Soprattutto dalla fine del comunismo in Cina e in altri paesi, la povertà è diminuita più velocemente che in qualsiasi periodo precedente della storia umana. Molte persone credono che il capitalismo sia da incolpare per la povertà che ancora rimane nel mondo, esse hanno però una visione completamente irrealistica e distorta delle condizioni di vita nelle società pre-capitaliste.
Johan Norberg, l’autore del libro Progresso, era egli stesso un anticapitalista in gioventù. Ha ammesso, tuttavia, che quando era giovane non aveva mai pensato molto a come la gente vivesse prima della rivoluzione industriale. Aveva praticamente immaginato quel lungo periodo della storia umana come ad una gita in campagna.
Fernand Braudel, il famoso storico francese, scrisse un’opera definitiva sulla storia sociale del quindicesimo e del diciottesimo secolo. La dieta delle persone, rivelò, consisteva in gran parte di avena, zuppa e pane fatto con farina di bassa qualità, che veniva preparato ogni due mesi ed era spesso ammuffito e talmente duro che poteva essere tagliato solo con un’ascia. La maggior parte delle persone, anche in città, doveva cavarsela con 2.000 calorie al giorno, con i carboidrati che costituivano ben oltre il 60% del totale. Si trascorreva quasi tutta la vita a mangiare pane e ancora pane, o poltiglia o avena. Le persone di allora erano magre e piccole di statura – nel corso della storia, il corpo umano si era adattato ad un apporto calorico inadeguato.
Alcune persone fantasticano sull’armonioso mondo pre-capitalista, in cui tutto era così rallentato e felice. Questa lentezza, tuttavia, era soprattutto il risultato della debolezza fisica dovuta alla permanente malnutrizione. Si stima che 200 anni fa circa il 20% degli abitanti dell’Inghilterra o della Francia non erano in grado di lavorare. Al massimo, avevano le forze per camminare lentamente per qualche ora al giorno, il che li condannava a chiedere l’elemosina per tutta la vita.
I “beni” che la maggior parte delle persone possedeva erano limitati a non più di qualche oggetto: qualche sgabello, una panca e una botte che serviva da tavolo. Ma queste descrizioni si riferiscono solo all’Europa occidentale che era la zona che ospitava un piccolo numero di paesi in cui all’epoca la gente stava meglio.
Ho descritto tutto questo per far capire meglio cosa significa che il 90% della popolazione mondiale, prima dell’avvento del capitalismo, viveva in condizioni di estrema povertà. In altre parti del mondo, poi, gli standard di vita erano peggiori di quelli dell’Europa occidentale.
L’economista britannico Angus Maddison, specializzato nell’analisi dei dati economici su base storica, ha usato una serie di calcoli complessi per stimare il prodotto interno lordo pro capite per una serie di paesi nel mondo. Nel 1820, il Pil ammontava a 1.202 dollari internazionali (un’unità di misura basata sull’anno 1990) nell’Europa occidentale. La situazione era simile ad altri paesi occidentali, come il Nord America, l’Australia e la Nuova Zelanda. Nel resto del mondo, invece, il Pil pro capite nello stesso periodo era di soli 580 dollari internazionali, cioè circa la metà.
L’impatto del capitalismo è evidente da un confronto storico di più lungo periodo. Nell’anno 1 d.C., il Pil pro capite in Europa occidentale era di 576 dollari internazionali, in confronto ai 467 dollari internazionali del mondo intero. Ciò significa che in Europa il Pil pro capite raddoppiò in epoca pre-capitalista, tra l’anno 1 e l’anno 1820. Nel periodo molto più breve tra il 1820 e il 2003, il Pil pro capite in Europa occidentale è poi salito da 1.202 a 19.912 dollari internazionali e in altri paesi capitalisti dell’occidente è salito fino a 23.710 dollari internazionali.
Ma lo stesso progresso non è avvenuto ovunque. In Asia, per esempio, nei 153 anni tra il 1820 e il 1973, il Pil pro capite è aumentato solo da 691 a 1.718 dollari internazionali. E poi, in soli trent’anni, dal 1973 al 2003, è passato da 1.718 a 4.344 dollari internazionali.
Quindi, cos’è successo? Questi sviluppi incredibili in Asia sono dovuti principalmente al fatto che la Cina ha progressivamente introdotto i principi del libero mercato dopo la morte di Mao Zedong avvenuta nel 1976. Fino al 1981, ben l’88% della popolazione cinese viveva ancora in condizioni di estrema povertà; oggi è meno dell’1%.
Mai nella storia del mondo così tante persone sono state sollevate dalla miseria ed entrate nella classe media in un tempo così breve. Il capitalismo ha contribuito a vincere la fame e la povertà più di qualsiasi altro sistema. Le carestie più devastanti causate dall’uomo negli ultimi 100 anni sono avvenute tutte sotto il socialismo – solo negli anni ’30, secondo una serie di stime, tra i cinque e i nove milioni di persone sono morte nell’Unione Sovietica per carestie causate dalla collettivizzazione socialista dell’agricoltura.
La fine del comunismo in Cina e nell’Unione Sovietica è stato un fattore importante nella riduzione del 42% della fame tra il 1990 e il 2017. Nella Corea del Nord, tuttavia, uno dei pochi Stati comunisti rimasti nel mondo, diverse centinaia di persone sono morte in carestie dal 1994 al 1998.
L’Indice della libertà economica della Heritage Foundation rivela che i paesi più capitalisti del mondo hanno un Pil pro capite medio di 71.576 dollari. I paesi “per lo più liberi” si posizionano sui 47.706 dollari. All’altra estremità della scala ci sono i paesi “per lo più non liberi” e “non liberi”, in cui il Pil pro capite è solo 7.163 e 6.834 dollari rispettivamente.