Vie non battuteIl Canada come metafora della vita appartata

Nel romanzo “Piovevano uccelli” (Iperborea), l’autrice Jocelyn Saucier racconta una storia sinistra e delicata. Tre anziani che hanno ormai scelto di allontanarsi dalla società alla fine ritrovano un nuovo senso da dare alle cose

di Kevin Noble, da Unsplash

All’inizio del XX secolo i Grandi Incendi hanno devastato l’Ontario settentrionale in maniera feroce e rovinosa.

Incendi trasportati da venti violenti per cinquanta, cento chilometri, che al loro passaggio distruggevano tutto, foreste, paesi, città, vite. Era un mare di fuoco, uno tsunami di fiamme che avanzava con un rombo infernale, impossibile sfuggirgli, bisognava correre più veloci del fuoco, gettarsi in un lago, in un fiume, aggrapparsi a un’imbarcazione sovraccarica, a un tronco d’albero, aspettare che il mostro fosse sazio del suo furore, che le fiamme si divorassero tra di loro, che non gli rimanesse più niente, che si dirigesse verso altre foreste, altre città, lasciando dietro di sé solo una terra nera e devastata, un odore da fine combattimento, e quello che si scoprirà o non si scoprirà sotto la cenere.

Il Grande Incendio di Timmins è stato il più violento. Quattro ore di fuoco, e della piccola città mineraria non restava più niente. I superstiti avevano trovato rifugio nel Porcupine Lake. Ore di puro terrore a guardare le fiamme lanciarsi sulle case, sui negozi, sulla stazione, tutti quanti appena costruiti, la città esisteva solo da due anni. Ma il dramma non si è fermato lì. Il fuoco poi si è diretto a nordest e ha distrutto la città di Cochrane, a ottanta chilometri di distanza, che era bruciata l’anno precedente e brucerà cinque anni più tardi, nel 1916, nel Grande Incendio di Matheson.

Il Grande Incendio di Matheson è stato il più micidiale. Duecentoquarantatré morti. Sono le cifre ufficiali. Non tengono conto dei prospettori minerari, dei cacciatori di pelli e dei vagabondi, gente che non ha nome, non ha nazionalità, che non esiste, che vaga da un posto all’altro. Il paese era nuovo, attirava avventurieri di ogni sorta. Qualcuno di loro verrà ritrovato dentro ai ruscelli prosciugati, ma la maggior parte andrà a formare solo un mucchio di ossa carbonizzate che il vento porterà lontano dalle cifre contabili. Cinquecento morti, ha detto qualcuno.

E poi, sei anni dopo quello di Matheson, il 4 ottobre 1922 c’è stato il Grande Incendio di Haileybury, il più spettacolare perché ha annientato il capoluogo del distretto, l’unica città dell’Ontario settentrionale vagamente evoluta. Aveva il tram, una cattedrale, un convento, delle scuole, un ospedale, tutti edifici in pietra da taglio che si pensava resistessero al fuoco e che si sono sgretolati come pagliuzze sotto la muraglia di fiamme. Solo il viale dei milionari è stato risparmiato.

Dodici grandi dimore di pregio che si erano fatti costruire i parvenu di Haileybury, i quali avevano fatto fortuna nelle miniere d’argento di Cobalt, una cittadina situata a pochi chilometri, bruciata tre volte nel corso di incendi isolati ma che quella volta il fuoco, con un inspiegabile mutamento improvviso di direzione, avrebbe tralasciato.

Il fuoco ha dei ghiribizzi inesplicabili. Va su fino alle vette più alte, strappa il blu del cielo, si diffonde rosso e gonfio sibilando, dio onnipotente, si scaraventa su tutto ciò che è vivo, salta

da una sponda all’altra, si inabissa nelle forre piene d’acqua, divora le torbiere, però lascia che una mucca continui a brucare l’erba nel suo spicchio di verde. Vai a capire. Il fuoco, quando ha raggiunto quella potenza, obbedisce solo a se stesso.

Molto più miracoloso della mucca nel suo spicchio di verde, è stato il ritrovamento dei bambini in un ruscello. La fotografa aveva sentito diverse storie su quella vicenda. All’inizio non ci credeva, ma tutti insistevano. Un bambino era stato ritrovato dentro un ruscello il giorno dopo, coperto di fuliggine e di fango, ma vivo. Il giorno dopo, è questo che la fotografa faceva fatica a credere. Un bambino è un bambino. Che avesse avuto l’istinto di restare immerso durante la tempesta di fuoco, passi, ma che fosse rimasto per una notte intera senza farsi prendere dal panico in mezzo ai fantasmi di quel braciere, era inimmaginabile. Il fuoco lascia dietro di sé sospiri provenienti dalla terra, alberi che esplodono, lentamente, rimasugli carbonizzati che sfrigolano e fischiano.

Come fa un bambino ad aspettare tranquillamente che qualcuno arrivi ad aiutarlo quando tutto intorno ci sono dei mostri che agitano la notte?

da “Piovevano uccelli”, di Jocelyn Saucier, Iperborea, 2021, pagine 210, euro 17

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