L’Associazione M&M – Idee per un Paese presenta la proposta: “Oltre l’IRAP? Un contributo al dibattito sulla riforma fiscale”. Il documento prende spunto dall’Indagine conoscitiva sulla riforma del fisco della Commissione Finanze della Camera e del Senato e si inserisce nel dibattito relativo alla conseguente legge delega del governo. La proposta si pone i seguenti obiettivi: ridurre la pressione fiscale; semplificare i tributi a carico delle attività produttive; aumentare l’equità orizzontale del fisco nei confronti di queste ultime.
A oggi, in Italia, le due principali imposte a carico delle imprese sono l’IRES e l’IRAP, che nel 2019 avevano prodotto un gettito complessivo di circa 59 miliardi di euro, oltre il 12,5% delle entrate fiscali dello Stato. Segue una breve illustrazione del funzionamento di questi due tributi.
IRES
L’IRES è una classica corporate tax, presente in molti paesi, ed è stata introdotta nel 2004 in sostituzione dell’IRPEG (Imposta sul reddito delle persone giuridiche). L’IRES è a carico delle società di capitali (Spa, Srl, etc.), ma non delle società di persone e degli autonomi. La base imponibile corrisponde all’utile d’esercizio risultante dal bilancio civilistico, eventualmente incrementato e/o ridotto di alcune voci previste dalla legge (ad esempio, il “Superammortamento”). Sulla base imponibile si applica un’aliquota unica del 24% (fino al 2016 era il 27,5%, nel 2004 era il 33%). Nel 2019 le entrate derivanti dall’IRES ammontavano a circa 33 miliardi di euro. La stima ufficiale più recente dell’evasione di questa imposta (2018) è attorno al 24%.
IRAP
L’IRAP è un’imposta regionale sulle attività produttive, introdotta nel 1997 in sostituzione di una serie di tributi locali (in primis l’ILOR, Imposta locale sui redditi), ed è, insieme alle addizionali regionali IRPEF, fonte di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Altri paesi europei hanno introdotto imposte locali simili all’IRAP (ad esempio Francia e Germania), anche se queste differiscono sensibilmente dalla nostra sia per la determinazione della base imponibile che per le aliquote.
L’IRAP italiana è a carico di quasi tutte le attività produttive, e include quindi, oltre ai soggetti IRES, società di persone (Sas, Snc, Ss) e autonomi. Tuttavia, diverse categorie sono state progressivamente esentate, ad esempio le partite IVA aderenti al regime forfetario e le attività agricole.
Questa tassa è concepita come un’imposta sull’intero valore aggiunto delle attività produttive, di conseguenza la base imponibile IRAP include, oltre all’utile d’esercizio, i costi del personale, le svalutazioni e una lista di accantonamenti. Negli ultimi anni sono state introdotte diverse modifiche che hanno reso l’IRAP uno strumento particolarmente complesso. Il principale intervento è stato nel 2015, con la deducibilità del costo dei lavoratori a tempo indeterminato.
Sulla base imponibile si applica un’aliquota proporzionale variabile, in base alle caratteristiche del soggetto d’imposta e della regione di residenza. Le regioni possono infatti incrementare o ridurre l’aliquota al massimo 5 di 0,92 punti percentuali, differenziando anche per categorie di soggetti. In ogni caso, l’aliquota ordinaria è il 3,9% per la maggioranza delle attività private e l’8,5% per le amministrazioni pubbliche. Oggetto di dibattito attorno all’IRAP è la sua deducibilità dalle basi imponibili IRES (società di capitali) e IRPEF (società di persone, autonomi), ad oggi prevista in misura del 10%.
Nel 2019 le entrate derivanti dall’IRAP ammontavano a circa 25 miliardi di euro (di cui 10,2 dalle Amministrazioni Pubbliche). La stima ufficiale più recente dell’evasione di questa imposta (2018) è attorno al 18,9%.
La proposta
Si discute da tempo del superamento dell’IRAP. A nostro avviso, i tempi sono ormai maturi per procedere all’eliminazione di questa imposta, incrementando l’aliquota IRES fino ad un massimo del 29-30%.
Per i soggetti IRAP che non sono soggetti IRES (ad es. società di persone, partite IVA senza regime forfetario) questo intervento produrrebbe una riduzione del carico fiscale pari al costo dell’IRAP.
