Buona la primaLa comparsa del karate ai Giochi e altre discipline non più olimpiche

A Tokyo fa il suo debutto nella manifestazione sportiva più importante l’arte marziale millenaria. Ma dalle prossime edizioni già non ci sarà più. Un percorso che in passato è già toccato ad altri sport meno prestigiosi, come il tiro alla fune, il croquet e l’improbabile tiro al piccione

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Nella notte tra mercoledì e giovedì si scriverà un’altra pagina di storia dei Giochi Olimpici. Il Nippon Budokan (Palazzetto delle Arte Marziali) sarà la location del debutto olimpico del karate: un’arte marziale con radici millenarie nata sull’isola di Okinawa.

A Tokyo il karate si divide in due specialità: 60 atleti coinvolti nelle gare di kumite, altri 20 nella specialità kata. Se il kumite consiste in combattimenti uno contro uno, più fruibili e comprensibili per il pubblico, l’approdo del kata a Tokyo 2020 è stato un po’ più complesso.

Il kata è una dimostrazione di mosse contro un avversario immaginario, in cui in pochi minuti si eseguono attacchi, parate, movimenti tipici del karate. La World Karate Federation riconosce 102 Kata possibili, e ogni karateka sceglie quale eseguire.

La parte difficile è stata la definizione dei punteggi: «È stato un percorso di tre anni di discussioni in commissione per raggiungere la formula che vedremo a Tokyo», dice a Linkiesta Luca Valdesi, campione europeo e mondiale di karate.

Valdesi è stato convocato dalla WKF proprio per definire il regolamento da presentare al Cio: «Il presupposto da cui siamo partiti è che il kata è una disciplina tecnica, quindi non bisogna pensare alla boxe, al taekwondo o alla scherma, ma è più simile alla ginnastica artistica o ai tuffi. Ci saranno 7 giudici chiamati a dare due valutazioni su ogni dimostrazione: una di natura tecnica e una legata all’esecuzione, quindi alla performance atletica. I due punteggi più alti e i due più bassi di ognuna delle due categorie vengono scartati e i voti centrali fanno media», dice Valdesi.

L’esperienza del karate ai Giochi, però, rischia di essere più breve di quanto non vogliano gli appassionati di questa disciplina: già nell’edizione del 2024 che si svolgerà a Parigi il karate non sarà in elenco, e molto probabilmente sarà fuori anche da Los Angeles 2028.

«Siamo contentissimi di questa opportunità ma ci dispiace avere una sola occasione su un palcoscenico così importante», dice a Linkiesta Davide Benetello, membro del comitato esecutivo della federazione mondiale. «Questa deve essere per noi un’occasione per far capire che il movimento mondiale è strutturato e che il karate ha dignità di sport olimpico: ci sono circa 100 milioni di praticanti nel mondo, è presente in tutti i continenti ed è praticato da uomini, donne e bambini, a tutti i livelli».

Il karate ha provato ad assicurarsi un posto alle Olimpiadi per una cinquantina d’anni. E solo nel 2015 il Comitato Organizzatore di Tokyo 2020 ne ha proposto l’inclusione ai Giochi. Il karate, in un certo senso, è il più olimpico tra gli sport che non lo erano. E forse lo è anche più di tanti altri che lo sono stati in passato. L’elenco è lungo e comprende discipline che oggi sembrano fuori dal mondo.

Un esempio? La pallacorda: sì, quello sport che deve la sua fama al giuramento che segna simbolicamente l’inizio della Rivoluzione francese nel 1789 – e in misura minore anche all’omicidio commesso dal Caravaggio nel 1606, proprio durante una partita di pallacorda.

Alle Olimpiadi di Parigi del 1900 gareggiarono solo squadre francesi. Poi la pallacorda tornò per Londra 1908, con la partecipazione esclusiva di 9 britannici e 2 statunitensi in un torneo di singolare, vinto dall’americano Jay Gould II.

