Il confine dello spazio è da sempre un luogo estremamente affascinante per molti, il che spiega perché negli ultimi anni questo interesse si sia trasformato in una vera e propria gara, privata e molto competitiva, tra pochi miliardari del pianeta.
La nuova corsa allo spazio è ufficialmente iniziata lo scorso 11 Luglio, quando il fondatore del Virgin Group, Richard Branson, ha raggiunto il confine dello spazio a bordo del suo spaceplane Virgin Galactic VSS Unity. Pochi giorni dopo, in occasione del 52° anniversario dello sbarco sulla luna dell’Apollo 11, Jeff Bezos, ex CEO di Amazon, insieme ad altri 3 fortunati è salito a bordo del razzo Blue Origin e ha superato l’immaginaria linea di Kàrman, a 100 chilometri di altezza, che segna il confine convenzionale fra atmosfera e spazio infinito.
«Benvenuti all’alba di una nuova era spaziale», aveva detto Richard Branson prima della sua grande avventura. E l’alba, di cui parlano aziende come SpaceX, Virgin Galactic e Space Adventures, non è altro che l’idea, la possibilità di rendere il turismo spaziale più comune e accessibile alle tutti. O per lo meno, a chi può permetterselo.
Questi lanci infatti dimostrano la presenza sul mercato di un nuovo tipo di offerta indirizzata ai turisti molto facoltosi: l’opportunità di raggiungere veramente lo spazio. I “pacchetti turistici” propongono ai passeggeri un breve viaggio a gravità zero nel quale si potrà ammirare la Terra da lontano. Stiamo parlando di un futuro in cui le persone potranno viaggiare nello spazio o andare sulla luna e farne ritorno assai facilmente.
Ma non è tutto oro ciò che luccica. Il turismo spaziale ha infatti elevati costi ambientali. Per ricerca, magari, potrebbe valerne la pena, ma vale lo stesso per mandare in orbita Jeff Bezos, Richard Branson e altri ricchi turisti? È discutibile.
Gli esperti hanno studiato, e stanno ancora studiando, le implicazioni del turismo spaziale e le conseguenze ambientali di questa nuova e sempre più florida industria. Va subito fatto presente che, essendo i razzi lanciati oltre l’atmosfera, l’enorme carico inquinante di questi voli viene registrato in tre domini: la terra, l’atmosfera e lo spazio esterno stesso.
In sostanza, i razzi richiedono un’enorme quantità di propellenti per uscire dall’atmosfera terrestre. Dal momento del decollo fino a quello dell’atterraggio, la combustione di questi propellenti fornisce l’energia necessaria per il corretto funzionamento dei veicoli. Così facendo, i combustibili emettono una serie di gas serra, come anidride carbonica, inquinanti atmosferici, ma anche acqua, cloro e altre sostanze chimiche.
I veicoli spaziali commerciali, come quelli usati da Branson e Bezos, bruciano una miscela di cherosene e ossigeno liquido. Questi gas e particelle sono però assai nocivi. Perché? In primis perché la combustione di questi componenti produce fuliggine, ed è noto che la fuliggine causi foschia, acidificazione di laghi e fiumi e aumenti il rischio di infezioni respiratorie, malattie cardiache e cancro ai polmoni nelle persone. Come se non bastasse poi, secondo gli esperti, diverse compagnie private potrebbero presto utilizzare un motore a razzo “ibrido” più economico, che però emette più carbonio nero di un motore a cherosene e ossigeno liquido.
Inoltre, come spiegato da Eloise Marais, professoressa associata di geografia fisica presso l’University College di Londra, circa due terzi dei gas di scarico del propellente vengono rilasciati nella stratosfera (12 km-50 km) e nella mesosfera (50 km-85 km), dove persiste per almeno due o tre anni. Nella stratosfera, gli ossidi di azoto e le sostanze chimiche convertono l’ozono in ossigeno, impoverendo così lo strato di ozono che protegge la vita sulla Terra dai dannosi raggi UV.
Il lancio di razzi rilascia anche vapore acqueo nell’alta atmosfera, e persino qualcosa di apparentemente innocuo come questo ha in realtà un grosso impatto ambientale. Il vapore, come sappiamo, può formare nuvole, la cui posizione influenza il riscaldamento globale. Infatti, a seconda di proprietà come la loro densità e l’altezza nell’atmosfera, le nuvole possono aumentare o attenuare il riscaldamento; e quelle createsi a causa del vapore acqueo emesso dai razzi spaziali accelerano il processo di riduzione dell’ozono.
