Sarò onesta, è da una settimana che sono in imbarazzo. È certamente un tempo piuttosto lungo, mi sono convinta che l’imbarazzo prolungato possa portare alla morte.
È successo che sabato scorso è arrivata una mail dal Comune di Milano, stranamente non parlava di inaugurazioni di ciclabili floreali e di festival ecosostenibili contro il degrado, ho una casella piena di cose che non mi interessano, comunque dicevo: arriva questa mail: «Cari genitori da lunedì portate il green pass a scuola se no il vostro bimbo se ne sta a casa vostra, date il benvenuto all’homeschooling, grazie».
Bene, mi sono detta, cosa volete che mi importi, io sono qua bella vaccinata e paciolla, con il mio lasciapassare smeraldo che mi permetterà di condurre una vita spericolata. Poi ho aperto Facebook.
L’imbarazzo inizia come una febbre, quella a trentasette, quella che ti butta sul divano, poco percettibile, ti dici non è niente, ma sai di mentire. Iniziano a fioccare i post di mamme molto preoccupate, molto preoccupanti. Sappiamo tutti che questi post vengono chiusi e cancellati perché, contrariamente a quello che succede nel resto del mondo, non si può parlare di vaccini. Perché non sta bene. Perché se no c’è la polemica, e sia mai che qualcuno si turbi, che ognuno rimanga con la propria idea, andate in pace.
Io non vi sto nemmeno a raccontare quante mamme questa estate hanno spostato i vaccini obbligatori dei neonati perché il pediatra ha detto loro che con il caldo non servono. Mi sembra un’idea bislacca, ma per carità non sono un medico, quindi magari il tetano con il caldo muore (certo, sono una mamma, non sono medico, facciamo finta che il famoso pezzo di carta abbia più valore del mio intuito, sia detto senza polemica).
Non credevo che la febbre sarebbe andata avanti per molto, invece questa sensazione mi si è incollata addosso, e non passa più. Non credevo che ci fossero così tante mamme non vaccinate, quelle dell’incostituzionalità, quelle del «chiamo l’avvocato», quelle della dittatura sanitaria, quella della stella di David sul petto, tutte lì a scrivere il proprio diario pensando di essere Anne Frank. E invece.
Partiamo da una piccola curiosità, che è anche una grande metafora: le mamme no green pass chiedono e pretendono i tamponi gratuiti. Però salivari. Io lo trovo da un lato geniale, perché è l’immagine di un’infinita pretesa da chi vive su Plutone, voglio tutto e con il minimo del danno fisico e patrimoniale, mi spetta, sulla base delle tavole della legge scritte sul marmo di Facebook; dall’altro lato l’imbarazzo mi ha quasi ammazzato.
Il colpo di grazia è arrivato quando mi sono accorta che il problema di queste persone è che si è instaurato un clima d’odio tra vaccinati e non: «Ho più paura di questo virus che ci mette gli uni contro gli altri».
Ma ti devo pure aprire la porta e offrire il pranzo? Ma noi che abbiamo fatto tutto giusto, chiusi in casa a fare la Dad, e poi ci siamo vaccinati, e poi ci siamo fatti i tamponi che non si sa mai, noi, ma davvero vi dobbiamo voler bene? Urtiamo la vostra sensibilità? Dobbiamo amarvi, mandare a casa vostra i nostri figli, stringerci la mano, perché l’odio è peggio della morte? E allora perché non odiate «anche i malati di tumore, gli obesi, i malati di Aids e chi fa gli incidenti perché ubriaco»?
Tutto vero: sono qua con l’imbarazzo che mi ha tagliato la gola, e forse è tentato omicidio, si può denunciare un concetto? Su Plutone probabilmente sì. Chissà com’è il clima, se d’estate fa fresco, e se d’imbarazzo si muore anche lì.