loro scarsa chiarezza ostacolano la vita dei cittadini e frenano le iniziative economiche», si legge nel Recovery Plan. «La semplificazione della legislazione è intervento riformatore essenziale per favorire la crescita del Paese e supporta trasversalmente tutte e sei le missioni del Pnrr». Il piano, scrive Draghi, delinea una riforma «finalizzata alla razionalizzazione e semplificazione della legislazione» che abroga o modifica «leggi e regolamenti che ostacolano eccessivamente la vita quotidiana dei cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione».
È prevista in via prioritaria la costituzione di una struttura presso la Presidenza del Consiglio, perché – si legge – «la semplificazione normativa richiede un impegno sistematico, che va ben al di là dei tempi e dei contenuti del Pnrr. In passato si sono avute semplificazioni sporadiche, legate a esigenze contingenti. È necessario ora dedicare attenzione continuativa all’obiettivo di semplificazione e costituire una struttura apposita presso la Presidenza del Consiglio che se ne occupi». I modelli sono la Uk Law Commission, lo Us Office for Information and Regulatory Affairs e anche il Nationaler Normenkontrollrat tedesco. La nuova struttura, cui sarà attribuito un potere di proposta formale indirizzata al presidente del Consiglio e finalizzata ad attivare l’iniziativa legislativa del governo in materia di semplificazione normativa, sarà creata con il decreto-legge che sarà varato dopo la trasmissione del Pnrr.
Nello stesso maxi-decreto saranno contenute le misure urgenti di semplificazione sui contratti pubblici, quelle sugli interventi di edilizia e urbanistica e per la semplificazione sulle normative ambientali. Per le opere previste dal Pnrr si prevede in particolare una speciale Valutazione di impatto ambientale (Via) statale per la velocizzazione dei tempi, con la creazione di una apposita Commissione che svolga le valutazioni con modalità accelerate.
Un capitolo è dedicato anche alla semplificazione per gli investimenti al Sud, a cui viene dedicato il 40% delle risorse del piano. Una commissione interministeriale per stilare un disegno di legge sugli incentivi alle imprese del Mezzogiorno d’Italia sarà insediata presso la Presidenza del Consiglio entro il 30 giugno 2021.
Il piano prevede poi anche lo snellimento delle norme anticorruzione, eliminando le duplicazioni delle ispezioni e alleggerendo alcuni oneri e adempimenti per la pubblica amministrazione. Un disegno di legge delega sarà presentato in Parlamento entro giugno 2021, anche perché alcune proposte di riforma «ampiamente utilizzabili» sono già state elaborate da una Commissione istituita presso il Dipartimento della Funzione pubblica. Ma si dovrà intervenire anche sugli appalti pubblici innovando e digitalizzando i sistemi di acquisto.
Concorrenza
«Si rende necessaria una continuativa e sistematica opera di abrogazione e/o modifica di norme anticoncorrenziali. Questo è il fine della legge annuale per il mercato e la concorrenza», si legge nella bozza del documento. La nuova legge è prevista entro il 15 luglio 2021.
«Il governo – scrive Draghi – s’impegna a presentare in Parlamento il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, o comunque a approvare norme che possano agevolare l’attività d’impresa in settori strategici, come le reti digitali, l’energia e i porti».
Tra le proposte, l’introduzione di una disciplina di maggiore competitività per l’affidamento dei servizi pubblici locali e la limitazione del ricorso all’affidamento a società in house e partecipate, anche nel trasporto pubblico locale. E poi la revisione della disciplina delle procedure di assegnazione delle concessioni, con interventi su settori come energia elettrica, porti e trattamento dei rifiuti.
Fisco, ammortizzatori sociali e pensioni
Tra le riforme di accompagnamento al piano, la prima è quella fiscale, indicata anche tra le raccomandazioni della Commissione europea. «È tra le azioni chiave per dare risposta alle debolezze strutturali del Paese e in tal senso è parte integrante della ripresa che si intende innescare anche grazie alle risorse europee», scrive il governo. Con interventi anche sulle imposte e i sussidi ambientali.
In questa prospettiva si inserisce «la possibile revisione dell’Irpef, con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo e di ridurre gradualmente il carico fiscale, preservando la progressività». Uno strumento, si spiega, che potrebbe incentivare anche la partecipazione al lavoro delle donne e dei giovani, accanto all’introduzione dell’assegno unico universale per le famiglie con figli approvato dal Parlamento.
L’altro fronte di riforma riguarda le politiche attive del lavoro e la formazione, a cui «deve essere affiancata l’introduzione di una rete universale di protezione dei lavoratori, che accompagni l’uscita dal regime emergenziale adottato per fronteggiare l’emergenza pandemica, nonché l’introduzione del salario minimo legale».
Seguendo le raccomandazioni della Commissione, la riforma degli ammortizzatori sociali a cui il governo sta lavorando punta ad allargare la platea delle aziende e dei lavoratori ammessi alla cassa integrazione in modo da costruire una rete di protezione più estesa. E per rafforzare il sistema delle tutele, il governo intende introdurre pure il salario minimo legale per i lavoratori non coperti dalla contrattazione collettiva nazionale.
Ma c’è di più. Il governo formalizza anche l’addio a quota 100, cavallo di battaglia dell’alleato leghista. Il documento del Pnrr lo dice nettamente: «In tema di pensioni, la fase transitoria di applicazione della cosiddetta Quota 100 terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti».
Ora il piano dovrà passare dall’approvazione del consiglio dei ministri e arriverà in Parlamento la prossima settimana, dove sarà Draghi a illustrarlo prima di trasmetterlo a Bruxelles.