Capire l’effetto complessivo del turismo spaziale sull’atmosfera richiede più studi e ricerche, ma è già intuibile adesso come l’entità delle emissioni dovute al lancio di razzi di compagnie private sia gravemente dannosa per il nostro pianeta.
Il magnate Branson ha difeso la nuova corsa allo spazio dagli attacchi degli ambientalisti facendo notare che il lancio del suo velivolo inquina quanto un volo tra Londra e Singapore. Di per sé la cosa è anche vera. Tuttavia, l’inquinamento non si misura in base alla tratta ma in base ai passeggeri. Se quindi da un lato abbiamo un impatto ambientale diviso per centinaia di viaggiatori a bordo di un volo transoceanico, nel caso dei voli turistici nello spazio questo viene suddiviso tra le pochissime persone presenti sul razzo. Le emissioni di anidride carbonica per quei 4 passeggeri sono allora tra le 50 e le 100 volte superiori a una o tre tonnellate per passeggero su un volo commerciale a lungo raggio.
E se per adesso, secondo i dati della NASA, ci sono stati solo 114 tentativi di lancio orbitale nel mondo, c’è preoccupazione per il futuro. Avere una chiara comprensione di come si svilupperà l’industria del turismo spaziale è infatti fondamentale per capirne gli impatti ambientali. Negli ultimi 20 anni, sono sette i turisti ad essere andati nello spazio. Ma Virgin Atlantic ha già fatto sapere che vuole effettuare 400 voli all’anno, e Elon Musk, che con la sua personale agenzia spaziale SpaceX sta programmando un viaggio intorno alla luna per il 2023, promette di dare presto avvio a un florido mercato di voli con destinazione universo.
Secondo un recente report, il turismo spaziale crescerà a un ritmo del 17,15% ogni anno nel prossimo decennio, raggiungendo un fatturato annuo di 2,58 miliardi di dollari entro il 2031. E con la crescita prevista dell’industria del turismo spaziale, la mancanza di regolamenti e leggi sul tipo di combustibili utilizzati e il loro impatto sull’ambiente fa molto preoccupante gli esperti.
Una ricerca pubblicata su Nature nel 2010 ha rivelato che il lancio di 1000 razzi privati all’anno potrebbe potenzialmente alterare la circolazione atmosferica globale e la distribuzione dell’ozono, aumentando di 1°C la temperatura ai poli e riducendo la superficie di ghiaccio del 5-15%.
Questo, già di per sé, è un prezzo alto da pagare in nome della scienza, ma almeno ha i suoi vantaggi. Per esempio, alcuni degli oggetti di uso quotidiano che diamo per scontati, come le fotocamere del telefono, le cuffie wireless, la chirurgia laser per gli occhi e i sistemi di isolamento termici delle case, fanno risalire le loro origini ai voli spaziali.
Queste stesse missioni ci hanno anche insegnato molto sul nostro universo e soprattutto sul nostro pianeta – «la bellissima gemma di nome Terra» come l’ha definita lo stesso Bezos dopo il suo breve viaggio in orbita, facendo però storcere il naso a tutti gli ambientalisti.
Ma immaginare un futuro in cui si potrà prenotare un volo nello spazio come si prenota un viaggio a DisneyLand può far paura. Se la moda del turismo spaziale continuasse a crescere e i lanci diventassero sempre più costanti e frequenti, gli effetti negativi aumenterebbero, accumulandosi anche ai problemi che già sperimentiamo quotidianamente. E il tempismo, si sa, quando si parla di questi temi, è cruciale.
Viviamo nell’era del cambiamento climatico, delle inondazioni e degli incendi, dei Fridays For Future e delle cause legali contro i governi che non tengono fede agli accordi stipulati sul clima. Creare, sviluppare e promuovere un’attività come quella del turismo spaziale – che aumenta le emissioni e causa gravi danni all’atmosfera solo per regalare qualche minuto di adrenalina agli uomini più ricchi al mondo – non si può di certo definire un buon tempismo.