Il calcio non vuole cambiareAscesa e caduta della Super Lega

Il Manchester City ha abbandonato la nuova competizione dopo le numerose critiche dei tifosi, dei calciatori, della politica e delle burocrazie calcistiche. A seguire tutti gli altri club della Premier. Poi anche Inter e Atletico Madrid. Attesi al varco Milan e Barcellona

LaPresse

Il progetto della Super League è tramontato. «Voglio essere franco e onesto, non penso che il progetto possa continuare con 5 o 6 squadre. Non parlerei tanto di dove è andato quel progetto, piuttosto del fatto che resto convinto della sua bellezza», ha detto alla Reuters il presidente della Juventus Andrea Agnelli dopo le uscite dei sei club inglesi, dell’Inter e dell’Atletico Madrid.

Ci avevano provato fino all’ultimo Agnelli e il presidente della competizione, Florentino Perez. «Non mi preoccupa che qualcuno abbandoni la Super League», aveva detto il numero uno del Real Madrid in un’intervista all’Équipe, proprio nel momento in cui il progetto ha iniziato a vacillare: il Manchester City è uscito dall’accordo per primo, nonostante le penali da pagare.

A far ricredere i Citizens sarebbero state le durissime reazioni delle autorità calcistiche e dei governi e quelle dei tifosi, arrivate a seguito dell’annuncio di domenica sera. «Il Manchester City Football Club può confermare di aver formalmente emanato le procedure per il ritiro dal gruppo sviluppando i piani per una Super League europea», si legge in una nota pubblicata pochi minuti fa dalla società. 

L’uscita del Manchester City ha provocato l’effetto domino: nel giro di qualche minuto sono arrivati i comunicati ufficiali di tutte le squadre inglesi – Manchester United, Liverpool, Chelsea, Arsenal, Tottenham. Una mossa che potrebbe risultare decisiva per le sorti della nuova competizione, adesso sempre più in bilico.

Secondo l’Ansa, anche l’Inter si sarebbe chiamata fuori: «Il progetto della Superlega allo stato attuale non è più ritenuto di interesse dall’Inter», spiegano fonti neroazzurre alla fine della riunione d’urgenza dei 12 club fondatori del progetto. David Ornstein di The Athletic ha invece anticipato che anche il Milan sarebbe a un passo dall’uscita, insieme al Barcellona. Mentre la Juventus, per il momento, rimane fedele alla posizione iniziale.

Dopo le 1.30 di ieri notte, arriva anche una nota – considerata come un annuncio di sospensione momentanea – degli organizzatori (rimasti) della nuova competizione. «La Superlega è convinta che l’attuale status quo del calcio europeo debba cambiare. Noi proponiamo una nuova competizione europea perché il sistema esistente non funziona. La nostra proposta ha l’obiettivo di permettere al nostro sport di evolversi, generando al contempo risorse e stabilità per l’intera piramide calcistica, aiutando anche il superamento delle difficoltà finanziarie vissute dall’intera comunità calcistica dopo la pandemia. Inoltre, la nostra proposta fornirebbe agli stakeholder del calcio contributi di solidarietà significativamente migliorati. Nonostante l’annunciata uscita dei club inglesi, costretti a prendere tali decisioni a causa delle pressioni esercitate su di loro, siamo convinti che la nostra proposta sia pienamente conforme alle leggi e ai regolamenti europei, come è stato dimostrato oggi da una decisione del tribunale che tutela la Super League dalle azioni di terzi. Alla luce delle circostanze attuali, valuteremo i passi più opportuni per rimodellare il progetto, avendo sempre in mente i nostri obiettivi di offrire ai tifosi la migliore esperienza possibile, migliorando i contributi di solidarietà per l’intera comunità calcistica», si legge.

Le pressioni
Un ruolo importante è stato giocato certamente anche da calciatori e allenatori. Dopo le dichiarazioni di Joao Cancelo e di Bruno Fernandes – giocatori delle due squadre di Manchester, quindi direttamente coinvolti – di lunedì, hanno parlato della Super League anche altri pezzi da novanta.

Alla vigilia del match di Premier League contro l’Aston Villa, l’allenatore del Manchester City Pep Guardiola si è detto contrario alla nuova competizione: «Non è sport quando il successo è garantito e non importa quando perdi. E perché l’Ajax che ha vinto quattro o cinque Champions non ci sarà? Devono spiegarlo».

Poi però ha chiarito la sua posizione, dicendo che il mondo del calcio non era privo di criticità prima di domenica sera: «Anche la Uefa deve essere chiara, perché pensa solo a se stessa nelle decisioni che prende per tutti. Lewandowski non ha giocato contro il Psg perché si è infortunato in nazionale. La Uefa ha stabilito così perché ha deciso che le qualificazioni erano affar loro, ma ci ha rimesso il giocatore. Anche la Uefa ha fallito».

Anche l’attaccante del Manchester United Marcus Rashford ha preso le distanze dalla Super League attraverso i propri canali social. Ha pubblicato una foto di Old Trafford, con una frase di Matt Busby, storico allenatore dei Red Devils: «Il calcio è nulla senza i tifosi».

