Il ballo del mattoneGli italiani temono le tasse sugli immobili perché anche i più poveri possiedono una casa

Il 72,4% dei nostri connazionali sono proprietari dell’alloggio in cui vivono, un dato superiore alla media europea. Mentre negli altri Paesi a essere poveri sono persone con un mutuo, in Italia coloro che si collocano al di sotto della soglia di indigenza sono padroni di abitazioni senza rate da pagare e nuclei in cui nessuno in età di lavoro è occupato o lo è per pochissime ore al mese

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L’amore tra gli italiani e il mattone è profondo, duraturo e trova le sue radici in una serie di fattori. Uno di questi è la condizione di povertà del passato che ha costretto molti italiani ad abbandonare la propria casa, emigrare e trovarne una altrove, anche Oltreoceano. Così quando il benessere è arrivato è stato utilizzato prima di tutto per assicurare a sé e alla propria famiglia una abitazione di proprietà 

Lo stile di vita, ma anche la sfiducia verso lo Stato e il sistema economico sono altri motivi che spingono molti italiani a comprare, quando possibile, anche una seconda casa, da usare sia come villeggiatura che come investimento. 

Come spesso accade l’amore è diventato anche dipendenza. Oggi quello che lega gli italiani e il mattone è anche un interesse economico profondo e in parte poco sano. Non a caso nel nostro Paese sorgono polemiche non appena la politica parla di riforma delle tasse sugli immobili, o del catasto. Chi tocca il mattone muore, lo sa bene Mario Monti, che reintrodusse l’Imu sulla prima casa e innalzò la tassazione sulle seconde. E lo sa benissimo il centrodestra che da 20 anni fa campagna elettorale su questo tema. 

Secondo alcuni studi inglesi e olandesi l’Italia è il Paese in cui i ricavi degli affitti delle seconde case hanno il ruolo più importante nel determinare il reddito lordo di quei proprietari che si trovano sotto la soglia di povertà o comunque sotto il reddito mediano. Ne costituiscono rispettivamente il 75% e il 35%, contro il 25% e il 28% nel caso tedesco, o il 32% e il 20% in quello francese.

Balduzzi

Meno del 30% degli italiani che possiedono una seconda casa la danno in affitto, contro quasi l’80% in Germania. Spesso l’immobile è collocato in luoghi poco appetibili e redditizi, e chi le possiede, anche se non facoltoso, vede solo uscite, quelle dell’Imu, senza alcuna entrata. 

Questo è il motivo principale della grande sensibilità verso la tassazione di immobili, anche se in Italia non è superiore alla media. 

Secondo l’Ocse corrisponde all’1,2% del Prodotto interno lordo e al 2,9% del gettito complessivo nel nostro Paese, mentre negli Stati Uniti arriva rispettivamente al 2,7% e all’11,1% perché oltreoceano queste imposte compensano quelle particolarmente basse sul lavoro. Non possiamo dire lo stesso per la Francia, dove le tasse sugli immobili arrivano al 2,5% del Pil e al 5,8% del gettito, nonostante ci sia stato un calo recentemente. 

I proprietari di casa italiani sono invece più tartassati dei tedeschi e allo stesso livello di quegli spagnoli, anche se il nostro Paese ha assistito a picchi di aumento della tassazione nel 1992 e nel 2012  che probabilmente sono rimasti nella memoria collettiva più delle discese, come quella provocata dalla cancellazione della Tasi con il governo Renzi. Solo in Grecia ci sono stati picchi improvvisi dell imposte più forti di quelli hanno interessato l’Italia.

Balduzzi

La diffidenza sulla tassazione degli immobili è dovuta anche al fatto che la prima o addirittura la seconda casa la possiedono anche le persone più povere. Il 72,4% degli italiani possiede l’alloggio in cui vive, più della media europea, mentre in Germania sono il 51,1% e in Francia il 64,4%. C’è una chiara correlazione inversa tra quota di proprietari e reddito e tasso di occupazione. Non è difficile immaginare che laddove si trova più lavoro e si guadagna meglio ci si fa meno scrupoli ad andare in affitto.

A rischio di povertà, ovvero con un reddito disponibile inferiore al 60% di quello mediano, ci sono 1 padrone di casa su 6, oltre che il 32,6% degli affittuari. Mostrano dati peggiori solo la Grecia e alcuni Paesi dell’Est decisamente meno ricchi del nostro.

La differenza percentuale tra il tasso di povertà di proprietari e affittuari è inferiore a quella media, e in questa classifica siamo assieme ai Paesi con reddito inferiore. Mentre in altri Stati come Norvegia, Francia, Svezia, Paesi Bassi, Belgio e Danimarca c’è un netto divario fra la quota di indigenti tra chi possiede la casa in cui vive, molto bassa, e quella tra chi paga un canone d’affitto.

Eurostat 2019

E mentre negli altri Paesi a essere poveri sono molti proprietari con un mutuo, in Italia e in Grecia coloro che si collocano al di sotto della soglia di indigenza rispettivamente il 48,8% e il 60,3% sono padroni di casa senza rate da pagare. Mentre in Francia e Germania sono rispettivamente solo il 17,5% e il 19%.

Eurostat 2019

L’Italia è anche uno dei paesi dove è maggiore la quota di proprietari che non solo sono a rischio di povertà, ma sono anche in un nucleo in cui nessuno in età di lavoro è occupato o lo è per pochissime ore al mese.

Questi dati fanno capire l’attaccamento alla casa degli italiani, soprattutto di quelli con redditi bassi. L’impatto della tassazione su questi ultimi è rilevante, anche solo a livello di percezione, anche quando parliamo semplicemente di prima casa.

In modo in parte irrazionale vi è un rifiuto di ogni cambiamento, nonostante magari riguardi solo immobili che non si possiedono, perché si pensa che possano essere l’anticamera di interventi anche su quelle in cui abitano. E la rivalutazione del catasto avrebbe influenza anche sulla Tari e sulla misura dell’Isee.

Eurostat 2019

Ma l’antidoto contro le stangate non è impedire il passaggio da una tassazione sulle persone a una sulle cose, cosa necessaria e produttiva, ma migliorare le condizioni di coloro che le tasse dovrebbero pagarle. Se gli affittuari e i proprietari di prima e seconda casa fossero tutti occupati o quasi, e avessero un lavoro pagato più che dignitosamente, le imposte sulla casa non sarebbero un argomento così centrale. Perché i redditi da lavoro consentirebbero di pagarle.

Per sganciarci dal nostro legame così stretto e asfissiante con il mattone dobbiamo aumentare il numero di italiani con un impiego. Ma per farlo, a meno di fare solo debito, dobbiamo considerare la possibilità di intervenire sulla tassazione degli immobili. Compito della politica, che ora non sta svolgendo, fare capire a cosa servirebbe, a diminuire quella sul lavoro.

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