Il significato di un anniversario, per usare le parole di un celebre discorso del filosofo Adriano Bausola, sta non solo nel recupero della memoria storica ma anche nella riflessione attualizzante di quanto si ricorda e celebra. È quanto sta avvenendo a Torino, dove fino al 24 ottobre sarà visitabile presso la Galleria delle Immagini di Palazzo San Celso la mostra “FUORI! 1971 – 2021. 50 anni dalla fondazione del primo movimento omosessuale in Italia”. Titolo, questo, anche del libro-catalogo, che è stato edito nei giorni scorsi dalla Hopefulmonster a cura di Roberto Mastroianni e Chiara Miranda.
Organizzato dal Museo Diffuso della Resistenza, dal Polo del ‘900 e dalla Fondazione Sandro Penna, il percorso espositivo, di cui la pubblicazione con saggi e interventi di varia importanza ne è completamento e ideale prolungamento, ripercorre per immagini e documenti d’archivio le principali tappe di quello che è stato il primo movimento nazionale per i diritti delle persone omosessuali e che può riguardarsi quale inizio del contemporaneo movimento Lgbt+ in Italia.
Ne è stato fondatore, appunto 50 anni fa, Angelo Pezzana, stimato libraio all’epoca proprietario dell’Hellas, in reazione alla recensione del “Diario di un omosessuale” dello psicoterapeuta cattolico Giacomo Dacquino. Comparso su La Stampa del 15 aprile 1971 col titolo “L’infelice che ama la propria immagine” e scritto dal neurologo Andrea Romero, l’articolo valutativo, condensato di stereotipi sull’omosessualità, ne rimarcava il carattere patologico e la possibilità di guarigione attraverso «cure cliniche».
È l’autentica goccia che fa traboccare il vaso, tanto più che il quotidiano torinese non aveva voluto pubblicare la richiesta di rettifica redatta dallo stesso Pezzana. Questi decide allora di creare, insieme con amici e amiche, una realtà militante esemplata sul modello di coevi movimenti d’area europea come, ad esempio, il G.L.F. britannico o il F.H.A.R. francese.
Tutti, in ogni caso, ispirati e susseguenti al Gay Liberation Front statunitense, che era nato immediatamente dopo i moti di Stonewall (28 giugno – 3 luglio 1969). Il nome F.U.O.R.I – cui si sarebbe spesso sovrapposto con valore sinonimico quello di FUORI!, titolo della specifica rivista edita per la prima volta nel dicembre 1971 – è ideato dal milanese Luigi Cannillo: ci si voleva richiamare sia al “come out of the closet”, il grido di rivendicazione e d’orgoglio dei movimenti di liberazione omosessuale, sia a quanto fatto in Francia dal F.H.A.R. o Front homosexuel d’action révolutionnaire.
L’acronimo F.U.O.R.I. significava infatti Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano. Scritta, questa, che compare su muri al centro di Torino già nel maggio-giugno di quell’anno a testimonianza della prima azione di strada del movimento.
Ma a far conoscere il Fuori! a livello nazionale sarebbe stata la protesta inscenata, il 5 aprile 1972, davanti al Casinò di Sanremo, mentre è in corso il Congresso internazionale di sessuologia. A manifestare, tra gli altri, Alfredo Cohen, l’ecofemminista Françoise d’Eaubonne in rappresentanza del F.H.A.R. e Mario Mieli, giunto da Londra a nome del Gay Liberation Front, mentre Angelo Pezzana e Carlo Sismondi, sotto le mentite spoglie di psichiatri, seguono all’interno i lavori congressuali per poi reagire pubblicamente contro la visione patologizzante dell’omosessualità.
In quel 1972 il FUORI! inizia anche a espandersi in tutta Italia con l’apertura di sedi a Bologna, Ancona, Venezia, Napoli, Brescia. Contemporaneamente l’omonima rivista s’impone sempre più come mezzo d’informazione sulla lotta contro le discriminazioni e la tutela dei diritti di persone gay e lesbiche grazie anche al contributo di nomi dal calibro di Fernanda Pivano, Mario Mieli, Mariasilvia Spolato, Alfredo Cohen, Anna Cuculo, Myriam Cristallo e di tanti altri insieme con lo stesso Pezzana. È la linea di quest’ultimo a imporsi al Congresso nazionale del ’74, dove si decide la federazione del movimento al Partito Radicale.
