Almeno 1500 gli sfollati ed oltre 20mila ettari di territorio polverizzati. Gli incendi che hanno trasformato la Sardegna in un braciere sono nati nell’area di Montiferru, Planargia e del Marghine, fra l’Oristanese e il Nuorese.
Sebbene non sia ancora possibile proporre una stima esatti dei danni, quello che è certo è che le fiamme hanno iniziato a diffondersi sabato 24 luglio tra Bonarcado e Santu Lussurgiu. Poi le alte temperature e i venti hanno alimentato il fuoco che ha raggiunto Cuglieri. Probabilmente, ma è ancora da accertare, questo disastro ha come origine un focolaio sfuggito alla bonifica di un incendio scoppiato venerdì sera da un’auto bruciata sulla strada provinciale a Bonarcado (Oristano).
Secondo Coldiretti, serviranno almeno 15 anni per ricostruire i boschi e la macchia mediterranea distrutti dai roghi che, in fase di spegnimento dal 26 luglio, hanno bruciato pascoli, ulivi, capannoni, fienili (e relative scorte di foraggio), mezzi agricoli e animali.
Le fiamme che hanno colpito in modo devastante #Oristano e la sua provincia non hanno risparmiato nemmeno l'olivastro millenario di #Cuglieri
Del meraviglioso patriarca verde, sopravvissuto nei secoli, restano ormai solo rami anneriti e fumanti
basta #incendi #sardegnabrucia pic.twitter.com/8jWP0rrIX0— wwfitalia (@WWFitalia) July 26, 2021
Sull’origine degli incendi l’associazione ha commentato che «se certamente il divampare delle fiamme nella macchia mediterranea è favorito dal clima anomalo con alte temperature e afa, a preoccupare è l’azione dei piromani con il 60% degli incendi che si stima sia causato volontariamente».
Come ha spiegato nel weekend il governatore della Sardegna, gli incendi nel territorio di Oristano rappresentano un dramma di proporzioni enormi: secoli di storia ambientale e paesaggistica cancellati con lecci, roverelle e sughere secolari andati in fumo in aree dove sono ora compromesse anche le attività umane tradizionali. «Chiederò a Draghi che una quota del Pnrr sia subito destinato a un grande progetto di riforestazione», aveva dichiarato Solinas, per poi ricordare che «l’apparato della Protezione civile regionale è in moto fin dal primo momento e una giunta regionale di emergenza ha dichiarato lo stato di calamità naturale».
Per domare i roghi sono scese in campo dieci squadre a terra dei vigili del fuoco, supportate da 5 Canadair. Anche Francia e Grecia hanno offerto il loro supporto.
#Incendi #Oristano, in due giorni oltre 300 i lanci effettuati dai #canadair e 177 gli interventi delle squadre. In azione su Santu Lussurgiu e San Leonardo i due #canadair greci, attivati da @DPCgov nell'ambito del Meccanismo Europeo Protezione Civile @eu_echo [#26luglio 16:30] pic.twitter.com/MO2ykvFC18
— Vigili del Fuoco (@vigilidelfuoco) July 26, 2021
Questi due Paesi sono entrati in soccorso dell’isola a statuto speciale in risposta alla richiesta di assistenza inoltrata dall’Italia attraverso il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea. A questo proposito il Commissario per la Gestione delle crisi Janez Lenarčič ha dichiarato: «Ringrazio la Francia e la Grecia per l’immediata solidarietà dimostrata nei confronti dell’Italia nel contribuire a spegnere i devastanti incendi in corso. Il centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’Unione europea, operativo 24 ore su 24, si mantiene in stretto contatto con le autorità italiane per monitorare gli sviluppi sul campo e coordinare eventuali ulteriori aiuti, a seconda delle necessità». Gli aerei antincendio a uso forestale messi a disposizione dalla Francia provengono dal pool europeo di protezione civile, mentre quelli forniti dalla Grecia fanno parte delle risorse di rescEU, il meccanismo di protezione civile dell’Unione Europea.
Come ha spiegato su Facebook il divulgatore scientifico e ricercatore Giorgio Vacchiano, l’area di un incendio dipende da tre elementi: topografia, meteorologia, vegetazione.
Se sulla prima causa si può fare ben poco, al contrario sulla seconda i margini di azioni sussistono. «Un livello di anidride carbonica che il pianeta non sperimentava da almeno 3 milioni di anni sta accelerando i cambiamenti climatici causati dall’uomo – ha spiegato Vacchiano – Non è solo l’aumento della temperatura, che in Italia è il doppio della media globale, ma è l’anticiclone africano che ha sostituito quello delle Azzorre su tutta la penisola e le isole italiane. È la corrente a getto che rallenta e fa rimanere i sistemi secchi e quelli piovosi più a lungo sullo stesso territorio, come abbiamo visto il mese scorso in Canada e in Germania. Sono di conseguenza ondate di calore e siccità più frequenti, intense e prolungate».
Questo, ovviamente, ha delle ripercussioni sulla vegetazione che, perdendo umidità, si secca e brucia più facilmente, con fiamme più intense che consumano anche il suolo.
«Rimboschimenti mai diradati, boschi che accumulano lettiera e rami secchi, alberi colpiti dalla siccità sono la ricetta per incendi di vasta portata, in cui il fuoco supera presto le soglie di intensità che permettono alle squadre antincendio di lavorare in sicurezza. Qui, la sfida è gestire il territorio in modo da ridurre i rischi, senza perdere potenziale di mitigazione al cambiamento climatico e assorbimento di carbonio».