RojAzzurriItalia e Spagna non sono mai state così simili

Mancini e Luis Enrique hanno costruito due nazionali con un’identità chiara e riconoscibile: vogliono controllare il pallone e il ritmo del gioco, anche se poi sviluppano la manovra in modo diverso. È il risultato di un percorso che negli ultimi due anni ha avvicinato gli Azzurri al gioco delle Furie Rosse

LaPresse

«È un calcio spagnolo, inventato da loro, che li ha portati a successi straordinari, e continuano a farlo bene. Il nostro sarà leggermente differente, siamo italiani e non possiamo diventare spagnoli all’improvviso. Cercheremo di fare la nostra partita». Quando gli hanno chiesto dello stile di gioco della sua squadra e dei prossimi avversari, il ct azzurro Roberto Mancini ha riconosciuto – ha dovuto riconoscere – un punto di contatto tra l’Italia di oggi e la tradizione iberica.

Italia e Spagna sono diventate incredibilmente simili nel modo di affrontare le partite. Oggi si troveranno faccia a faccia, con una finale in palio. Il percorso fatto fin qui sarebbe stato più che soddisfacente per entrambe, almeno alla vigilia del torneo: quella di Wembley è la partita più importante dell’ultimo decennio tanto per gli Azzurri quanto per la Roja, è la partita più importante dalla finale di Euro 2012. Finì 4-0 per gli spagnoli. Ma da allora è cambiato tutto, a partire dall’Italia.

Il gioco della Nazionale di Mancini è molto diverso dalla tradizione degli Azzurri. L’Italia si è avvicinata molto allo stile di gioco con cui la Spagna ha costruito le sue vittorie del passato, riprendendo almeno in parte l’impalcatura tattica delle Furie Rosse.

«Loro vorranno la palla e potranno tenerla perché hanno giocatori molto bravi come Jorginho, Verratti o Insigne. Ma cercheremo di evitare che sia così e di imporre il nostro gioco», ha detto Sergio Busquets in una recente intervista al quotidiano sportivo spagnolo As.

Oggi Italia e Spagna sono due squadre riconoscibili, con un’identità molto forte, che vogliono dominare ogni momento della partita attraverso il palleggio; sono abituate ad attaccare più che a difendere. E sono andate avanti perché in un modo o nell’altro sono riuscite a imporre il loro gioco agli avversari.

Sono soprattutto due squadre costruite su un concetto olistico per cui il gruppo è più forte della somma delle singole parti, quindi sono i giocatori a dover rinunciare a qualcosa e sacrificarsi per far funzionare al meglio il collettivo.

El País ha presentato la partita scrivendo: «Né l’Italia né la Spagna hanno delle vere superstar. Non ci sono galacticos. Gli unici leader sono in panchina, sono Luis Enrique e Mancini, sono loro i riferimenti». E se per gli Azzurri questo è uno degli elementi di continuità con il passato, la Spagna ha dovuto adattarsi e fare di necessità virtù, dal momento che negli ultimi anni ha perso alcune delle sue stelle – da Xavi e Iniesta a David Silva e Sergio Ramos.

«Mai prima d’ora queste squadre si erano assomigliate di più. Mai prima d’ora l’Italia aveva dato l’impressione di parlare spagnolo fluentemente a centrocampo», ha scritto James Horncastle su The Athletic.

Alcuni numeri aiutano a inquadrare la somiglianza tra le due formazioni. Italia e Spagna sono in vetta alla classifica di molte voci statistiche di Euro 2020: sono prima e seconda del torneo per tiri tentati (101 Italia, 95 Spagna), numero di passaggi tentati e completati, e azioni d’attacco totali (365 la Roja, 296 gli Azzurri).

Come ha specificato lo stesso Mancini, però, le due squadre non sono improvvisamente diventate uguali, assolutamente. Il modo di esercitare il controllo sullo scenario della Spagna è molto più lento rispetto all’Italia: i ragazzi di Luis Enrique prediligono un palleggio più sicuro, che li porta a percentuali di possesso palla stratosferiche (nettamente primi del torneo, con 67%), mentre gli Azzurri pensano più in verticale (terzi, con 56%) e provano più spesso a raggiungere l’area con passaggi rischiosi ma potenzialmente più remunerativi.

La Spagna vuole abbassare i ritmi costringendo gli avversari a stare tanti minuti senza palla, in fase difensiva; l’Italia usa il pallone per mettere sotto pressione la difesa avversaria e attaccarla a ogni occasione. Lo si legge anche nel dato sui passaggi: sono prima e seconda nel torneo, ma la Spagna ne ha tentati 4.300, l’Italia circa 3mila.

L’Italia sembra anche più avanti nel suo percorso di crescita: da quando è commissario tecnico, Mancini ha sviluppato la sua idea di squadra un passo alla volta, amalgamando gli elementi a disposizione per ottenere il risultato più coerente possibile (quante volte si è parlato di una Nazionale che gioca come se fosse un club).

La Spagna invece ha avuto più difficoltà a ripartire dopo il brutto Mondiale 2018: ancora lo scorso autunno era capace in tre giorni di pareggiare con la Svizzera e poi battere 6-0 la Germania. Anche nella gestione del gruppo sembra più confusionaria: fino a poche settimane fa aveva in Sergio Ramos il suo capitano, il leader tecnico ed emotivo, all’occorrenza anche capocannoniere, eppure non è nella lista dei convocati di Luis Enrique per gli Europei.

Quella di stasera a Wembley sarà una partita in cui entrambe le formazioni proveranno a esercitare la loro influenza sulla partita, cercheranno il controllo del pallone e del flusso di gioco. L’Italia vorrà alzare il ritmo, le Furie Rosse addomesticarlo.

Prevedere che direzione prenderà la gara è un esercizio impossibile. La logica dice che ad avere maggiori chance di vittoria sarà chi riuscirà ad avere il pallone, il controllo del centrocampo e della velocità delle azioni, obbligando l’avversario a fare una partita che non è necessariamente nelle sue corde.

In una sfida così tesa – per il livello complessivo e per la posta in palio – le due squadre potrebbero finire per alternare le fasi di dominio del gioco, in un equilibrio sostanziale: in questo caso il risultato finale potrebbe anche premiare la formazione che più dell’altra sarà in grado di adattarsi, di dimostrarsi duttile e snaturarsi senza perdere efficacia.

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club