The Italian JobLo sfruttamento delle foreste di teak del Myanmar è per due terzi italiano

Secondo la Environmental Investigation Agency (EIA) il traffico di legname nello Stato asiatico del 2020 è stato pari a 24 milioni di euro. I container sbarcano principalmente nei porti di Livorno, Venezia e Trieste. L’Unione europea è il terzo importatore globale, dietro Cina e India

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Questa è una storia di legno pregiato, yacht di lusso e colpi di stato. Il 1° settembre è uscito un rapporto dell’agenzia investigativa Environmental Investigation Agency (EIA) sul traffico di legname dal Myanmar.

Nel Paese, dal febbraio scorso, è al potere una repressiva giunta militare, colpita nei mesi successivi da sanzioni internazionali per il mancato rispetto dei diritti umani.

Ciclicamente, le giunte hanno avuto una risorsa in particolare per attirare nel Paese valuta straniera: il legname delle foreste di teak, il tectona grandis, che per secoli è stato considerato l’acciaio delle marine, il legno tropicale più pregiato al mondo, resistente all’acqua, facile da lavorare, bello da vedere. Quella al potere dal 2021 non fa eccezione. Il problema è che oggi ha un alleato: gli importatori italiani lungo la filiera della nautica, dove il teak è considerato un materiale imbattibile.

Il rapporto EIA si intitola The Italian Job perché raccoglie una serie di dati imbarazzanti per l’industria italiana e collega gli interni delle imbarcazioni di lusso alla violenza del regime: mentre le importazioni degli altri Paesi europei sono calate e in alcuni casi sono state azzerate, per rispettare le leggi comunitarie sul legname del 2013 e le sanzioni del 2021, quelle italiane sono state in continua crescita e oggi rappresentano il 66% di tutto il legname del Myanmar che entra nell’Unione Europea.

Il problema del traffico internazionale di legname è complesso perché la sua definizione è diabolicamente semplice: è illegale tutto il legname estratto in contravvenzione alle leggi locali. Secondo la legge europea l’unico modo legale, sulla carta, di importare legname dal Myanmar è trattare con la controllata statale Mte (Myanmar Timber Enterprise), che però in questo momento è in mano alla giunta militare ed è colpita da sanzioni internazionali. Vuol dire che, fino al febbraio scorso, importare il teak per le barche dal Paese asiatico significava contribuire a una catastrofe ecologica (in venti anni distrutti 4 milioni di ettari, come l’intera Svizzera o l’equivalente di un terzo di tutte le foreste italiane).

Oggi – oltre al disastro forestale – c’è anche il contributo alla violazione dei diritti umani.

Dal 2013 in Europa la materia è regolamentata dalla EU Timber Regulation, un ampio ma non sempre efficace catalogo di obblighi e controlli, che agli importatori impone sostanzialmente la due diligence, un controllo documentale sul materiale importato per verificarne la provenienza e la legalità. Verificare che le carte siano a posto, insomma, a prescindere dai livelli di legalità, corruzione, violazione dei diritti nei paesi di origine. In Italia i controlli sono affidati ai Carabinieri del Cites, che hanno di fronte un compito complicato, con strumenti legali spuntati e pochissima sensibilità pubblica e politica.

Le sanzioni per mancata o incompleta due diligence sono multe quasi sempre irrisorie, in Italia nessun caso è sfociato sul piano penale, nonostante il traffico illegale di legname sia per volume d’affari il principale eco-reato al mondo, una fabbrica di corruzione, distruzione ecologica e violazione dei diritti umani da 150 miliardi di dollari all’anno. Svezia, Olanda e Germania hanno stabilito che la due diligence sul legname dal Myanmar è impossibile: non si può mai capire dai documenti se è illegale o no, quindi meglio evitare del tutto. In Italia abbiamo scelto un’altra strada.

La perdita di 4 milioni di ettari di foreste in Myanmar ha colpito direttamente 17 milioni di persone, che basano la propria vita quotidiana e spesso la sopravvivenza sulle risorse forestali. È stato anche un disastro per la biodiversità, per specie molto minacciate come la tigre del bengala e la tigre indocinese. Dopo il colpo di stato, la giunta al potere ha confermato che le esportazioni di legname avrebbero continuato ad avere un ruolo centrale nell’economia del paese, incoraggiate dalla domanda nel settore della nautica: cabine, ponti, mobilio, parquet, decorazioni. Il teak fa lusso, e quello selvatico è considerato di una bellezza superiore rispetto a quello delle piantagioni, un salto di qualità che vale il costo, le forzature ecologiche e quelle politiche.

E l’Italia – come primo importatore europeo – ha un ruolo centrale: questo peso si è affermato nel 2013, quando sono entrate in vigore le norme europee. Quando le regole sono diventate più stringenti, gli altri paesi europei hanno iniziato a lasciar perdere e l’Italia ha continuato a insistere. Oggi due terzi del legname che arriva in Europa dal Myanmar sbarcano a Livorno, Venezia o Trieste. Il valore totale della merce in arrivo in Italia nel 2020 è stato di 24 milioni di euro, negli ultimi tre anni i cargo in arrivo sono stati in tutto 618. Grazie al nostro contributo, l’Unione europea è il terzo importatore globale, dietro Cina e India.

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