Tiranni coltelliPerché Lukashenko rischia di diventare un alleato pericoloso per Putin

L’alleanza tra Bielorussia e Russia ha permesso al Cremlino di estendere la sua influenza su Minsk dopo le sanzioni internazionali, anche a livello militare. Ma è un’unione velenosa che potrebbe rivelarsi controproducente

LaPresse

Per lui è un partner, un alleato. Ma anche «un amico» e, addirittura, «un fratello». Per il presidente bielorusso Alijaksandr Lukashenko non esistono parole migliori per definire il suo nuovo rapporto con il presidente della Russia Vladimir Putin. Dopo le nuove sanzioni economiche decise dai Paesi occidentali, in seguito alla feroce repressione delle proteste e a una serie di atti ostili come il dirottamento del volo Ryanair per arrestare un dissidente politico, a Minsk è rimasta solo una carta da giocare: stringere sempre di più i legami con la Russia.

Come spiega questo articolo del Financial Times, è possibile che questa amicizia, rinnovata con espressioni più di facciata che reali, contenga più insidie che vantaggi per il Cremlino.

Da un lato – è vero – la Bielorussia è l’ultimo alleato di Mosca, ha una cultura affine (il 70% della popolazione parla come prima lingua il russo) ed è in una posizione strategica su cui Putin non può permettersi di transigere. Dall’altro Lukashenko, che si presenta come l’ultimo baluardo contro le pressioni anti-russe nel suo Paese (ma senza convincere davvero il Cremlino), è un partner non sempre affidabile e, soprattutto, potrebbe accrescere le pressioni internazionali intorno alla Russia.

Di fronte alle sue richieste, Putin ha fornito copertura militare e aiuti economici. Ha approvato l’idea di una maggiore unità tra i due Paesi e ha cominciato a sfruttare la nuova collaborazione militare. A settembre è previsto l’inizio di una serie di esercitazioni congiunti mensili, in cui le forze armate dei due Paesi saranno unite in un unico battaglione. Questa sorta di fusione programmata ha i suoi rischi, visto che Lukashenko continua una politica ostile nei confronti dei vicini europei, soprattutto impiegando gli immigrati come arma impropria. L’alleato russo, in caso di scontri, sarebbe chiamato a intervenire.

Ci sono controindicazioni anche a livello di politica interna. Per Mosca esporsi troppo a favore di Lukashenko significa alienarsi le simpatie dei cittadini filorussi in Bielorussia e, soprattutto, degli oppositori interni al presidente, da cui potrebbe provenire il suo successore. In questo senso, l’intervento russo è stato presentato come un atto di solidarietà «nei confronti di un popolo fratello», ma accompagnato dalla consapevolezza che «le richieste di cambiamento poltico» andassero ascoltate. Lukashenko, invece, ha fatto orecchie da mercante anche a quelle provenienti dal Cremlino, con cui si domandava una riforma costituzionale (in ottica filorussa).

Anche a livello economico il legame con Minsk non è senza ombre. La necessità di liquidità della Bielorussia ha avvicinato ancora di più i due Paesi – prima la Russia era già il primo partner commerciale – ma per le aziende russe, prevedono gli analisti consultati dal Financial Times, sarebbe arrischiato lavorare con le controparti bielorusse, dal momento che la scure delle sanzioni americane ricadrebbe, di conseguenza, anche su di loro. Insomma, non converrebbe.

Putin si trova in una posizione complicata: non vuole rinunciare, per ragioni strategiche, al legame speciale con la Bielorussia. Ma al tempo stesso Lukashenko potrebbe diventare un alleato troppo pericoloso, sia per le pressioni che per le conseguenze delle sue azioni. In questo senso, insomma, Mosca dovrà valutare bene le prossime mosse.

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