Dura la vita del ministro della Salute di questi tempi. L’ultima settimana ha visto rotolare teste importanti in Romania, Austria e Cechia, dove i titolari dei dicasteri sono stati costretti ad andar via per ragioni personali o perché non hanno tutelato il proprio Paese dal ritorno del virus. Potrebbero non essere i soli visto che anche in Italia si comincia a mettere in discussione il ministro della Salute Roberto Speranza, così come in altri Paesi. I casi dell’Europa centro-orientale nascondono invece ragioni di natura prevalentemente politica, visto che i tre ministri hanno dovuto far fronte in questo periodo a notevoli pressioni da parte dei propri governi.
Romania
Il caso più recente è quello di Bucarest, dove il primo ministro liberale Florin Cîțu ha chiesto al presidente della Repubblica Klaus Iohannis la possibilità di licenziare il ministro della salute Vlad Voiculescu, membro del partito USR-PLUS che sostiene il governo. Insieme a Voiculescu è stata licenziata anche il segretario di Stato del ministero Andreea Moldovan.
La scelta del premier Cîțu sarebbe legata soprattutto alla gestione della pandemia. Infatti, mentre il ministro dichiarava che a Bucarest non ci sarebbero state restrizioni durante la prossima Pasqua ortodossa, che cade il 2 maggio, il segretario di Stato ha pubblicato sulla Gazzetta ufficiale nuovi criteri per le restrizioni che rendevano più facile la quarantena nelle grandi città, come ad esempio la capitale dove i tassi di infezione negli ultimi giorni sono stati particolarmente alti. Un controsenso svolto totalmente all’insaputa degli altri ministri e dello stesso Cîțu, che non ha gradito.
Da tempo c’erano state frizioni tra il primo ministro e Voiculescu: secondo i media locali Cîțu avrebbe chiesto al ministro della Salute di chiarire cosa avesse fatto per prevenire una terza ondata, che puntualmente si è presentata a marzo e che ancora oggi non accenna a diminuire vista la media settimanale di 3975 nuovi positivi.
Al posto di Voicolescu il primo ministro ha chiamato Dan Barna, attuale vice primo ministro, a ricoprire l’incarico a interim ma la scelta ha fatto indispettire lo stesso prescelto, che milita anche lui nel USR-PLUS: «Licenziare Voicolescu è stata una decisione unilaterale che solleva grossi punti interrogativi sulla capacità di Cîțu di guidare la coalizione. Così si manda la maggioranza in crisi. Da questo momento, il primo ministro non ha più l’approvazione dell’Alleanza USR-PLUS».
La scelta di mandare via Voiculescu rischia quindi di avere gravi ripercussioni sull’intera coalizione governativa: non è un caso che il presidente del Partito Liberale ed ex premier Ludovic Orban si sia affrettato a dire che non ci sono alternative all’attuale maggioranza. Nell’ultimo periodo il governo Cîțu ha dovuto fronteggiare diversi scandali di malasanità, come lo sgombero dei 90 pazienti del Foisor Orthopaedic Hospital, cacciati in fretta e furia per trasformare l’ospedale un’unità Covid, e la tragica morte di tre persone nell’Unità mobile di Terapia Intensiva dell’Ospedale Victor Babes di Bucarest a causa del malfunzionamento del sistema di ossigeno.
Florin Cîțu l-a demis unilateral pe Vlad Voiculescu fără nici o evaluare, făcând jocul celor care frânează de trei luni de zile reformele din programul de guvernare pe care l-am agreat și votat împreună.
Din acest moment Florin Cîțu nu mai are susținerea Alianței USR PLUS.
— Dan Barna (@DanBarnaUSRPLUS) April 14, 2021
Austria
Stesso epilogo ma ragioni diverse nell’avvicendamento svoltosi a Vienna. Rudolf Anschober, titolare del ministero della Sanità austriaco, si è infatti dimesso per motivi di salute. Come ha dichiarato lui stesso, «questi 15 mesi sono sembrati 15 anni. Ho avuto due collassi circolatori nel giro di un mese e per questo devo dimettermi. Mi conosco da 60 anni, voglio sempre fare il 100 per cento ma questo ora non può andare bene perché non posso reggere questo ritmo». Ipertensione, glicemia alta e l’insorgere degli acufeni non hanno aiutato il compito del ministro, che così ha deciso di mollare.
Eppure, gli ultimi mesi di Anschober, membro dei Verdi, alla guida del dicastero non sono stati semplici, come dimostra il blitz dell’ÖVP, il partito del cancelliere Kurz, che ha approfittato del collasso circolatorio del ministro per chiedere il licenziamento di due funzionari del ministero. Un fastidio fatto intendere persino dallo stesso Anschober nel suo discorso di commiato, quando ha dichiarato che “populismo e tattiche di partito” non lo hanno certo aiutato. È inoltre singolare che nei saluti finali, dove sono stati citati il Partito dei verdi e tutti gli Austriaci che lo hanno sostenuto, non siano stati menzionati né il Bundeskanzler né gli altri partiti di coalizione, un segnale che i rapporti non erano certamente idilliaci.
Al suo posto i Verdi hanno chiesto e ottenuto che fosse Wolfgang Mückstein, che negli ultimi mesi è stato consigliere politico di Anschober e parte del team che ha condotto le consultazioni per la nascita del governo verde-turchese tra il 2019 e il 2020. Gestire un Paese che ha già iniettato una prima dose del vaccino al 17 per cento della popolazione ma che ha vissuto un difficile mese a livello politico spetterà a lui.
Cechia
“Ragioni di natura politica”. Sarebbe questa la motivazione che avrebbe spinto il premier Andrej Babis a licenziare il ministro della Salute Jan Blatný, nominato nell’ottobre 2020 al posto dell’epidemiologo Roman Prymula. A chiederne la testa sarebbe stato il presidente della Repubblica Milos Zeman, a causa dell’ostracismo del ministro sullo Sputnik V, il vaccino russo che Praga ha ordinato per correggere il tiro di una campagna vaccinale finora zoppicante. Tre milioni di dosi (uno a marzo e due ad aprile) che potrebbero far accelerare la campagna vaccinale di Praga, ferma in questo momento ad appena 796 mila persone completamente vaccinate, mentre sarebbero 1 milione 480 mila quelle che hanno ricevuto una sola dose.
Blatný non è stata la sola vittima di questo massiccio turnover: il presidente ceco Zeman ha chiesto le dimissioni anche di Thomas Petricek, ministro degli Esteri del governo Babis reo di avere posizioni troppo filoccidentali, e anche di Irena Storová, direttrice della SÚKL, l’agenzia ceca del farmaco. «Non è un segreto che io sia stato una spina nel suo fianco per molto tempo», ha dichiarato Petricek. La ragione dietro l’allontanamento dei due ministri non è soltanto legata alla lontananza dalle idee di Zeman ma soprattutto alle elezioni di ottobre, che preoccupano visto il crollo della fiducia nei confronti dell’attuale maggioranza.
Per questo l’intenzione sia del premier Babis che del presidente della Repubblica sarebbe quella di rimuovere coloro che si oppongono a una campagna vaccinale incentrata sullo Sputnik V per poter così presentare a ottobre come coloro che hanno fermato la pandemia. In Cechia sono morte oltre 26 mila persone a causa del Covid che, ancora oggi, continua a registrare una media settimanale di nuovi positivi stabilmente sopra quota 4 mila. Per questo l’esecutivo cerca di correggere la rotta.