 

Ma anche Kevin De Bruyne, Jordan Henderson e altri giocatori dei club coinvolti avevano espresso scetticismo riguardo la competizione.

I club della Super League avrebbero così rischiato di perdere o scontentare il loro più grande patrimonio, quei calciatori e allenatori che attirano i tifosi, quelli che muovono il mercato e che reggono tutta l’architettura calcistica.

Resta da capire quali saranno i prossimi sviluppi, come saranno reintegrati i club, se ci saranno sanzioni da pagare e se verrà ripristinato lo status quo in vigore fino a domenica sera. Intanto sono saltate alcune posizioni chiave: il presidente del Manchester United Ed Woodward ha già rassegnato le dimissioni, e intanto i tifosi dell’Arsenal hanno chiesto le dimissioni di Stan Kroenke, il numero uno del club.

Nel corso della giornata di ieri il Financial Times ha rivelato alcuni piani dei soci fondatori della Super League: «Una persona direttamente coinvolta nell’accordo – ha scritto il quotidiano – ha affermato che il modello di distribuzione ha assicurato che il vincitore della competizione avrebbe ricevuto solo 1,5 volte di più rispetto all’ultima classificata: nella Liga spagnola quel rapporto è quasi di 3,5 volte».

Il FT poi ha creato un parallelismo con le leghe sportive americane, non in tutto e per tutto come si vuol far passare in questi giorni (abbiamo visto che il legame di parentela più vicino è con la Premier League e l’Eurolega di basket).

Il tratto in comune sarebbe appunto nella minor distanza tra i compensi delle squadre, ma anche l’intenzione di limitare le spese dei club coinvolti: «I club della Super League si sono impegnati a utilizzare solo il 55 per cento dei loro ricavi sulla “spesa sportiva”, quindi gli stipendi dei giocatori, i trasferimenti e le commissioni degli agenti. I club europei in genere spendono dal 70 all’80% dei loro ricavi solo per gli stipendi dei calciatori».

E poi ci sarebbe una clausola di “perequazione fiscale”: l’idea è di stabilire un’imposta sul reddito sugli stipendi con un’aliquota del 45 per cento, per non svantaggiare i club provenienti da nazioni che hanno una maggior pressione fiscale.

Nonostante le critiche arrivate nelle ultime 48 ore nei confronti dei club fondatori, un sondaggio condotto da Comin e dall’istituto Izi ha rivelato che il 55% dei tifosi italiani si dice favorevole al nuovo progetto Super League (il sondaggio è stato effettuato sui residenti in Italia e il campione ha incluso 1700 persone, tra il 19 e il 20 aprile). Ma dall’indagine emerge inoltre che la maggioranza di tutti i tifosi italiani sarebbe d’accordo su possibili sanzioni per le squadre partecipanti: solo per una minoranza (il 46% dei tifosi delle tre squadre e il 24% delle restanti società) non dovrebbero esserci sanzioni da parte di Uefa e Fifa nei confronti dei 15 club partecipanti.

Ancora reazioni da parte di Uefa e Fifa
Tra i vertici del calcio europeo e mondiali continuano gli scambi di accuse. Durante l’intervento di apertura del Congresso Uefa a Montreux, il presidente Aleksander Ceferin ha suggerito ai club fondatori di ritirare i loro piani: «Qualcuno dirà che si tratta di avidità, altri di ignoranza della cultura calcistica. Non importa. Siete ancora in tempo a tornare sui vostri passi». In chiusura dell’incontro invece ha definito il progetto Super League «un attacco al calcio europeo».

Stessa posizione anche per il presidente della Fifa Gianni Infatino. Il numero uno dell’organo di governo del calcio mondiale ha fatto passare un messaggio molto chiaro: «Dovranno vivere con le conseguenze della loro scelta, sono responsabili delle loro decisioni. O sei dentro o sei fuori, non puoi essere a metà strada», ha detto parlando da Montreux, sulla possibilità che i club fondatori partecipino anche ad altre competizioni, e che i loro giocatori vestano la maglia delle Nazionali.

Dopo le dichiarazioni critiche di lunedì, ieri il premier britannico Boris Johnson ha annunciato di essere disposto a intraprendere ogni tipo di azione per fermare sul nascere la nuova competizione. Johnson ha tenuto un incontro con i rappresentanti della federazione britannica, della Premier League e dei gruppi di tifosi.

La nota diffusa dal suo ufficio stampa sottolinea che il premier «ha ribadito il suo incrollabile sostegno alle autorità calcistiche e ha confermato che hanno il pieno appoggio del governo per intraprendere qualsiasi azione necessaria per porre fine a questo piano. È chiaro che ogni tipo di azione sarà presa in esame e che il governo stia esplorando ogni possibilità, compresa una nuova legislazione, per fermare tutto».

Posizione diversa invece da parte di Palazzo Chigi. Il governo italiano è più prudente, prende tempo, in attesa dell’assemblea di Lega Serie A di martedì prossimo a Milano.

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