Caput cityLe cinque ragioni del fallimento di Virginia Raggi a Roma

Le grandi questioni restano irrisolte in una città senza ordinaria amministrazione: l’emergenza rifiuti è diventata permanente, i trasporti funzionano a singhiozzo, gli spazi verdi sono in preda all’incuria mentre sull’asfalto si aprono voragini

LaPresse

«Il vento sta cambiando, signori». Con queste parole nel giugno del 2016 Virginia Raggi festeggiava la vittoria al ballottaggio e l’elezione a sindaco di Roma. Presto lo slogan è diventano una beffa per l’avvocatessa grillina, così come le promesse fatte agli elettori di una Capitale sempre più disastrata e disillusa. Ingovernabile, secondo i più.

A pochi mesi dalle elezioni amministrative, la prima cittadina, che pure ha deciso di ricandidarsi nonostante le perplessità del suo Movimento, non ha raggiunto molti degli obiettivi annunciati. I grandi dossier restano irrisolti in una città a cui, prima di una visione per il futuro, manca l’ordinaria amministrazione. 

Così l’emergenza rifiuti è diventata permanente, i trasporti funzionano a singhiozzo, gli spazi verdi sono in preda all’incuria mentre sull’asfalto si aprono voragini. E i campi rom restano ghetti degradati senza regole. La Capitale continua a essere percepita come il simbolo dell’inefficienza. Una cartolina sbiadita per turisti, un biglietto da visita respingente per gli investitori.

Con buona pace della sindaca che sui social pubblicizza strade asfaltate e prati tagliati. Esultando per l’apertura del nuovo Apple Store a via del Corso. «Il lavoro per rendere Roma sempre più competitiva a livello globale sta andando nella giusta direzione». Appunto.

Come ha scritto Andrea Venanzoni sul Foglio, Roma è la Smart City che inghiotte le Smart. D’altronde i problemi non risolti dall’amministrazione sono diversi, spesso i più elementari. Cinque però saltano all’occhio di chi deve attraversare la città quotidianamente. E sono sostenuti da dati poco confortanti.

Rifiuti
In questi giorni Roma è invasa dall’immondizia, in centro come in periferia. I cassonetti sono stracolmi per la gioia di cinghiali, gabbiani e topi, la nuova fauna urbana. D’altronde la Città eterna continua a non essere autonoma nel trattamento dell’immondizia.

Ogni anno si spendono 170 milioni di euro per mandare i rifiuti in altre Regioni, in attesa di impianti che possano trattare l’indifferenziata. Virginia Raggi aveva promesso di portare la raccolta differenziata al 70 per cento ma oggi la Capitale è ferma al 46 per cento, ben al di sotto della media nazionale. 

La città è sporca, non è un mistero. Gli indicatori di qualità del servizio parlano chiaro: secondo il Comune, l’Ama (Azienda Municipale Ambiente) avrebbe dovuto garantire la pulizia del 92 per cento delle strade, ma nel 2018 si è fermata al 62,8 per cento. Appena meglio nel 2019 con il 65,8 per cento. Mancano le basi. Roma ha la metà dei cestini per abitante rispetto a Milano. Solo 4,8 ogni mille persone, contro i 9 del capoluogo lombardo.

La beffa è che la Capitale ha il costo di servizio dell’igiene urbana più alto tra le grandi città in Italia. Sporchi, cornuti e mazziati. Se non bastasse, l’assenteismo della municipalizzata che si occupa dei rifiuti è il doppio della media nazionale delle aziende del settore: il 15 per cento contro il 7,3. 

Trasporti
Attaccarsi al tram, nella Capitale, non è facile. Tra il 2015 e il 2019 le corse di bus cancellate sono triplicate: da 566.779 sono diventate 1.626.905. In compenso dal 2018 a oggi sono andati a fuoco più di 80 autobus, a causa del parco mezzi obsoleto e della scarsa manutenzione. Raggi ha acquistato nuovi autobus, non senza problemi.

Nell’estate 2019, ad esempio, il Campidoglio aveva affittato 70 bus da Israele che non sono mai stati utilizzati per questioni di immatricolazione. Qualche settimana fa l’ennesimo annuncio della Raggi: «Entro fine 2021 arriveranno altri 62 veicoli a metano». In realtà sono diesel. 

Non di soli pullman, vive la Capitale. Nell’attesa del prolungamento della metro C fino al Colosseo, su cui si era impegnata la Raggi, un altro annuncio della giunta pentastellata è ostaggio dei ritardi. Parliamo della funivia Battistini-Casalotti, tanto voluta dalla sindaca, il cui progetto di fattibilità è stato approvato solo a febbraio 2021.

