Due miliardi di euro per l’innovazione attraverso il venture capital. L’Italia punta sulle nuove imprese come volano dell’economia. La cifra è destinata al Fondo nazionale innovazione (Fni) per il venture capital grazie a un emendamento al decreto infrastrutture approvato lunedì 25 ottobre dalle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera.
I due miliardi girati alla causa del venture capital arrivano dalle risorse del Patrimonio rilancio, il fondo da circa 40 miliardi istituito dal decreto rilancio del 2020, che dovrebbe ricapitalizzare aziende con fatturato sopra i 50 milioni. I nuovi fondi verranno assegnati entro il 31 dicembre al ministero dello Sviluppo economico: il ministro Giancarlo Giorgetti potrà utilizzare la somma per sottoscrivere quote o azioni di fondi per il venture capital e per il venture debt.
Il nuovo apporto di risorse al Fondo nazionale innovazione potrebbe aumentare di molto rispetto all’attuale dotazione. Come riporta il Sole 24 Ore, «l’emendamento stabilisce che il conferimento sarà condizionato alla sottoscrizione da parte di Cassa Depositi e Prestiti e di altri investitori professionali di risorse aggiuntive per almeno il 30% dell’ammontare della sottoscrizione del ministero», possibile come detto fino a 2 miliardi.
«Il venture capital è lo strumento migliore per finanziare la nascita di nuove imprese e la crescita delle startup», dice a Linkiesta il deputato Mattia Mor, di Italia Viva. «Fortunatamente il venture capital è cresciuto molto in questi anni. È arrivato a 1,2 miliardi nel 2021, dopo i 700 milioni di investimenti dell’anno scorso. Ma siamo ancora indietro: parliamo di cifre che sono solo una frazione di quelle che vengono investite in altri grandi Paesi europei», aggiunge.
Da anni Mor prova a rendere le startup – che trovano i fondi per crescere e svilupparsi a livello internazionale soprattutto nel venture capital – e la mancanza di investimenti nell’innovazione un tema centrale nel dibattito politico italiano: «Avere un sistema di venture capital meno sviluppato rispetto ad altri Paesi europei rallenta il percorso di crescita dell’Italia. Siamo in ritardo rispetto a Spagna, Francia, Germania. L’Italia è terza economia d’Europa ma solo il decimo Paese per investimenti in startup: un problema ma anche un’enorme opportunità di crescita», dice.
I passi in avanti più significativi, in tempi recenti, risalgono al 2019, proprio con l’istituzione del Fondo Nazionale Innovazione (CDP Venture Capital). Il fondo si inserisce in una cornice che lo stesso Mor aveva contribuito a creare: nel 2018 ha presentato la proposta di legge “Start Act”, un provvedimento che prevede l’incremento dell’importo massimo detraibile per gli investitori privati che investono in startup e Piccole e medie imprese innovative, fondi di venture capital, veicoli societari promossi da incubatori, acceleratori o business angel; un aumento delle aliquote di detrazione Irpef e di deduzione Ires; introduce la deducibilità fiscale del 70% delle spese sostenute per l’acquisizione di startup o PMI innovative entro 4 anni dalla compravendita, e diversi altri incentivi per favorire complessivamente gli investimenti nel settore.
«Dopo tre anni di lavoro parlamentare sul tema, dopo aver depositato la proposta di legge per spingere il Parlamento e i governi a dare priorità a questi temi, ed essere riusciti a eliminare il capital gain per chi investe in startup nel 2021, questo è senza dubbio motivo grande soddisfazione e felicità», dice Mor.
Guardando al futuro, però, anche questi due miliardi potrebbero non bastare. O meglio, rappresentano solo un pezzetto del percorso lungo che ancora c’è da fare. Il lavoro per stimolare l’innovazione e la nuova imprenditorialità italiana di certo non termina qui: bisogna recuperare il terreno rispetto a Francia, Germania, Spagna e altri grandi Paesi europei.
L’Italia avrebbe il potenziale per diventare un Paese sempre più accogliente e attrattivo per chi vuole scommettere sulle idee e il futuro. «Quel che manca di più – conclude Mattia Mor – è una forte capacità di attrazione di talenti esteri disposti a investire qui, nel nostro Paese. Questi 2 miliardi di euro andranno al venture capital italiano, ma servirebbe anche incentivare l’arrivo di investimenti dall’estero. E poi bisognerebbe insistere anche su un altro aspetto: gli incentivi per i risparmiatori a investire i risparmi bloccati nelle startup. Sarebbe un risparmio diverso, che genererebbe molti vantaggi. Queste due riforme sarebbero un game changer per l’Italia».