La battaglia del calcioDietro la Superlega c’è anche il fondo Cvs che vuole entrare nella serie A

Flavio Tranquillo spiega a Linkiesta l’orizzonte temporale di questo progetto è ampio. Si tratta di una sfida con la Uefa, l’ente regolatore europeo, da parte di una società che intanto giovedì ha nominato Anas Laghrari come suo legale rappresentante

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Il progetto della Superlega è un po’ più complesso di come suggerirebbero i suoi oppositori, che la dipingono come una bravata immaginata e messa in campo alla buona da Florentino Perez, Andrea Agnelli e altri presidenti. E di certo non è stata immaginata in fretta e furia nelle ore precedenti alla diffusione del comunicato del 18 aprile.

Prima di ogni valutazione di merito è importante sottolineare le notizie più recenti emerse su questo argomento. Come riportato dalla testata spagnola Palco 23, ieri la European Superleague Company (Esc), la società madrilena che formalmente dovrebbe gestire la nuova competizione, ha nominato Anas Laghrari come suo legale rappresentante. Laghrari è un banchiere cofondatore dell’istituto finanziario Key Capital e già segretario generale della Superlega.

Inoltre mercoledì scorso El País aveva rivelato ulteriori dettagli sul progetto. In primo luogo ha fatto sapere che formalmente i club fondatori sono da considerarsi “partner” della European Superleague Company.

Ma non solo. La stessa società avrebbe anche tre appendici: la società SL Sports, responsabile della dimensione sportiva e disciplinare della competizione; la SL Media, responsabile della commercializzazione dei diritti audiovisivi; e la SL Commercial, incaricata della vendita dei diritti commerciali della Superlega.

A questa rete aziendale va poi aggiunta un’altra componente, scrive Calcio e Finanza: «La controparte della banca d’affari statunitense JP Morgan nel maxi-prestito da 3,9 miliardi è una società nata a Barcellona il 23 febbraio scorso con un capitale sociale di 3.000 euro e si chiama Tivalino Invest».

E non è finita qui: il domicilio della Tivalino Invest si trova allo stesso indirizzo della filiale spagnola di Tmf Group – multinazionale olandese di consulenza amministrativa, legale e fiscale per le imprese private. Tmf invece dal 2017 è di proprietà di Cvc Capital Partners, il fondo di private equity che voleva rilevare il 10% della media-company della Lega Serie A.

Insomma, dopo quei due giorni convulsi, dopo quel comunicato un po’ scarno diffuso a tarda sera, le proteste e l’abbandono di 9 dei 12 club fondatori, il progetto Superlega non è svanito nel nulla. Ma è rimasto attivo, sostenuto da un network di società che non si sono ritirate da alcun accordo, non hanno svenduto nulla, non sono fallite né altro.

Anzi, giovedì la European Superleague Company si è rivolta al tribunale di Madrid per un’ingiunzione cautelare contro le minacce di Uefa e Fifa. Lo avevamo raccontato ieri qui a Linkiesta: la richiesta è quella di proteggere i dodici club fondatori dalle sanzioni paventate dagli organi del calcio europeo e mondiale.

La richiesta è stata accolta: il magistrato Manuel Ruiz de Lara ritiene che Uefa e Fifa starebbero infatti violando il diritto alla concorrenza dell’Unione impedendo ai club di creare una competizione che non ricade sotto la loro giurisdizione: nel caso specifico, avrebbero violato gli articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, quelli che disciplinano l’abuso di potere e l’abuso di posizione dominante.

«Al momento però è importante riconoscere che non è, o non è ancora, una battaglia tra Uefa e Superlega che un giudice risolverà nel giro di un giorno, una settimana o un mese con una sentenza che stabilisce quale delle due parti ha ragione e quale ha torto», dice a Linkiesta il giornalista Flavio Tranquillo.

È piuttosto uno scontro tra l’ente regolatore del calcio europeo – che però non ha alcun potere esclusivo sulle competizioni calcistiche da svolgersi nel continente – e la Esc, che al momento ha annunciato, seppur con pochi dettagli e capacità comunicativa rivedibile, la volontà di cambiare lo status quo del calcio europeo.

«L’orizzonte temporale di un progetto come questo – spiega Tranquillo – non può essere così ristretto: se oggi sono rimaste in tre non vuol dire che hanno in programma di giocare un torneo a tre squadre. Quello che sappiamo è, invece, che ci sono dei soggetti che, in maniera del tutto pacifica perché non esiste ancora un “reato di Superlega”, hanno espresso un’idea e l’intenzione di fare un’altra competizione. Ma è evidente che mancano ancora diversi elementi per capire come evolverà questa storia».

Dopotutto, come aveva raccontato Linkiesta, c’è un precedente particolarmente rilevante che fa pensare che un contenzioso di questo tipo non abbia una soluzione immediata, né una facile.

L’Eurolega di basket era nata da presupposti molto simili a quelli della Superlega, all’inizio del XXI secolo: nel gennaio 2000 la Fiba – la federazione internazionale della pallacanestro – inviò una lettera alle federazioni nazionali e ai club in cui spiegava che avrebbe centralizzato le trattative per i diritti televisivi e di marketing della massima competizione continentale a partire dalla stagione 2000-2001.

I principali club di Spagna, Italia e Grecia e i rappresentati delle leghe dei tre Paesi si dichiararono contrari al progetto. Così si tenne un vertice a Monaco di Baviera il 25 febbraio 2000 tra il gruppo scissionista – 14 grandi club e le tre principali leghe professionistiche – e la Fiba.

Quel che è successo da quel momento in poi è stato descritto con estrema precisione da Flavio Tranquillo sul suo sito (qui il link).

Sintetizzando per punti: le posizioni inconciliabili portano a una rottura da cui nascono l’Eurolega – la competizione voluta dai grandi club europei – e la Suproleague targata Fiba; il mercato dà ragione ai grandi club e all’Eurolega; nel 2004 le parti trovano un accordo economico che rappresenta un nuovo punto di equilibrio (l’Eurolega paga 400 mila euro a stagione alla Fiba); dopo dieci anni di tregua la Fiba ha voluto rimettere in discussione il diritto dell’Eurolega a organizzare in totale autonomia la sua competizione, riaccendendo un contenzioso legale che ancora non ha trovato davvero una soluzione.

«Sulla base dell’esperienza del basket – conclude Tranquillo – è difficile pensare che la questione Superlega si risolverà a breve con una vittoria in tribunale di una parte o dell’altra».

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