Nell’Unione europea più del 70 per cento della popolazione è stata vaccinata contro il Covid. Ma se la distribuzione delle dosi di vaccino ai 27 Stati membri è stata uniforme, lo stesso non si può dire per i tassi di somministrazione. Osservando i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), si nota una netta divisione fra l’Ovest e l’Est dell’Ue.
Mentre Portogallo e Irlanda sfiorano il 90 per cento degli abitanti vaccinati e gli altri Paesi dell’Europa occidentale viaggiano tra il 70 e l’80 per cento, la parte orientale dell’Unione mostra meno dosi somministrate. Polonia, Slovacchia, Croazia e Slovenia hanno solo la metà dei propri cittadini immunizzati. Addirittura Lettonia (47 per cento), Romania (32 per cento) e Bulgaria (21 per cento) hanno somministrato il vaccino a meno della metà della propria popolazione vaccinabile.
In Bulgaria la vaccinazione sembra una battaglia persa. Più o meno quattro bulgari su cinque non hanno ricevuto il vaccino, e non certo per carenza di dosi. «Nel mio Paese c’è diffidenza per tutto ciò che arriva dal governo, quindi anche la campagna vaccinale non è vista di buon occhio», dice a Linkiesta Teodora Ivanova, una giovane di Sofia.
Lei si è vaccinata a fine giugno, ma ammette di aver tentennato di fronte a un gran numero di contenuti informativi contrari alle vaccinazioni pubblicati in rete. Per Ivanova, «la mancanza di un’informazione accurata è un problema, perché la gente crede a tutto ciò che legge», comprese varie teorie complottiste, spesso simili a quelle che circolano anche in Italia: dai legami tra vaccino e 5G, ai chip magnetici inseriti nelle braccia, fino alle trame ordite da Bill Gates per sfoltire la popolazione mondiale. «Il fatto che anche i vaccinati si possano ammalare provoca ancora più dubbi fra gli scettici. Lo stesso approccio si verifica con l’utilizzo delle mascherine, che per alcuni è inutile visto che non protegge completamente».
L’informazione dei media in Bulgaria è considerata sotto il livello minimo di garanzia stabilito dal Media Sustainability Index, ma, come ha spiegato di recente a France24 Nelly Ognyanova, esperta di diritto dei media bulgari, dietro la disinformazione online ci sarebbe anche l’attività della Russia, ben felice di destabilizzare gli Stati dell’Europa orientale.
Il ministro della Salute bulgaro non ha voluto rispondere alle domande di Linkiesta, ma sembra che anche diversi medici siano refrattari alla vaccinazione e la sconsiglino, più o meno esplicitamente, ai propri pazienti. Persino il direttore del dipartimento Covid di un ospedale della capitale, Atanas Mangarov, ha espresso dubbi in proposito. Teodora Ivanova, invece, riporta casi di cui è a conoscenza, in cui diversi dottori e operatori sanitari hanno ottenuto un certificato di vaccinazione senza iniettarsi realmente il siero, grazie alla connivenza fra colleghi.
Sostiene Ivanova, che in passato ha lavorato a stretto contatto con le istituzioni bulgare, che anche l’instabilità governativa incide sul basso tasso di popolazione vaccinata. Il primo ministro Boyko Borissov, travolto dalle proteste contro la corruzione dopo tre mandati alla guida del Paese, è stato sconfitto alle elezioni di luglio e il vincitore, Slavi Trifonov del partito Itn, non dispone di abbastanza seggi per formare un governo. In attesa di un sempre più probabile ritorno al voto, da maggio è stato nominato, ad interim, Stefan Yanev, un generale di brigata dell’esercito ex ministro della Difesa. Il caos che si è creato nelle agenzie governative, non aiuta certo la campagna vaccinale.
«I bulgari sono da sempre molto propensi a utilizzare cure naturali e non vedono di buon occhio l’iniezione di un elemento estraneo nel proprio corpo», spiega a Linkiesta Antonia Spassova, un passato da giocatrice professionista di volley in Italia, che ha contratto il Covid-19 e al momento sta completando la quarantena.
Molti connazionali, comunque, non escludono l’inoculazione a prescindere, ma stanno aspettando di vedere come evolverà la situazione. Anche Spassova insiste sulla diffidenza caratteriale congenita dei suoi connazionali, che tendono ad «aver paura di essere fregati» e temono tutto ciò che arriva dall’autorità governativa. Con queste premesse, qualunque strategia per incrementare le vaccinazioni potrebbe rischiare di risultare vana.