Abbattere la percentuale dei fumatori dal 25% di oggi (22% in Italia) al 5% nel 2040, per creare “una generazione zero tabacco”. Questi gli ambiziosi obiettivi del programma della Commissione Europea “European Beating Cancer plan”, annunciato lo scorso 3 febbraio e volto a ridurre significativamente il numero di morti per cancro con investimenti pari a 4 miliardi del bilancio Ue. Iniziativa lodevole che, tuttavia, rischia seriamente di fallire ancor prima del suo avvio a causa di un approccio frettoloso e non sempre solido dal punto di vista scientifico.
Il perché è presto detto. Lo Scheer (Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks) – organo consultivo della Commissione Europea attraverso il quale Bruxelles si basa per implementare le proprie policy – alcune settimane fa, nel suo attesissimo report, ha pubblicato il proprio parere sullo strumento che molti ritengono essere il nemico numero uno delle dannose sigarette tradizionali, ovvero le sigarette elettroniche.
Nel documento, però, non viene effettuata un’analisi comparativa tra gli effetti delle bionde classiche e le e-cig, focalizzandosi unicamente sugli effetti delle sigarette elettroniche sugli utilizzatori e sul loro profilo di rischio.
Tutto ciò nonostante un’ampia consultazione pubblica che ha coinvolto quasi 700 soggetti, tra cui associazioni di consumatori ed esperti del mondo medico-scientifico, in cui si evidenziava la necessità di considerare «la riduzione del danno delle sigarette elettroniche rispetto alle sigarette tradizionali», promuovendo così l’esclusione dei prodotti innovativi tra quelli da combattere nella campagna contro il fumo.
Istanze praticamente inascoltate, avendo prodotto l’unico risultato che riguarda il passaggio da “forti” a “moderate” sulle evidenze relative alla connessione delle sigarette elettroniche sugli effetti di lungo termine sul sistema cardiovascolare. Di certo non sufficiente per procedere verso l’obiettivo dell’abbattimento del fumo nel continente.
Nei fatti, le proposte della Commissione per il Beating Cancer Plan, così come il rapporto dello Scheer, tendono a una preoccupante equiparazione tra le sigarette classiche e i prodotti senza combustione, e-cig e prodotti a tabacco riscaldato. Ignorando, peraltro, le evidenze scientifiche di oltre 30 studi indipendenti e i pareri di oltre 10 enti regolatori in tutto il mondo, tra cui il Public Health England (UK).
La posizione della maggiore istituzione sanitaria britannica, basata sulla revisione di tutta la documentazione scientifica prodotta sulle e-cig, è che le sigarette elettroniche siano del 95% meno dannose rispetto al fumo. Una divergenza di vedute rispetto alla Ue che pare tutta politica, considerando che difficilmente può trovare riscontri sul piano scientifico una così netta differenza di vedute.
Del resto, lo scorso 31 marzo, forte delle evidenze riferite proprio all’esperienza del Regno Unito in materia di fumo elettronico, l’intergruppo parlamentare sul vaping e il fumo digitale d’oltremanica, ha invitato il Governo britannico a sfruttare al meglio la Brexit sfidando la manifesta opposizione dell’Organizzazione mondiale della sanità allo svapo – che ha probabilmente condizionato la politica Ue – alla prossima Conferenza delle Parti (COP) della “Convenzione quadro sul controllo del tabacco “ (FCTC), appuntamento che determina gli indirizzi sulla regolamentazione a livello globale per tutto il settore dei prodotti contenenti nicotina.
Anche in Italia, sul tema si sono mosse le maggiori associazioni di categoria del settore. «Nel 2021, con ormai numerosi studi scientifici indipendenti a supporto e con il parere favorevole di molteplici autorità sanitarie di tutto il mondo, riteniamo inaccettabile non considerare i vantaggi delle sigarette elettroniche nel processo di cessazione dal fumo tradizionale, e tantomeno non analizzare i loro rischi e benefici in maniera comparata rispetto alle sigarette» ha commentato in merito Umberto Roccatti, Presidente di Anafe Confindustria, l’associazione nazionale dei produttori di fumo elettronico.
L’Associazione ha deciso, insieme alla Liaf (Lega Italiana Antifumo), di lanciare una petizione su Change.org «per chiedere al Governo italiano, e in particolare al Ministero della Salute, di farsi portavoce a livello europeo affinché possa essere promossa un’analisi comparata tra svapo e sigarette tradizionali, che una volta per tutte fornisca ai cittadini e ai consumatori informazioni chiare e adeguate sull’impatto sanitario delle sigarette elettroniche».
Nelle scorse ore, inoltre, sull’European Beating Cancer plan si è espresso Claudio Cricelli, presidente la Società italiana medici di medicina generale e delle cure primarie (Simg), attaccando pesantemente l’indirizzo comunitario. «Essere talebani, puntando sui divieti assoluti, non serve se si vuole raggiungere l’obiettivo. Quando una persona non vuole smettere o ha cercato di farlo senza riuscire, continuerà con la sigaretta classica. Sulle alternative in grado di diminuire il rischio derivante dal tabacco non servono ambiguità, ma informazioni, anche ai medici» ha dichiarato Cricelli, che ha lamentato il fatto che «il Piano non ha coinvolto fattivamente medici e cittadini e rischia di restare lettera morta».
Gli fa eco Emmanuele A. Jannini, professore di Endocrinologia e Sessuologia medica all’Università Tor Vergata di Roma, che ha commentato: «Sono d’accordo con quanto vuole fare la Commissione europea con il Piano per battere il cancro, ma occorre che ci si confronti con chi ha prodotto dei risultati scientifici che dimostrano come usando la sigaretta elettronica o i dispositivi a tabacco riscaldato si riduce del 95% l’assunzione di sostanze tossiche. Come sessuologo credo che questa sia la strategia da seguire».
Insomma, alla luce dei dati disponibili, senza per questo voler negare o ignorare le incertezze che possono sussistere, è sicuramente importante che la politica segua una linea precisa e con coerenza intraprenda iniziative ragionate, volte alla classificazione e alla distinzione specifica dei vari prodotti del tabacco. Altrimenti si rischierebbe, ancora una volta, di lasciare su carta i buoni intenti senza mai passare all’azione. Con buona pace (si fa per dire) dei nostri polmoni.