Il biennio digitaleLa quarta rivoluzione industriale europea e il sogno della sovranità digitale

Bruxelles vuole costruire una rete infrastrutturale, gestendo direttamente i dati dei cittadini, riducendo problemi relativi alla cybersicurezza e rinforzando le PMI europee, che soffrono molto nel campo digitale rispetto alle big tech straniere

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I prossimi 24 mesi saranno determinanti per il futuro dell’Unione, singoli Stati membri e cittadini, con nuove sfide, appuntamenti, scadenze, nuovi inizi e cambiamenti a livello internazionale. L’associazione Erasmo ha scelto di concentrare la propria attenzione su questo arco temporale, per analizzare gli eventi in programma in partenariato con Linkiesta, Spinelli Group, Re-Generation, Fondazione Antonio Megalizzi, Cultura Italiae, Comunita di Connessioni, Italiacamp, GaragErasmus e A2A.

Il piano di ripresa delineato dalla Commissione europea ha posto tra le priorità assolute la necessità che in Europa si faccia un salto di qualità nel settore digitale. Tale campo infatti è oramai dominato da grandi compagnie americane e cinesi, le cd. Big Tech, le quali impediscono a società innovative di emergere e si contrappongono a i principi della sana concorrenza. Ma quando la presidente della Commissione Von der Leyen parla di «plasmare il futuro dell’Europa digitale», non si riferisce solo a questo. E e va ben oltre. 

L’Agenda digitale dell’Unione Europea (UE), infatti, intende agire su diversi fronti, quali: la creazione di un sistema solido di tecnologie pulite e rinnovabili, la modernizzazione delle Pubbliche Amministrazioni europee (e soprattutto in Italia sappiamo quanto sia necessario), la creazione di uno spazio comune per i dati, e infine il rafforzamento delle skills digitali di base degli europei.  L’obiettivo principale quindi è quello di risolvere due annose questioni che caratterizzano il rapporto tra l’UE e il mercato digitale: la mancanza d’investimenti sul campo e la mancanza di regole chiare e univoche. 

Per quel che concerne la prima questione, la Commissione ha fatto ben comprendere quale sarà lo strumento principale per finanziare la rivoluzione tecnologica europea: il fondo Next Generation EU (NGEU). In particolare, il 20% delle risorse del Fondo dovrà essere allocato per investimenti e interventi volti alla Transizione digitale. Considerato che l’ammontare del NGEU è di ca. €750 miliardi, la cifra destinata al digitale sarà quindi €150 miliardi per l’intera UE. Attraverso questi fondi, infatti, quello che si vuole delineare nel futuro è un’Unione più indipendente dalla sfera d’influenza estera, soprattutto cinese e statunitense, e più avanzata. 

Shaping Europe’s Digital Future
Con questo titolo, la Commissione Von der Leyen andava a identificare già nel febbraio 2020 tutta una serie di assi su cui sviluppare la propria agenda digitale. Da quel momento, varie sono state le azioni intraprese dalla Commissione per rafforzare la spinta digitale e tecnologica. La prima azione da menzionare è il Digital Action Plan. Lanciato a fine 2020, lo stesso ha come principale obiettivo quello di migliorare le competenze di base e avanzate nel ramo digitale. Azione necessaria considerando la carenze digitali dei cittadini europei: secondo i dati del Digital Economy and Society Index Report, il 42% degli europei afferma di non possedere le skills digitali di base (in Italia il dato si attesta al 30% ca.). Sempre nell’arco del 2020, la Commissione ha lavorato sia per contenere il potere eccessivo delle Big Tech attraverso il Digital Services Act, sia per rafforzare la democrazia attraverso la lotta contro la disinformazione attraverso l’European Democracy Action Plan.  