In compenso Roma può consolarsi con il podio nella classifica delle peggiori linee ferroviarie pendolari d’Italia. Nel 2019 il primo posto va alla tratta Roma Nord, quella che porta a Viterbo. Medaglia d’argento, si fa per dire, alla famigerata Roma Lido, il trenino che collega la Capitale con Ostia.

Il traffico e le strade
Non stupisce che sei romani su dieci si muovano in auto o in moto, contro i tre di Berlino e i due di Parigi. Nelle intenzioni della sindaca, le nuove piste ciclabili inaugurate in città dovrebbero incentivare l’uso di un mezzo alternativo. Sperare non costa nulla. Intanto, prima dei lockdown dovuti alla pandemia, Roma era la terza città al mondo per quantità di ore perse nel traffico: ben 166.

Peggio della Capitale solo Bogotà e Rio De Janeiro. Un inferno quotidiano per migliaia di persone che investono tempo e denaro tra le buche. Con più di cento voragini l’anno, in media una ogni tre giorni, Roma detiene il primato europeo delle buche larghe più di un metro. Lo dice una ricerca dell’Ispra. E questa è solo la punta dell’iceberg.

Le ironie sulle buche fanno il paio con le tragedie, in una città che ogni anno vede morire decine di persone a causa delle vie dissestate. Raggi, dal canto suo, ha promesso che entro fine mandato saranno asfaltati 800 chilometri di strada.

Campi rom
Nel maggio del 2017 la sindaca presentava il piano rom del Comune con un annuncio trionfale: «Finalmente a Roma saranno superati i campi». A quattro anni da quella promessa, è stato chiuso un solo insediamento, il Camping River. Gli altri sono ancora lì. «E le condizioni sono peggiorate, tutti i servizi sono stati azzerati, in alcuni casi mancano acqua ed energia elettrica, per non parlare della raccolta dei rifiuti», racconta Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 Luglio, che monitora il fenomeno. «Roma resta la Capitale dei campi, un terzo dei rom in condizioni di emergenza abitativa in Italia vivono qui». 

Negli anni a Cinque Stelle il Campidoglio ha speso 12 milioni di euro in bandi per il superamento dei campi, a cui si aggiungono 3 milioni di euro per gli sgomberi. Lo smantellamento dei campi, secondo il piano Raggi, si sarebbe dovuto realizzare grazie a bonus affitti e rimpatri volontari assistiti. Peccato che al 31 dicembre 2020 solo otto famiglie abbiano beneficiato degli incentivi per prendere un appartamento.

«Peraltro incontrando problemi coi proprietari perché in molti casi il Comune non paga». Altri 12 nuclei familiari avevano deciso di rientrare in Romania, salvo poi tornare a Roma perché «tra ritardi e burocrazie, il Comune non aveva dato il contributo economico promesso». Il risultato? Oggi i campi “regolari” sono ancora lì, sempre più degradati.

Chi ha potuto ha fatto domanda per un alloggio popolare, altri si sono accampati con sistemazioni di fortuna. Sono aumentati infatti gli insediamenti abusivi in giro per la città, con baracche e camper. Il vento non è cambiato. I ghetti e i roghi tossici restano al loro posto.

Verde pubblico
Tra le Capitali europee, Roma ha la superficie di verde pubblico più estesa: parliamo di 460 chilometri quadrati contro i 265 di Berlino e i 257 di Madrid. Solo gli alberi sono 310mila. Un patrimonio enorme da gestire, una missione difficile per chiunque. Eppure, tra il 2014 e il 2019 gli interventi di cura ordinaria del verde pubblico sono diminuiti del 66 per cento.

Il Comune ha impiegato più di quattro anni per assegnare la gara per la cura degli alberi e lo sfalcio dell’erba. In città si percorrono strade circondate da piante infestanti e vegetazione fuori controllo. Una giungla.

La sindaca ha assunto nuovi uomini e acquistato mezzi per il Servizio Giardini. Un primo passo, certo. Resta il fatto che le Ville Storiche della Capitale sono nel degrado. L’esempio clamoroso è quello di Villa Celimontana, a due passi dal Colosseo. Rimasta chiusa al pubblico per cinque mesi a causa di guano e rami pericolanti, è stata riaperta solo in parte negli ultimi giorni.

Non va meglio ai bambini. Roma ha meno di un terzo delle aree giochi di Milano per chilometro quadrato. E negli ultimi cinque anni l’amministrazione ha costruito solo otto nuove aree giochi. I più piccoli, se vogliono, possono sempre cimentarsi come giardinieri.

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