Per i soggetti IRES, l’operazione porterebbe comunque a una riduzione del carico fiscale, seppur minore, in quanto un livello IRES sotto il 30% compenserebbe solo in parte gli introiti venuti meno dal superamento dell’IRAP.
Per quanto riguarda la copertura del minor gettito (ancora da stimare), nei prossimi anni le coperture principali potrebbero essere: maggior spazio di bilancio dovuto alla crescita del Pil sopra le aspettative, come indicato dalla NADEF; risorse stanziate negli ultimi 2 anni e non completamente spese; risorse derivanti dal maggior gettito ottenuto con la lotta all’evasione, ancora da quantificare, ma già destinate a un fondo per la riforma fiscale (Legge di Bilancio 2021).
Per il finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale, il minor gettito derivante dall’abolizione dell’IRAP sarebbe a carico della fiscalità generale e il riparto del fabbisogno continuerebbe a seguire i criteri stabiliti dal Ministero della Salute d’intesa con la conferenza Stato-Regioni.
Ratio della proposta
I vantaggi principali del riassorbimento parziale dell’IRAP nell’IRES sarebbero i seguenti:
- Si eliminerebbe un’imposta da sempre percepita come vessatoria per l’impresa e la cui base imponibile è stata progressivamente erosa da una pluralità di interventi normativi, mantenendo comunque il sistema duale di imposizione;
- Si introdurrebbe una semplificazione importante del sistema di tassazione dell’impresa, riducendo i costi di compliance per le imprese, particolarmente gravoso per le PMI. Più specificamente, per le società di capitali l’imposizione avverrebbe su un’unica base (IRES) quasi equivalente all’utile di bilancio civilistico;
- Si unificherebbe in un’imposta unica la tassazione di impresa. L’IRAP si è progressivamente avvicinata all’IRES, sia in termini di soggetti d’imposta, sia in termini di base imponibile. Con l’introduzione del regime forfetario per le partite IVA e di una sempre più lunga lista di deduzioni (anzitutto quella per i costi del personale), le differenze tra IRAP e IRES si sono infatti ridotte, senza eliminare però i costi e le complicazioni addizionali derivanti dall’esistenza di due imposte diverse. L’imposizione sulle imprese sarebbe semplificata e resa più omogenea, a livello sia territoriale che settoriale. Infatti l’IRAP, oltre a non possedere un’aliquota unica, è caratterizzata da una base imponibile potenzialmente molto diversa dall’utile di esercizio (vedi sopra). Di contro, la base imponibile IRES, pur non coincidendo perfettamente con l’utile d’esercizio, è molto più vicina ad esso e quindi di più facile determinazione per i soggetti d’imposta;
- Si ridurrebbe la pressione fiscale sulle imprese, incidendo maggiormente sui soggetti generalmente più “deboli” (società di persone e autonomi). Anche per le società di capitali vi sarebbe un alleggerimento delle imposte, dato che un incremento dell’IRES fino a un massimo del 30% di aliquota non risulterebbe comunque pari al peso combinato di attuale IRES e IRAP;
- Aumenterebbe la profondità delle possibili politiche di incentivo a valere sull’IRES per le società di capitali. Questo risultato si otterrebbe data l’aliquota IRES maggiorata, che consentirebbe di avere maggiori spazi per calibrare politiche di incentivo basate sulle detrazioni/spese fiscali.
- L’imposizione fiscale sulle imprese in Italia diventerebbe più trasparente e comparabile con gli altri paesi. La complessità e il peso dell’IRAP, oltre a essere un costo per i soggetti d’imposta, rendono l’IRES – che dovrebbe essere la corporate tax italiana – molto poco indicativa dell’imposizione complessiva sulle imprese, visto che l’attuale gettito dell’IRES è meno del 70% dell’imposizione diretta su di esse. Un’IRES al 29-30% sarebbe più comparabile con le aliquote estere, come il 25% francese (recentemente ridotta dal 33%), il 25% spagnolo e il 19% britannico (la Germania utilizza invece un sistema più simile a quello italiano attuale, con una corporate tax del 15%, una trade tax del 3,5% e un’imposta municipale simile all’IRAP, che sommate determinano un’imposizione complessiva sugli utili tra il 30 e il 33%).