Le foreste possono essere teatro di viaggi straordinari, luoghi di riposo e meditazione lontani anni luce dal traffico e dallo stress cittadino, dove riconnettersi con la natura e “resettare il proprio software” appesantito dai tanti, continui e disordinati stimoli della nostra esistenza iperconnessa, sempre più caotica e tecnologica. Luoghi colmi di odori, sapori, di connessioni e vibrazioni positive, densi anche di storia, di memoria, di incontri. Luoghi insomma dove vivere esperienze intense, ideali in cui viaggiare.
Quella che in gergo tecnico è definita come “funzione turistico-ricreativa del bosco” è in realtà uno dei tanti sevizi ecosistemici che, come società, chiediamo costantemente al patrimonio forestale; un elemento fondamentale non solo per il bisogno, insito in tutti noi, di stare a contatto con la natura, ma anche come volano economico per le aree interne. Lo abbiamo provato tutti sulla nostra pelle durante l’esperienza collettiva del lockdown e le successive restrizioni: il bisogno di verde, di aria aperta, della quiete di boschi e montagne si è risvegliato prepotentemente anche in chi non era solito frequentare questi luoghi nel weekend o durante le ferie. E le montagne italiane, anche quelle meno attrezzate, la scorsa estate hanno capito ancora di più quanto possono essere attrattive, quanto è possibile trasformare questa necessità in un’opportunità di sviluppo sostenibile.
Bisogno collettivo e al tempo stesso opportunità quindi, ma non solo. Le emozioni e le avventure che si provano nel bosco, magari da ragazzi, insieme alla famiglia, gli amici, il gruppo scout o la parrocchia, spesso fanno anche nascere il desiderio di studiare la natura, di lavorare in questo ambito, di iscriversi magari all’università nei corsi di Scienze forestali, naturali o ambientali. Questo servizio ecosistemico è quindi spesso anche alla base di intere esistenze dedicate alla gestione e alla valorizzazione dei boschi, allo studio delle dinamiche naturali, alla conservazione della biodiversità, alla divulgazione delle tematiche ambientali.
Infondo è quello che è accaduto anche ai conduttori del podcast Ecotoni, prodotto da Compagnia delle Foreste, che oltre a trattare di boschi per studio e lavoro amano viaggiare in questi luoghi anche nel tempo libero, come hanno iniziato a fare da ragazzi. Per questo, nel mese di agosto, hanno pensato di creare una puntata speciale del podcast, definita «vacanziera, libera e senza giacca », dove raccontare i loro migliori aneddoti di viaggi in foresta: le pedalate nei boschi europei di Luigi Torreggiani, gli incontri rocamboleschi con la fauna esotica di Ferdinando Cotugno, le esplorazioni con l’occhio sempre vigile, da attento e curioso ricercatore, di Giorgio Vacchiano.
Una puntata di Ecotoni solo apparentemente leggera. Perché il viaggio è esperienza densa, dove i cinque sensi esplodono, i pensieri navigano, le emozioni lievitano con il ritmo dell’andatura.
Attraverso questi piccoli, grandi e talvolta tragicomici aneddoti si viaggia, dentro alle cuffiette, in foreste di tutto il mondo, dai boschi italiani ed europei a quelli nepalesi e sudafricani, passando per l’oceano Pacifico e l’Alaska.
L’invito è quello di partire, di vivere le foreste, di osservarle, annusarle, gustarle, toccarle e ascoltarle, perché il bosco è un’esperienza sensoriale a trecentosessanta gradi che vale la pena di essere vissuta, con rispetto e con la voglia di capire, immergendosi nelle mille storie nascoste in quello che, apparentemente, è solo un bel panorama.
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