Milano è da sempre una città che si è forgiata attraverso le dominazioni che si sono susseguite a partire dalla sua fondazione celtica attorno, al 600 a.C. Da allora è stata una città che è cresciuta sulle spinte culturali di mezza Europa. Dalla dominazione romana fino alle invasioni barbariche intorno al 400 d.C., dall’epoca longobarda a quella carolingia per arrivare all’epoca comunale quando diede vita alla Lega Lombarda per sconfiggere l’imperatore Federico Barbarossa nella battaglia di Legnano del 1176.
Con l’avvento dei Visconti e degli Sforza Milano visse un periodo di espansione: era una delle poche città europee a superare i 100mila abitanti. Ma a partire dal 1500 fu la prima delle signorie dello stivale a cadere sotto i colpi delle grandi monarchie europee: francesi, asburgiche e spagnole. È, questo, anche il periodo del Rinascimento milanese, che vide nel Bramante e in Leonardo da Vinci due tra le massime espressioni.
Gli austriaci e Napoleone diedero in seguito nuovo lustro a Milano, eleggendola a capitale delle Repubbliche Transpadana, Cisalpina e del Regno d’Italia napoleonico. Il secondo periodo austriaco ci porta direttamente alle Cinque giornate di Milano del 1848, che liberarono temporaneamente la città, la quale poi passò al Regno di Sardegna e quindi al Regno d’Italia nel 1861. Il resto è storia recente, diciamo.
Non ho voluto ripercorrere brevemente la storia di Milano per dare chissà quale sfoggio di cultura, bensì per sottolineare quanto Milano sia permeata di culture diverse. È cresciuta “europea” fin dalla sua nascita. E come tale il suo ruolo anche oggi, non può essere che quello di una delle grandi capitali europee intorno alle quali gira l’economia del vecchio continente.
Ma le altre capitali si sono attrezzate. Londra, anche se non più nell’Europa comunitaria, resta il centro finanziario, mentre altre città – come Madrid, Amburgo, Berlino – hanno saputo conquistarsi autonomie speciali che permettono loro di avere poteri e risorse speciali per potersi rinnovare e porsi in modo competitivo nel network delle città europee “che contano”.
E Milano ? Milano nel 2021 ha ricevuto 332 milioni di euro di contributi erariali dallo stato, meno di un terzo di quanto ha ricevuto Roma (1032 milioni), pur avendo Milano città quasi esattamente la metà degli abitanti della capitale (una differenza che si restringe se consideriamo le rispettive aree metropolitane, 3,3 milioni per Milano, 4,3 milioni per Roma).
Milano, al di là dei problemi che la affliggono, sicurezza, viabilità, inquinamento tra tutti – che comunque, diciamocelo, non sono nemmeno paragonabili ai problemi di altre città della penisola – ha una dannata necessità di correre per non perdere il passo, che in parte ha già perso, con il resto d’Europa e per essere sempre di più tra le città che “contano”. E se riusciremo ad raggiungere questo obiettivo, sarà anche molto più facile risolvere i problemi endemici che citavo pocanzi.
Ma tornare a correre, soprattutto dopo un periodo tragico, come quello che stiamo vivendo e che speriamo sia sempre più un ricordo, significa per le altre istituzioni, governo e regione, riconoscere che Milano non può essere considerata come (o addirittura meno, visti i dati) di altre città. Le va data quella spinta in più che solo uno status “speciale”, che noi chiamiamo “Autonomia speciale”, può garantire.
Milano con più competenze, più poteri e naturalmente più risorse è l’Autonomia che noi chiediamo e che noi chiederemo se saremo in consiglio comunale. È nostra e mia intenzione proporre con forza lo svolgimento di un referendum consultivo sull’intera città, per dare mandato al sindaco e alla giunta di negoziare con governo e regione la devoluzione a Milano di tali poteri, e risorse per ridare energia alla città, con cui possa finalmente correre in Europa.
Ma il processo non può non prevedere un completamento “forte” del decentramento di competenze e risorse anche dal comune ai nove municipi. I municipi conoscono il loro territorio e sono i più titolati a operare per il bene dei propri cittadini, in Autonomia. Ci sono decine di competenze che possono e debbono essere decentrate. Ad esempio perché non chiudere al traffico – ovviamente con l’eccezione dei mezzi di soccorso e dei residenti – corso Garibaldi, che già da molti anni è soggetta a una Ztl che ne impedisce l’accesso ai non autorizzati? Ciò permetterebbe, ad esempio, di sfruttare almeno parte degli spazi esterni a vantaggio dei locali in epoca covid.
Ma non voglio concludere senza spendere alcune parole a vantaggio della cultura, soprattutto quella milanese, ahimè in sofferenza, nonostante la città sia piena di associazioni a difesa della cultura milanese e lombarda che tuttavia trovano uno scarso ascolto.
E mi vengono in mente due cose che il comune di Milano potrebbe fare per rinvigorire questa parte così importante della nostra storia. La prima è promuovere e patrocinare la raccolta delle 50mila firme che alcune associazioni stanno organizzando, necessarie per far si che la lingua lombarda venga riconosciuta dallo stato come già avviene per altre “lingue” di altre regioni. L’Unesco già censisce la lingua lombarda come tra quelle a rischio di estinzione. E il lombardo è classificato come «individual», ossia una lingua a pieno titolo esattamente come italiano, francese e tedesco.
Ma la cultura milanese, intesa nelle sue varie accezioni – musica, teatro, poesia, cabaret – ha anche bisogno dell’aiuto di Milano per tornare a vivere. Mi ricordo quando ero ragazzo, il Derby, lo storico locale di via Monte Rosa che ha visto nascere tutti i più grandi artisti della milanesità. Da Enzo Iannacci, a Bisio, Cochi e Renato, Abatantuono, Boldi e tantissimi altri. Ecco: mi piacerebbe che Milano desse un segnale forte e riconsegnasse il Derby ai milanesi, perché la cultura torni a svilupparsi in un luogo simbolo come quello (naturalmente identificando una nuova sede per il Centro sociale che da molti anni ne occupa i locali).
Queste ed altre saranno le battaglie civili che un Autonomista innamorato di Milano come me vorrebbe portare in Consiglio comunale, se i miei concittadini me ne daranno la possibilità.