La reazione non si fa attendere con la formazione del gruppo Fuori! Autonomo di Milano, la conseguente uscita dal FUORI! e la trasformazione, all’inizio del 1976, nei Collettivi omosessuali milanesi o Com a opera di Mario Mieli. Di collettivi autonomi, così chiamati perché non federati al Partito radicale e gravitanti a sinistra, ne sarebbero poi nati in tutta Italia nella seconda metà degli anni Settanta.
Mieli sarebbe però rimasto profondamente legato al libraio piemontese, come testimoniano due lettere inedite del 7 marzo 1983 (esposte alla mostra e ora riprodotte nel libro-catalogo), nella prima delle quali il celebre autore degli “Elementi di critica omosessuale”, cinque giorni prima di suicidarsi, esaltava i «bei tempi del FUORI! – intendo prima della federazione col Partito Radicale», e sottolineava la competenza di Pezzana in quanto «mai permise che un mio articolo venisse stampato senza la dovuta cura».
Nella seconda, invece, rilevando che «il professor Rugafiori dell’Einaudi s’è comportato con me in maniera indegna, ho mandato a Giulio Einaudi una lettera d’insulti e il contratto del “Risveglio dei Faraoni” stracciato». Come noto, il controverso romanzo autobiografico, un vero e proprio j’accuse nei riguardi della famiglia Mieli, sarebbe comparso postumo solo nel 1994.
Nella seconda metà degli anni ’70 l’attività del FUORI! è soprattutto caratterizzata dal ruolo co-fondantivo dell’organismo internazionale IGA, oggi ILGA, e dall’azione di attivisti come Enzo Francone, Bruno Di Donato, Enzo Cucco. Pezzana, invece, che s’era imposto all’attenzione generale manifestando nel novembre 1977 a Mosca per la liberazione del regista omosessuale Sergej Iosifovič Paradžanov, vive anche la breve esperienza di deputato radicale, da cui si dimise il 14 febbraio 1979 a otto giorni dalla proclamazione.
Ma è anche il periodo in cui fa parlare ampiamente di sé il FUORI! di Palermo grazie all’operato di Piero Montana e, soprattutto, di Giuseppe Di Salvo, che ne sono i fondatori nel 1976. Sono loro a ideare quel breve corteo d’orgoglio rivendicativo, che, tenutosi nel capoluogo siciliano il 14 gennaio 1977, può considerarsi di fatto come il primo Pride italiano.
Sono soprattutto loro ad animare, insieme con Enzo Francone, Bruno Di Donato e altri militanti palermitani, il convegno “Omosessualità. Orgoglio e pregiudizio”, che ha luogo a Giarre poco dopo l’uccisione dei due “ziti” (fidanzati in dialetto siciliano) Giorgio Agatino Giammona e Toni Galatola. Convegno, questo, preparato da un manifesto di denuncia, che, composto dal brillante Di Salvo ed esemplato sul profetico articolo di Pier Paolo Pasolini “Cos’è questo golpe? Io so”, è, in uno dei pochi esemplari superstiti, anch’esso esposto a Torino per l’importante valore testimoniale
Poco più di un mese dopo da quell’evento, cui aveva partecipato anche un giovanissimo Francesco Rutelli, sarebbe sorto proprio a Palermo – su proposta di don Marco Bisceglia e col coinvolgimento anche di alcuni militanti del FUORI! locale – il primo Collettivo omosessuale dell’Arci, divenuto il 22 maggio 1981 Arci-Gay e nazionalizzato nel 1985 da Franco Grillini con assetto centralizzato e il nuovo nome di Arcigay.
Il FUORI! si era già disciolto coi lavori congressuali di Vico Equense nel gennaio 1982, non senza aver precorso ancora una volta i tempi. Nell’ambito del VII Congresso nazionale, tenutosi a Torino dal 3 al 5 ottobre 1980, il movimento fondato da Pezzana aveva infatti avviato il primo confronto in assoluto su «matrimonio e convivenza omosessuale e lesbica». Il voto sarebbe stato in realtà a favore di un riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso e non già di matrimonio secondo quello che era l’indirizzo di Pannella e dell’intero Partito Radicale.
A distanza di decenni, la terminata stagione FUORI! continua ad avere ricadute positive e a mantenere tratti di attualità. Soprattutto per Angelo Pezzana che, in una lunga intervista rilasciata al produttore Giorgio Bozzo e pubblicata nel libro-catalogo, ha dichiarato: «Oggi tutti riconoscono l’importanza del movimento omosessuale. Tutti riconoscono che fosse necessario e per me è una bella soddisfazione. Però, non riesco a relegare questa cosa nel passato: è ancora nel mio presente, è vivissima».