Nelle edizioni di inizio ’900 si trovano molte discipline con una forte dimensione territoriale. Partecipavano sempre pochi atleti, di una, due, massimo tre nazionalità diverse. È il caso del croquet, che ha fatto parte dei Giochi solo nell’edizione del 1900, ovviamente solo con atleti francesi. A Parigi si sono viste anche partite di cricket, con francesi e britannici in campo. In quell’edizione era stato inserito anche il polo, che ebbe maggior fortuna e avrebbe fatto parte del programma olimpico per altre quattro edizioni non consecutive, fino al 1936, con la partecipazione di team misti anglo-americani e anglo-francesi al fianco della nazionale messicana.

C’è poi tutta una serie di discipline che sono state presentate e introdotte alle Olimpiadi tra il 1904 (Giochi di St. Louis) e il 1908 (Londra), e sono sport tipici della cultura anglosassone, che nel resto del mondo avevano – e hanno – una diffusione pressoché nulla.

Per esempio il racquets, un gioco che sembra un antenato dello squash ma più complesso: si gioca con pallina e racchetta, le partite sono soltanto indoor e le palline sono quasi sempre fatte a mano. Ai Giochi di Londra 1908 parteciparono solo atleti britannici, e fu anche l’ultima presenza del racquets ai Giochi.

Stessa storia anche per la motonautica, che consiste in gare di corsa con natanti leggeri, in percorsi prestabiliti. Uno sport che, di fatto, è stato alle Olimpiadi per due giorni: il 28 e il 29 agosto 1908. Precedentemente c’era stata un’apparizione a Parigi nel 1900, ma solo in funzione dimostrativa (non competitiva).

Chiude il cerchio degli sport dominati dal mondo anglosassone il lacrosse, disciplina molto praticata in Canada e introdotta ai Giochi nel 1904 e ripetuta nel 1908 (oltre che in versione dimostrativa nel 1928, 1932 e 1948).

Come questi, ci sono stati tanti altri sport che hanno vissuto di una vita breve alle Olimpiadi: una, due, tre edizioni e poi su in soffitta a prendere polvere. Ci sono state l’arrampicata sulla corda, la pelota basca, il tiro alla fune (che prevedeva la partecipazione di squadre di nazionalità mista), il duello con le pistole (antenato dei moderni sport di precisione, ma mirando a un manichino di 170cm) e il rugby a 15 (oggi si gioca a 7 alle Olimpiadi).

Ma non è tutto. C’è un elenco di sport improbabili che non rientrano tra le discipline ufficiali, ma si sono visti alle Olimpiadi solo come dimostrazione (quindi non validi per il medagliere ufficiale).

Il capostipite di questi sport è il tiro al piccione. Fu una comparsa ai Giochi di Parigi e consisteva esattamente in quel che si può immaginare: uccidere quanti più piccioni possibile nel tempo stabilito, come si fa nelle fiere di paese con gli animali finti.

Tra gli altri sport solo dimostrativi c’è stato anche lo sci nautico, visto l’ultima volta nell’edizione del 1972 a Monaco di Baviera. Poi il nuoto a ostacoli, disputato in un tratto di Senna a Parigi nel 1900: 12 nuotatori in gara, provenienti da cinque nazioni, in un percorso di 200 metri lungo i quali dovevano arrampicarsi su una pertica, superare una fila di barche salendoci su e altre da oltrepassare nuotando sott’acqua.

Menzione d’onore per il principe degli sport con una dimensione prettamente locale: il korfbal. È stato uno sport olimpico solo a livello dimostrativo per tre edizioni – Anversa 1920, Parigi 1924 e Amsterdam 1928. È uno gioco che ricorda vagamente il basket, ma con una veste tutta nuova disegnata da un professore dei Paesi Bassi: ogni squadra è composta da quattro donne e quattro uomini; in fondo al campo, nelle due estremità, ci sono due pali alti tre metri e mezzo che sostengono due canestri di forma circolare. L’obiettivo è segnare più canestri dell’avversario in 70 minuti, ma non si può tirare se marcati e non è ammesso il contatto fisico. È uno sport molto rapido e intenso, godibile per uno spettatore che non conosce la disciplina. E forse è in linea con i criteri adottati dal Cio per l’adozione dei nuovi sport olimpici. Chissà che non possa fare ritorno nelle prossime edizioni.