No, il dibattito noIl caso Cacciari dimostra che le fake news non colpiscono solo gli ignoranti, e non si curano con l’empatia

Le strampalate teorie sui vaccini pubblicate dal filosofo sulla Stampa sono la prova che in certi casi – casi nei quali gli effetti di credenze infondate si misurano in migliaia di morti – nulla è meno maieutico di una finta discussione in cui ogni posizione sia messa sullo stesso piano

LaPresse

Da tempo ci spacchiamo la testa attorno al dilemma se sia utile contrastare la diffusione di tesi antiscientifiche e di tutte le bufale no vax denunciandole apertamente come tali, con il rischio di alimentare una polarizzazione simile a quella tra populisti e antipopulisti, dove da un lato starebbero i presuntuosi difensori della scienza e dall’altro gli incolti propalatori di fake news; o se invece non sia meglio adottare un approccio meno snob e più empatico, meno paternalistico e più amichevole, meno professorale e più comprensivo.

Tralasciate per un momento il fatto che un simile ragionamento è la quintessenza del paternalismo (vale a dire: trattare gli interlocutori come bambini, ai quali non ci si può limitare a dire le cose come stanno, come si farebbe con un adulto responsabile, perché non sarebbero in grado di capire). Rispondete piuttosto alla domanda: vi sentireste di sposare una simile tesi anche se l’interlocutore in questione fosse il professor Massimo Cacciari?

A proposito di professori, quando ero adolescente ricordo che un compagno di classe domandò all’insegnante di lettere, per provocarlo, se si riconoscesse nelle posizioni politiche di Cicciolina. La risposta fu che non le conosceva, non essendo mai stato a un suo comizio, cosa che peraltro avrebbe ritenuto tanto insensata quanto assistere a uno spogliarello di Pietro Ingrao (chiedo scusa all’onorevole Ilona Staller e a tutti coloro che potessero trovare offensiva la battuta, erano altri tempi, e comunque tendo a pensare che il bersaglio fosse più la scelta dei radicali di candidarla, che non le sue arti di comiziante, nelle quali era ragionevole presumere non avesse avuto molte occasioni di esercitarsi: in ogni caso, preventivamente, chiedo scusa pure ai radicali, e anche alla famiglia Ingrao, al sindacato professori e a tutti gli studenti della quarta E).

Il motivo per cui mi è venuto in mente questo aneddoto è che molto peggio di uno spogliarello di Pietro Ingrao, a mio parere, sono le opinioni epidemiologiche di Massimo Cacciari, vale a dire uno dei più illustri filosofi italiani. Una persona che certo non potrebbe mai passare per un ingenuo sempliciotto – né per curriculum né per carattere – da trattare con l’attenzione che si deve alle persone di più modeste capacità e di più limitata istruzione. E che tuttavia ieri ha scritto un lungo articolo sulla Stampa letteralmente infarcito dei peggiori paralogismi tipici della galassia no vax.

Personalmente trovo anche sbagliatissimo l’argomento con cui la Stampa ha presentato l’articolo, dichiarando di non condividerne le tesi, ma di pubblicarlo ugualmente per «aprire un dibattito». Nobile intento finché si tratta di opinioni politiche, comprese ovviamente tutte le critiche che si possono fare al green pass e alle relative decisioni del governo, ma decisamente meno condivisibile quando l’articolo in questione contribuisce a diffondere dubbi e timori infondati, cioè fondati su dati o interpretazioni di dati palesemente erronee, riguardo delicatissimi problemi di salute pubblica, con concrete e dolorosissime conseguenze, facilmente prevedibili, per tutti noi. Per capirci: un conto è pubblicare un articolo in cui si sostiene, al limite, che sia preferibile lasciare aumentare il numero dei morti piuttosto che chiudere aziende, scuole o discoteche; cosa completamente diversa sarebbe pubblicare un articolo in cui una personalità autorevole sostenesse che per guarire dal Covid occorre scolarsi la candeggina (per fare un esempio non così fantasioso, come è noto).

Questo è il motivo per cui non riporterò la maggior parte delle affermazioni, perlopiù in forma di domanda retorica («è vero o no che…»), con cui Cacciari rilancia le discutibili tesi che nei giorni scorsi aveva già diffuso su internet, in un testo scritto con Giorgio Agamben (altro filosofo di fama internazionale, del quale tutto si può dire ma certo non che manchi di cultura o di intelligenza).

Mi limito dunque a una sola delle domande retoriche formulate da Cacciari, questa: «Che in Israele e in Gran Bretagna molti dei decessi nell’ultimo periodo sono di persone che avevano già ricevuto la doppia dose è una fake news?».

Una risposta più articolata e puntuale a questa domanda, con tanto di dati, la trovate nell’articolo di Gilberto Corbellini e Alberto Mingardi pubblicato ieri su Linkiesta. Io mi limito a una risposta più breve e sommaria: forse non è tecnicamente una fake news, ma di sicuro è una scemenza, non perché non sia vero il fatto, ma perché, messo in questi termini, il suo significato risulta completamente distorto, per la banale ragione che laddove (come in Israele e Gran Bretagna) i vaccinati sono la maggioranza, nella misura in cui i vaccini non offrono una protezione del cento per cento, è inevitabile, matematico e previsto sin dall’inizio che, a mano a mano che il numero dei vaccinati sale e quello dei non vaccinati scende, il numero dei decessi riguardi sempre di più persone vaccinate.

Seguendo la stessa logica di Cacciari, ci si potrebbe domandare se sia vero o no che moltissimi decessi avvengono in ospedale, o se sia o meno una fake news che moltissimi incidenti automobilistici coinvolgono guidatori che indossavano le cinture di sicurezza e motociclisti che indossavano il casco.

Il fatto che simili argomenti siano utilizzati da un uomo coltissimo e intelligentissimo come Cacciari dimostra che la distinzione da cui ero partito – quella tra intellettuali presuntuosi che stanno con la scienza e zotici sempliciotti che si bevono le fake news – non corrisponde alla realtà. Per sfuggire alla seduzione delle fake news non serve essere né più intelligenti né più colti, semmai meno innamorati delle proprie convinzioni e più disponibili a metterle in dubbio, anche quando ci sembrino confermate dalle notizie (notizie che un algoritmo, o semplicemente l’ambiente che frequentiamo, preseleziona sempre, in qualche misura, per noi).

Il mondo è pieno di menti brillantissime e scienziati sopraffini i quali non si sognerebbero mai di giudicare dimostrato un teorema matematico con il grado di approssimazione che è loro sufficiente per considerare accertato che l’11 settembre sia stato una messa in scena ordita dagli Stati Uniti, o che i comunisti mangiassero i bambini, o che imprecisati servizi deviati e grandi burattinai abbiano sostanzialmente previsto ed eterodiretto ogni più minuto sviluppo della politica italiana praticamente da piazza Fontana in poi.

Ecco perché la scelta compiuta dalla Stampa, pubblicando l’articolo di Cacciari per aprire un dibattito, ovviamente con molti altri articoli di opinione diversa, non mi pare la strada giusta. Paradossalmente, proprio l’autorevolezza e l’intelligenza dell’autore dimostrano come in certi casi – casi nei quali gli effetti di credenze infondate si misurano in migliaia di morti – nulla è meno maieutico, utile e istruttivo di un dibattito in cui ogni posizione sia messa sullo stesso piano.

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