Splende il sole di York sulla circonvallazione interna, non sentite tutti come l’inverno del nostro scontento sia un ricordo lontanissimo? Nemmeno io. Dunque, la scuola è finita, gli amici se ne vanno, iniziamo il campo estivo. Abbiamo la lezione di yoga, quella di inglese, il corso di arte povera, ma solo quella di povero, per carità. Al parco si va in tassì. Mio figlio dice proprio “tassì” come lo direbbe Alberto Sordi.
Splende il sole di York, ma io no. Come si lava via il senso di colpa del privilegio? In acqua fredda? Con la candeggina che vi ricordo di non bere? Innanzitutto io non ne posso veramente più, e privilegio di qua, e privilegio di là, cosa accadrà, cosa accadrà. Niente.
Alla Bastiglia nessuna folla si scaglia. Non è che se mettiamo le mani avanti con «sono un privilegiato» siamo più buoni e giusti e belli. Perlomeno, non io. Abbiamo ripristinato il dopo scuola a Milano, evviva, ma solo per i genitori che lavorano. Giusto? Non lo so. Forse dovrebbe essere un diritto di tutti, o forse solo di chi ne ha bisogno. Non ho dimestichezza con i diritti per via di quella storia del privilegio. Ne ho scritto sui social, ne ho scritto delle righe, ma questo non fa di me Simone Lorène.
Il fatto è che lo dico mentre il bambino è a fare teatro danza nella palestra della signora Tsukikage, col parquet tirato con la cera a specchio, e mi fa sentire in colpa nemmeno avessi rubato. Chissà se gli faranno fare l’albero tirandogli le pietre, «sei un albero, devi stare fermo!»; mamme tigre, abbracciamoci, che ci importa di Yale.
Io non voglio parlare del convitato di pietra, dell’elefante nella stanza, della dad. Qualora a settembre si ricominciasse con la didattica a distanza, io il bambino lo porto a scuola lo stesso, lo lascio lì davanti al cancello lucchettato, arrangiati, ci sono bambini che sono sopravvissuti nella giungla per anni e saprebbero fare pure gli invalsi, tieni dieci euro e vai al bar, non lo so, fai tu, mamma ti ama, però arrangiati.
In dad «O Capitano! Mio capitano!» non si può mica fare, perché figurati se non sarebbe già uscito un video viralissimo con un professore in piedi sul tavolo del cucinino. Certo, non sarebbe male copiaincollare tutti gli articoli del 2020, ma che splendida idea, torniamo in dad, Ettore ridammi i miei dieci euro del bar.
Parliamo di invalsi? Pietà direte voi, ma pure io. Partiamo dal presupposto che se oggi i ragazzi della maturità hanno una preparazione da terza media forse il problema è che negli anni precedenti sono andati a letto presto. Senza studiare mai, mi vien da dire.
Non credo che le prove invalsi facciano media, quindi il ragionamento della me studentessa sarebbe stato: ma veramente devo fare con serietà un test non valutato? Ma chi me lo fa fare, l’Istat? Quindi metterei crocette a caso, la me adolescente di certo non stava lì a pensare al bene delle statistiche.
Voglio essere ottimista, voglio crederli tutti brillantissimi, ma con di meglio da fare. Ho provato a simulare il test invalsi di italiano, so che apprezzerete le mie inchieste in trincea. Non è vero, ho solo letto le domande.
Non avendo voglia nemmeno da adulta di fare quiz senza un tornaconto, vado a leggere cosa dice il Paese reale su Facebook. Non ci sono commenti recenti, ma quelli pre pandemia sì. Come nella più grande tradizione italica, i genitori (le mamme, dai, non facciamo finta che ci siano uomini nei gruppi di economia domestica) per prima cosa scrivono: questi come si permettono di chiedere il mio livello di istruzione, avvocati, manette, dittatura scolastica, che le facessero gli insegnanti le prove, qua i bambini hanno già troppi compiti, vogliamo la scuola senza zaino, senza compiti, senza banchi, devono fare loro le cavie per capire il livello degli insegnanti? Gratis? Tu sei un’insegnante? No, sono una mamma, qualcosa in contrario?
Ritengono accettabile fare le prove invalsi solo nel caso in cui gli insegnanti possano essere licenziati se il punteggio è troppo basso. Quindi, non sono i “bambini” delle capre, sono i professori che non sanno insegnare. Abbiamo una pistola in tasca, ma è quella di Čechov.