Molti quest’anno rischiano di non vedere il mare, ma non c’entra nulla il Green Pass. Il problema è la riduzione delle spiagge libere a favore degli stabilimenti balneari che proliferano in diverse regioni, tra cui la Toscana. «Ormai in Versilia è impossibile ammirare l’acqua, i lidi bloccano lo sguardo», dice il vicepresidente nazionale di Legambiente Edoardo Zanchini.
L’Associazione ha realizzato un report, “Spiagge 2021”, da cui emerge l’aumento delle concessioni balneari su tutto il territorio. Secondo gli ultimi dati, nel 2018 erano 10.812, ora sono aumentate del 12,5 per cento, arrivando a 12.166. In Liguria, Emilia-Romagna e Campania è occupato quasi il 70 per cento della costa sabbiosa e nella sola Sicilia c’è stato un incremento di permessi pari al 41,5 rispetto a tre anni fa.
Il cambiamento non lascia indifferenti i sindaci, come dimostra l’intervista che il primo cittadino di Cefalù ha rilasciato alla trasmissione Rai Agorà Estate. Rosario Lapunzina racconta di come il distanziamento tra spiagge attrezzate e libere sia diminuito nel tempo, passando da 100 ad anche 25 metri. Un problema invece inesistente a Gatteo, un piccolo centro in provincia di Forlì-Cesena, poiché lì tutto l’arenile è in concessione.
Ma se i lidi a uso gratuito diminuiscono è anche colpa dell’erosione costiera e dei lunghi tratti di costa non balneabili. Lo confermano le ricerche dell’Osservatorio Paesaggi Costieri Italiani – un portale creato da Legambiente – secondo cui l’erosione riguarda circa il 46 per cento delle coste sabbiose. Anche i dati elaborati dal geologo marino Diego Paltrinieri vanno nella stessa direzione, dimostrando che negli ultimi 50 anni sono triplicati i litorali in erosione. A questo si deve aggiungere oltre il 7 per cento di porzioni costiere interdette alla balneazione a causa dell’inquinamento.
Per il vicepresidente di Legambiente, le istituzioni non tutelano il bene pubblico: «Servono regole, non possiamo lasciare la gestione del territorio nelle mani dei singoli. Tutto è affidato ai balneari e le concessioni vengono considerate una parte dell’economia del mare, dimenticando che le spiagge invece appartengono a tutti». Zanchini è convinto ci sia bisogno di una legge in grado di stabilire un limite massimo del 50 per cento di spiagge in concessione e canoni adeguati.
Alcune Regioni lo stanno già facendo e anzi hanno superato la soglia proposta da Legambiente. In Puglia e Sardegna c’è il 60 per cento di spiagge libere, nel Lazio la quota minima è al 50 per cento. Anche se a Ostia, denuncia il vicepresidente, le file di stabilimenti chiudono la vista sul mare. A marzo 2020 l’amministrazione ha demolito la struttura abusiva “L’Arca” e inaugurato al suo posto la spiaggia libera SPQR, ma per Legambiente servono altri interventi: «È un piccolo passo avanti rispetto al problema», scrive in un comunicato.
L’associazione di categoria Federbalneari opta per una posizione mediana. In un’intervista il presidente Marco Maurelli si dice favorevole all’equilibrio tra spiagge libere e stabilimenti e aggiunge che l’erogazione dei servizi in alcune aree libere cesserà quando finirà l’emergenza legata alla pandemia.
Ma le perplessità del vicepresidente di Legambiente rimangono e riguardano le concessioni balneari, un tema spinoso su cui il sistema italiano si scontra con il diritto europeo. L’Unione europea prevede infatti la concorrenza e la parità di trattamento tra operatori del settore, la cosiddetta direttiva Bolkestein. È una norma approvata nel 2006 secondo cui è necessaria la messa a gara a livello europeo degli spazi occupati dagli stabilimenti.
I titolari delle concessioni, però, spingono perché non accada e i governi italiani non hanno mai applicato la direttiva. Un atteggiamento ostile costato al nostro Paese due procedure di infrazione da parte della Commissione, una nel 2009 e l’altra nel 2020. Se l’Italia non risolverà la situazione, rischia gravi sanzioni economiche.
Negli ultimi anni, gli esecutivi non sono sembrati interessati a sbloccare lo stallo e anzi il governo formato da Lega e Movimento Cinque Stelle aveva prorogato le concessioni balneari fino al 2033, una scelta poi confermata anche dal Conte II. Legambiente e associazioni di categoria dei balneari si aspettano che il premier Draghi trovi una soluzione, ma per ora c’è solo una gran confusione. I comuni applicano la proroga e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) li diffida, richiamandoli al rispetto della direttiva europea.
Per uscire dal pantano politico, sostiene Zanchini, serve il giusto equilibrio tra spiagge libere e in concessione, purché tutte siano accessibili e attente all’ambiente. Un compromesso che, spera, vorrà raggiungere anche «un governo europeista e impegnato nella transizione ecologica come quello guidato da Mario Draghi».