Giù dal CarroccioLa Lega perde i pezzi in Europa (e il Ppe ringrazia)

L’eurodeputata leghista Lucia Vuolo è passata ai Non Iscritti, ma potrebbe entrare presto nelle file del Partito Popolare europeo. La delegazione leghista resta in bilico tra l’attuale alleanza con le destre euroscettiche del continente e quella, possibile, con il centro-destra moderato

LaPresse

Un’altra eurodeputata eletta con la Lega, Lucia Vuolo, ha lasciato la sua delegazione. È la terza a farlo dall’inizio della legislatura, dopo Andrea Caroppo e Vincenzo Sofo, tutti provenienti dalla circoscrizione Sud. Come già Caroppo, anche Vuolo potrebbe passare nelle fila del Partito Popolare europeo, che sembra risultare sempre più attraente per i membri del Carroccio. Non è escluso che nei prossimi mesi possa essere l’intera pattuglia leghista a entrare nel Partito popolare europeo.  

Anche dopo l’ultima uscita, la Lega rimane il partito italiano con più rappresentanti all’Eurocamera: 26. L’abbandono di Vuolo è invece più incisivo sull’aritmetica parlamentare degli eurogruppi, le famiglie politiche che riuniscono partiti affini. Quello a cui appartiene la Lega, Identità e Democrazia (Id), conta ora 72 deputati, scivolando al quinto posto dietro i Verdi/Alleanza Libera per l’Europa. 

L’eurodeputata salernitana era iscritta alla Lega dal 2014, anno in cui il partito godeva ancora di consensi molto limitati nel Sud Italia. Per questo la sua decisione desta maggiore sorpresa rispetto a quelle di Caroppo e Sofo. Il primo aveva cavalcato l’onda leghista alle elezioni europee del 2019 provenendo dal movimento Sud in Testa, a cui è ora ritornato, accasandosi a Strasburgo nel Partito Popolare europeo. 

Il secondo, noto anche per la relazione con la nipote di Marine Le Pen, Marion Maréchal Le Pen, era considerato uno dei principali sostenitori della linea dura anti-europea della Lega. A febbraio ha lasciato gruppo e partito dopo il sostegno leghista al governo di Mario Draghi, unendosi prima al gruppo dei Conservatori e Riformisti europei all’Eurocamera e, pochi giorni fa, anche a Fratelli d’Italia.

Secondo fonti parlamentari, Lucia Vuolo sarebbe in procinto di entrare nel Partito Popolare europeo grazie anche all’intercessione di un collega di Forza Italia. Come riporta la stampa locale del suo territorio, l’europarlamentare sarebbe persino pronta ad aderire al partito, con la benedizione di Antonio Tajani, che della compagine forzista è sia coordinatore nazionale che capo-delegazione al Parlamento europeo.

Per il momento, comunque, il nome di Vuolo figura fra i Non Iscritti, cioè quei parlamentari privi di famiglia politica. Una condizione sicuramente limitante: i membri non affiliati godono degli stessi diritti degli altri e possono intervenire nelle sedute plenarie, ma non partecipare alle commissioni parlamentari, cosa che condiziona pesantemente la loro possibilità di incidere attivamente sulla politica comunitaria. 

La Lega al bivio
A questa possibile adesione individuale potrebbe far seguito tra non molto una collettiva, da parte di tutta la delegazione della Lega. Da tempo si parla in ambienti europei di un progressivo avvicinamento fra deputati leghisti e Partito popolare europeo, propiziato dalla “svolta europeista” operata a livello nazionale dal partito e incoraggiato dalla delegazione di Forza Italia, che vedrebbe di buon occhio una supremazia numerica italiana all’interno del Ppe.

Fino a ora l’ostacolo più grosso era rappresentato dalla Cdu, il partito di Angela Merkel, egemone nell’eurogruppo con i suoi 30 deputati e poco incline all’alleanza con una forza considerata troppo estrema. In questi giorni, però, è arrivata dal presidente dei popolari europei, Manfred Weber, una prima apertura: se Salvini si dimostrerà affidabile e responsabile, ha detto l’esponente politico tedesco durante una conferenza stampa, le porte della sua famiglia politica potrebbero aprirsi. 

Tanto più che a inizio 2022 il Parlamento europeo dovrà votare il suo nuovo presidente e il leader del Ppe è in corsa per la carica: più il gruppo è numeroso, più aumentano le possibilità di elezione, visto che serve la maggioranza assoluta dei voti espressi e, se ciò non accade per tre scrutini, al quarto restano in gara solo i due esponenti più votati. In questo senso, Weber deve guardarsi dai Socialisti & Democratici, che al momento hanno 32 deputati in meno dei popolari, ma potrebbero ridurre la differenza con l’ingresso degli eletti del Movimento 5 Stelle e sperare di mantenere in sella David Sassoli.  

Per un eventuale matrimonio tra Lega e Ppe c’è comunque tempo: difficilmente le trattative entreranno nel vivo prima delle elezioni tedesche di settembre. La Cdu, impegnata in un delicato testa-a-testa con i Verdi, non sembra disposta a rischiare passi falsi con l’opinione pubblica nazionale.

In questi mesi, quindi, anche Matteo Salvini potrà schiarirsi le idee sul futuro europeo del suo partito. La proposta di un gruppo unico che riunisca tutto il centro-destra non ha attecchito e sarebbe stato difficile il contrario, viste le grandi differenze che separano i Popolari, che guidano la Commissione europea, dai vari partiti sovranisti del continente.

A questo punto rimangono due strade. Da un lato del bivio c’è l’adesione al Ppe: con o senza una federazione a livello nazionale con Forza Italia, ma sicuramente basandosi sulla linea più europeista e moderata del partito, che fa capo all’attuale ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti. Dall’altro rimane la tentazione di accompagnarsi ai più feroci critici di Bruxelles, tra cui le destre di Ungheria e Polonia, con cui Salvini ha di recente lanciato un vago progetto di “Rinascimento europeo”.

In questa seconda ipotesi, il numero uno della Lega scontenterebbe più di un membro della sua delegazione all’Europarlamento. Ma soprattutto si ritroverebbe, anche in Europa, a contendere la leadership del sovranismo italiano allo stesso avversario: Giorgia Meloni.