Negli ultimi anni il Portogallo è cambiato molto ed è cambiata soprattutto la sua capitale, Lisbona, che oggi è ricca di occasioni di intrattenimento e vitalità. Sono rimasti intatti, però, gli iconici tram e il vento freddo che arriva da ovest, le discese e le salite, i pasteis de nata appena sfornati e il bacalau.
Tuttavia, la magia di questa terra non si trova soltanto a Lisbona: è nelle spiagge infinite dell’Algarve e in quelle ondose della costa vicentina battute dai surfisti; è nei monasteri nascosti nell’entroterra come quello di Tomar, costruito dai templari e che ancora ne porta la storia, e nelle mura dei castelli diroccati, da Sintra a Obìdos. Ma l’incanto del Portogallo scorre soprattutto lungo il Douro, il fiume che nasce nella vicina Spagna, taglia il nord del Portogallo e sfocia nell’Atlatico, separando Porto da Vila Nova de Gaia, la sponda dove molti dei vini liquorosi realizzati delle grandi case produttrici locali, invecchiano, sfruttando l’umidità garantita dalle coste.
Le rive di Porto e Vila Nova de Gaia sono collegate dal ponte Dom Luís, un’opera architettonica diventata nel 1996 patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, attraversata spesso dai visitatori interessati a visitare le cantine di Vila Nova de Gaia ed assaggiare le diverse tipologie del vino locale, il Porto, tra Ruby, varietà giovane, beverina, dalle tonalità rubino, Tawny, ottenuto con le stesse uve del Ruby, ma sottoposto a un processo di maturazione diverso, che regala al vino una sfumatura ambrata, un sapore meno dolce e arricchito da note di noci, nocciole e cioccolato fondente, e qualche pregiatissimo Vintage, da accompagnare con frutta secca, cioccolato, formaggi o qualche secondo che renda giustizia.
Foto di Alessandra Lanza
Affacciati da uno dei tanti miradouros arroccati in città, si vedono spiccare già in lontananza le insegne e i loghi di Càlem, Graham’s, Fonseca, Taylor’s e molti altri, che offrono ai turisti e agli appassionati visite delle proprie cantine popolate di botti e di pipe (le barrique portoghesi), un po’ di storia sulla regione del Rio Douro e gli immancabili assaggi, sempre generosi e per tutte le tasche. E se viene l’imbarazzo della scelta sfogliando l’offerta dei tour che risalgono in barca il corso del fiume, vale la pena affittare una macchina ed esplorare da sé le incredibili colline nascoste dalle catene montuose che bloccano l’influsso dell’Oceano, creando un clima eccezionale – nove mesi d’inverno e tre d’inferno, dicono i locali, per descrivere le temperature rigide e poi caldissime – che insieme ai terreni rocciosi e asciutti e a tanti altri fattori dà vita a uve uniche nel mondo.
Certo, i vini del Douro, il vino verde prodotto nel nord del Paese o quelli dell’Alentej, li potrete assaggiare un po’ ovunque in Portogallo. Ma vuoi mettere dormire sulle sponde del fiume e svegliarti circondato da questi paesaggi, da attraversare lungo la strada panoramica N222 che collega Peso da Regua e Pinhao? Se già è splendido d’estate figuriamoci in autunno, quando al giallo dei terreni, al verde delle foglie e al blu del cielo e del fiume – oro nella stagione delle piogge, a cui deve il suo nome – si aggiungono i toni più caldi che preparano all’inverno, mentre le uve vendemmiate vengono pigiate, a volte ancora con i piedi. «L’unica incommensurabile prova che ci consente di stupire il mondo», scriveva il poeta portoghese Miguel Torga, parlando dell’Alto Douro, che insieme al Baixo Corgo e al Cima Corgo costituisce la regione e che da vent’anni è stata riconosciuta Patrimonio mondiale dell’Unesco, nella categoria “Paesaggio culturale di tipo evolutivo e vivente”.
I primi a piantare le viti un paio di millenni fa furono i nostri antenati romani, ma a rendere celebri e ricercate le uve di questa zona furono gli inglesi, che dovettero trovare già nel Medioevo ma in particolare nel Diciassettesimo secolo un modo per riuscire a importare del vino facendo a meno di quello francese, visto che la guerra in atto aveva bloccato i rapporti commerciali. Non a caso, molte delle maggiori case produttrici, che si appoggiano alle cosiddette Quinte per la produzione dei loro vini, fortificati e non, hanno nomi e storie che arrivano da Oltremanica. Ed è proprio da quelle parti che si continuano a consumare in quantità, e dove anche arrivano le pipe in rovere al fine del ciclo di invecchiamento del vino, pronte a dare nuovi sapori ai distillati d’Irlanda e Gran Bretagna. Per chi vuole approfondire, oltre che assaggiare, c’è il Douro Museum di Peso da Régua, città forse non così affascinante, ma strategica per esplorare i dintorni.
Non solo vino: Lamego, a sud del fiume, è una delle più belle città del nord del Portogallo, con il suo Santuario dedicato a Nossa Senhora dos Remédios, meta di pellegrinaggi raggiungibile dopo aver percorso una faticosa scalinata adorna di azulejos. A Pinhao vale la pena una sosta nella macelleria Qualifer Quinta das Barrocas, un tripudio di salumi affumicati da portar via insieme a un tozzo di pane e a qualche pezzo di formaggio per una merenda gustosa e super economica, prima di salire a bordo del trenino che vi accompagnerà, purtroppo solo in alcuni giorni dell’anno, fino a Pochinho, passando per Tua. Così, se avete bevuto troppo, potete prendervi una pausa dalla guida. Una visita, al ritorno verso Oporto, la vale anche la Casa de Mateus, a Vila Real, resa celebre dalle etichette delle bottiglie del celebre rosé apprezzato a livello internazionale prossimo a 80 anni di storia. Il palazzo e i suoi giardini danno il meglio verso il tramonto e le more sono tutte da rubare.
Gli azulejos sulle scalinate del Santuario de Nossa Senhora dos Remédio – Foto di Alessandra Lanza