Di sicuro interesse è anche la strategia che l’UE sta adottando per la regolamentazione dei dati, un mercato che sta acquistando sempre più valore. Secondo le previsioni della Commissione, infatti, nel 2025 il valore della cd. Data economy toccherà gli € 829 miliardi, quasi triplicando il valore del 2018 che si attestava sui € 301 miliardi.  Il progetto più innovativo in questo senso è GAIA-X, che ha come obiettivo principale quello di creare una struttura solida e sicura in cloud per la circolazione dei dati. GAIA-X si abbina ad altri due regolamenti recentemente approvati dalla Commissione: il Regolamento generale per la Protezione dei dati personali n. 2016/679 (GDPR), che ha sancito una nuova era per il concetto di privacy e utilizzo dei dati personali, e il Regolamento 2018/1807 relativo alla libera circolazione dei dati non personali. L’insieme di questi strumenti ha quindi come obiettivo principale quello di proteggere i dati dei cittadini e promuovere l’innovazione, mantenendo un sistema basato sulla trasparenza e sulla sicurezza. 

Infine, da non tralasciare, è l’attenzione della Commissione verso una tecnologia che si sta sempre più affermando come motore d’interessi economici e politici: l’Intelligenza Artificiale (IA). Già nel 2019, la Commissione aveva incaricato un gruppo di alti esperti redigere delle linee guida per sull’IA. Come si legge nel documento finale, l’IA deve possedere tre caratteristiche principali: la legalità, essere quindi compatibile con le leggi in vigore  in UE; la robustezza, essere quindi sicura e affidabile sotto un punto di vista tecnico e sociale; e infine l’eticità, andando quindi a rispettare i valori e principi fondanti dell’UE. A questo documento ha fatto seguito il Libro Bianco sull’IA pubblicato dalla Commissione a febbraio 2020 che aveva un duplice obiettivo: delineare un panorama favorevole allo sviluppo dell’IA sia sul piano economico, sia nell’utilizzo nel settore pubblico; creare un ambiente favorevole per gli investimenti. 

Uno sguardo al futuro: la Bussola Digitale
Partendo da questa breve panoramica sulle recenti azioni intraprese dall’UE nel settore digitale, è intuibile il focus che avrà la Bussola Digitale.  La bussola digitale europea è un piano presentato lo scorso 9 marzo che va a delineare quale sarà il futuro tecnologico europeo da qui ai prossimi 10 anni. In particolare, la visione europea si basa su quattro punti cardinali, così come indicato dalla Commissione stessa: incrementare le skills digitali di base, così da educare almeno l’80% dei cittadini entro il 2030,; Creare infrastrutture digitali sicure, performanti e sostenibili, andando a formare una rete a banda larga capillare in tutta Europa; trasformare le imprese, favorendo le stesse a usare sempre più sistemi di Cloud Computing, Big Data e IA; digitalizzare i servizi pubblici, facendo si che almeno l’80% dei cittadini abbia un sistema d’identità digitale (simile al nostro SPID).

L’obiettivo principale quindi, oltre a quello di migliorare le competenze dei cittadini europei, è anche quella di ridurre la dipendenza da tecnologie straniere, soprattutto provenienti da USA e Cina, e approdare infine a una vera e propria “Sovranità Digitale”, così come già auspicata dal presidente francese Emmanuel Macron. L’eccessiva dipendenza europea da strutture estere, come ha già presentato il caso Huwawei-5G, può portare infatti l’Unione in una posizione di svantaggio tecnologico, politico e militare. La volontà di costruire una rete infrastrutturale, come gli altri obiettivi sopra menzionati, europea cercano quindi d’invertire la rotta, gestendo direttamente i dati dei cittadini, riducendo problemi relativi alla cybersicurezza e rinforzando le PMI europee, che soffrono molto nel campo digitale rispetto alle Big Tech straniere. 

Gli obiettivi già delineati nel 2020 dalla Commissione Von der Leyen si stanno rilevando quindi sempre più a portata di mano. Il Biennio 2021-2022, su cui l’associazione Erasmo ha aperto un dibattito insieme hai partner del progetto “Biennio Europeo”, e i suoi principali strumenti post-pandemici si riveleranno essenziali per l’effettiva creazione di un’Unione forte e ambiziosa sul piano digitale.

*Giacomo Scipione è componente del Comitato esecutivo del Centro Studi Internazionali (CSI)

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