L’Italia è terra di vino. Lo affermano le cifre sui consumi (Lievito Madre): per la birra siamo terz’ultimi in Europa con 32 litri a persona consumati ogni anno rispetto ai cechi che, al primo posto, ne consumano 143 litri pro capite. Eppure, se c’è un luogo in Italia dove il consumo di birra, sin dagli anni Cinquanta, è stato parte della tradizione, queste sono proprio le pizzerie.
Ai tempi rappresentavano uno dei principali luoghi di aggregazione e convivialità, tra i più diffusi e frequentati. Nella successiva decade (erano gli anni Sessanta) – grazie alla nascita dei supermercati, ma soprattutto a questo nuovo modello di ristorazione, le pizzerie appunto, locali popolari dove si consumavano pietanze della tradizione del Sud consentendo con una cifra modesta, il lusso di uscire a cena – la birra costruì la sua forte identità divenendo con la pizza, la tradizione più amata dagli italiani.
Perché birra e non vino allora? Semplicemente per una questione legislativa. La licenza commerciale delle pizzerie impediva di bere alcolici superiori agli 8 gradi e la birra divenne l’accostamento perfetto. Se ci si aggiunge che bere birra rappresentava uno dei tanti modi di ribellarsi ai genitori, che al contrario bevevano vino, e di sentirsi sempre più internazionali, il boom della birra fu una diretta conseguenza.
La birra era diventata la bevanda, insieme alla pizza, più scelta dagli italiani. Fu grazie al rilascio della cosiddetta licenza speciale, che i proprietari ottennero l’autorizzazione a vendere alcolici di gradazione pari o superiore agli 8 gradi. Il vino fece così il suo ingresso accanto alla pizza.
Cibo pop, fantasioso e plebeo, considerata tra i piatti più buoni al mondo, la pizza trova sempre più spesso l’abbinamento perfetto con il vino più regale al mondo: lo champagne. In una connessione tra sacro e profano, tra lusso e semplicità, pizza e champagne fanno il loro esordio in moltissime pizzerie che vantano carte dei vini dalle dimensioni enciclopediche.
C’è da dire che, nel frattempo, anche il mondo della pizza è cambiato moltissimo. La tradizione è maturata in un rinnovamento che raggiunge un livello di raffinatezza non solo nel look degli stessi locali, sempre di più luoghi cult, ma anche nell’uso della materia prima, nella ricerca di impasti, forme, preparazioni. Simbolo del Novecento, la pizza e le pizzerie vivono oggi di slanci di competenza, fantasia e sperimentazione in un dualismo perfetto tra cibo popolano e gourmandise.
A leggere, per esempio, il menu di Antonello Cioffi, patron de La Piedigrotta, pizzeria storica nel cuore di Varese e unica Krug Ambassade al mondo, si tocca con mano l’evoluzione di questo piatto. Antonello è un pazzo, e la sua follia ha due nomi: pizza e champagne. Dopo 40 anni di attività iniziati con papà Gaetano, ha aggiunto quotidianamente quel pizzico d’innovazione chiamata estro e conoscenza, per creare una proposta vera che vada oltre la volontà di stupire. Si coglie così che la tradizione ha nomi come Variazioni di Pizza margherita, Fungo apparente di pizza, Hot dog di pizza, Frecce Tricolori, Giardino fiorito, Uovo poché di pizza, Crocquembouche di pizza, Pizza in carrozza, Sushi di pizza, Gnocchetti di pizza.
Visualizza questo post su Instagram
Fatta per bene, anzi a regola d’arte, la pizza non appare più solo pietanza del popolo, sempre meno scontata e consuetudinaria. Raggiungere un riconoscimento internazionale, convincendo anche i cugini francesi della bontà delle proprie scelte, usando solo prodotti basici come farina, acqua, lievito, pomodoro, basilico e un filo d’olio evo, significa ricerca, studio e pazienza.
Fare la pizza diviene così un artigianato nobile. Il matrimonio tra l’amido e il cornicione o tra le proteine della pizza è vincente sul piano nutritivo e gustativo, eccellente al gusto, ineccepibile alla vista. E i suoi habitué sono pronti a tutto. A mangiare senza forchette e sorseggiare Krug Collection 1988, a godere delle chiacchiere dei vicini in un locale vivace e famigliare, chiassoso e civettuolo, creato su misura per chi, semplicemente, ama la vera pizza napoletana, seduto gomito a gomito con i naviganti gourmet ossessionati dal piacere sottile di abbinarla allo champagne.