Voci dall’est“Più grande di me”, la mostra al MAXXI che presenta gli eroi silenziosi dei Balcani

Il progetto, curato da Zdenka Badovinac, racconta il mondo complesso e contraddittorio della ex Jugoslavia, dall’utopia socialista alle guerre degli anni ’90, seguendo come filo rosso una serie di personalità, a volte sconosciute, a volte dimenticate, che hanno portato il cambiamento

“Document missing, n. 2”, Hristina Ivanoska

Gli angeli che si affacciano dalla lunga vetrata del MAXXI sono insoliti: ritratti in fotografie, appaiono sporchi di fuliggine, seduti, in tuta da lavoro. Sono gli “Angels with dirty faces”, dell’artista e fotografo Igor Grubić, che ritrae i minatori di Kolubara (Serbia): nel 2000 furono protagonisti di uno sciopero che portò alla caduta di Slobodan Milošević.

Eroi, insomma. Silenziosi e non riconosciuti, ma in grado di influenzare il corso degli eventi politici e della storia. Persone necessarie ma spesso sconosciute cui è dedicata la mostra “Più grande di me. Voci eroiche dalla ex Jugoslavia”, curata da Zdenka Badovinac insieme a Giulia Ferracci, in programma nella Galleria 3 del MAXXI dal 5 maggio al 12 settembre 2021.

Sono quasi 100 opere, realizzate da 54 artisti provenienti dalla ex Jugoslavia. Chiamati a raccontare le faglie politiche, culturali, religiose e identitarie della penisola balcanica, indagano la storia difficile di un’area segnata da tensioni e conflitti, ma anche dal tentativo di creare una fratellanza di popoli uniti dall’utopia socialista. Il tema è l’eroe, figura necessaria per riflettere e superare la contemporaneità.

“Angels with dirty faces”, di Igor Grubic

Il progetto è una nuova tappa del filone che il MAXXI dal 2013 dedica ai Paesi che si affacciano al Mediterraneo, studiandone lo spazio geopolitico e culturale, oltre che i legami e le relazioni con l’Italia.

«Da anni il MAXXI indaga i fermenti artistici sbocciati dentro l’orizzonte mediterraneo e mediorientale, in aree in cui le cicatrici storiche sono ancora aperte. È un filo rosso della nostra ricerca, uno strumento di diplomazia culturale che vuole offrire, attraverso la conoscenza e la diffusione dell’arte, una possibile rilettura del passato e una luce per esplorare il futuro», spiega Giovanna Melandri, presidente della Fondazione MAXXI.

La mostra, continua, «racconta la scena artistica di un territorio complesso, scosso nei secoli da molteplici sussulti. Le voci e le sensibilità degli artisti in mostra indagano gli intrecci profondi dei nazionalismi e le torsioni di un capitalismo estrattivo, raccontano un’altra visione della persona e della comunità. A ben vedere, evocano un’Europa diversa, sociale, sostenibile, in cui identità e culture diverse possano coesistere e arricchirsi l’un l’altra. Forse è la scommessa su cui tutti dobbiamo impegnarci».

La mostra «descrive due forze, entrambe “più grandi di noi” come individui», spiega Zdenka Badovinac, la curatrice. «Una è un’idea di valore per il quale si è disposti a morire, ed è l’eroismo. L’altra riguarda il potere del capitale globale, che oggi domina ogni cosa». Un dualismo che viene superato «da una terza forza, una voce non umana: quella della natura, presente in tutta la mostra».

Le sezioni sono otto, ognuna dedicata alla tematica studiata: Libertà, Uguaglianza, Fratellanza e Speranza sono in blu, mentre Rischio, Individuo, Alterità e Metamorfosi sono in rosso.

Il visitatore avrà occasione, fin dall’ingresso, di conoscere il monumentale collage in tessuto realizzato dall’artista Siniša Ilić, “Orientation in 100 Revolutions” (2017), cui seguono gli 80 dipinti di eroi civili conservati per anni nei magazzini del Museo della storico della Bosnia ed Erzegovina e raccolti dal collettivo IRWIN. A questa si contrappone una linea di volti di eroi contemporanei: donne, uomini, animali raccolti in un calendario ideale da Djorge Balmazović (“Calendar”).

E ancora: Sanja Iveković racconta l’emancipazione femminile nel lavoro GEN XX (1997-2001). Compaiono Marina Abramovic, in mostra con una delle sue performance più note e impegnative, “Rhythm 0”, e la performer croata Vlasta Delimar, nuda e maestosa a cavallo per le vie di Zagabria nella gigantografia Lady Godiva.

La pala dorata di Danica Dakić, “Sirotanovićka” è un richiamo della dignità del lavoro, mentre gli arti di corpi mutilati esposti su ponteggi mobili, opera della scultrice Durantina Kastrati illustra una serie di tragici incidenti avvenuti sui luoghi di lavoro in Kosovo.

Le comunicazioni digitali criptate sono oggetto dell’opera “We Should Take Nothing For Granted” (2014) di Marko Peljhan e Matthew Biederman, mentre Monomat/Mon-O-Matic (2015), di Lenka Djorojević e Matej Stupica è una riflessione sull’automazione del lavoro. “Time Travel” (2019) di Vladimir Nikolić parla di individualismo e solitudine, con un nuotatore inquadrato dall’alto mentre è in gara con se stesso all’interno di una piscina olimpionica.

La mostra sarà accompagnata da un programma di eventi che introducono e racconta scena artistica e culturale dei paesi dell’ex Jugoslavia.

Il palinsesto si aprirà con una tavola rotonda online, guidata dalle curatrici Zdenka Badovinac e Giulia Ferracci, in cui alcuni dei protagonisti della mostra racconteranno le loro opere.

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