Stanno tornando le strette di mano. Alcuni si abbracciano senza problemi, mentre in modo più discreto, si vede in giro anche qualche bacio sulla guancia. Sono tutte forme di saluto che erano state sospese a causa della pandemia, sostituite da goffi colpi di gomito, sobri saluti a distanza e, nei casi più ossequiosi, inchini all’orientale.
Il ritorno alla normalità passa anche dal recupero delle buone maniere di una volta, spiega questo articolo dell’Atlantic, a firma Lizzie Post (discendente di Emily Post, socialite e autorità dell’etichetta americana tra XIX e XX secolo), che però si incrociano con abitudini e forme di attenzione maturate in epoca Covid. Generando qualche titubanza.
È ancora accettabile chiedere il distanziamento tra le persone? Ci si può rifiutare di dare la mano? È legittimo chiedere – in forma garbata – se l’interlocutore abbia avuto frequentazioni dubbie, o se abbia intenzione di indossare la mascherina? In questa fase di passaggio, dove le regole della pandemia sono ancora vive ma vengono praticate anche quelle pre-Covid, è facile restare confusi. Ancor di più se si considerano i 15 mesi di chiusure e lockdown che hanno intorpidito le capacità sociali di molti. L’incidente diplomatico, la scortesia involontaria, lo scivolone, insomma, sono dietro l’angolo.
Allora, in questa area grigia del galateo – il quale, si sa, è sempre in cambiamento e varia a seconda dei tempi, dei modi e della geografia – servono alcuni punti di riferimento fondamentali, in grado di guidare un popolo, o a volte un mondo intero, di disadattati da Covid.
Il primo comandamento di Lizzie Post è quello di mostrare comprensione. Per i limiti altrui e anche per i propri, innanzittutto, facendo riferimento a quella situazione di reciproca attenzione emersa nei mesi peggiori della pandemia. Bisogna essere comprensivi nei confronti delle persone che non si sono ancora vaccinate, per esempio, magari perché non potevano per ragioni di salute. Bisogna portare pazienza ed essere pronti a dare una mano a chi abbia problemi a reinserirsi nel circuito sociale. Invitare i timorosi, rendendo chiaro che ci saranno precauzioni, e solleticare gli impigriti, risvegliando ricordi sopiti di antichi divertimenti.
Lo stesso occorre farlo anche per sé. Non tutti sono pronti a godersi (o a sopravvivere a) una festa. Bisogna saper essere pronti a dire “basta” quando si sente che le proprie energie non bastano più, congedandosi in modo educato. Tutti saranno, appunto, comprensivi.
Il secondo è quello di fare domande senza esitazione. È meglio non dare nulla per scontato, per cui se si vuole abbracciare qualcuno (ma si ignora se anche questa persona si senta pronta) lo si deve chiedere. Se si vuole che indossi la mascherina (magari in presenza di bambini) lo si deve chiedere. Se ci si vuole avvicinare oltre il metro canonico di distanza, lo si deve chiedere. Se si vuole sapere se è vaccinato o no, insomma è chiaro. Bisogna chiedere, senza temere. È una terra di mezzo in cui alcune abitudini degli ultimi mesi permangono ed è giusto che sia così.
Il terzo principio guida è forse quello più difficile: non giudicare gli altri. L’etichetta è anche un’arma per classificare l’educazione (e l’istruzione) delle persone, fare classifiche e trovare difetti negli altri. In questo caso è meglio evitare. Ci si può imbattere in persone vaccinate a metà, del tutto vaccinate e per niente vaccinate.
È giusto dichiarare la propria condizione – anzi, è indicato: ci possono essere persone a rischio – ed è giusto, per gli altri, non giudicare. La cosa migliore da fare è quella di mettere le cose in chiaro e comportarsi di conseguenza. È ovvio che un adulto vaccinato desideri che tutti lo siano, ma non è questa la realtà. Dovrà prendere le misure e adeguarsi. Lo stesso vale per chi non è vaccinato: deve dirlo e, a seconda delle reazioni altrui, seguire le indicazioni.
Il Covid, nonostante i progressi, non è ancora finito. Serve ancora coraggio e pazienza. E perché no, anche gentilezza.