Iconic A colazione con Diego Crosara

A Milano moda e pasticceria viaggiano di pari passo. Come nel fashion, anche in pasticceria ci sono trend che non passano mai di moda: è il caso del panettone di Marchesi 1824, servito agli ospiti durante tutto l’anno ma impreziosito dai prodotti di stagione.

Il pasticcere di Marchesi 1824 ci racconta il Natale 2021 e fa un bilancio dei suoi tre anni di lavoro presso lo storico marchio: fare bene senza esibizionismi. Ci accoglie sui divanetti verdi dai quali la vista spazia sulla Galleria Vittorio Emanuele in una fredda e soleggiata mattina di novembre. E anche se Diego Crosara non è il padrone di casa da Marchesi 1824, storica pasticceria entrata nel gruppo Prada dal 2014, è però colui che padroneggia in laboratorio tecniche e ingredienti, per migliorare un prodotto e un marchio storici.

Dopo aver riempito il proprio bagaglio professionale pluriennale di consulenza e formazione, da tempo voleva tornare al lavoro dentro un laboratorio “sul campo di battaglia”, come lo definisce; l’occasione si è presentata tre anni fa, in un momento di piena espansione del brand Marchesi 1824 che ha chiesto a lui di divenire responsabile di prodotto e ha messo in cantiere nuove aperture, Londra la prima nel 2019, ma Diego ci anticipa che ne sono previste altre nel prossimo futuro.

Crosara sembra aver lavorato nell’ombra in questi tre anni, ma questo solo perché è nello stile della casa dare avvio a progetti importanti e solo dopo averli impostati iniziare a comunicare il lavoro svolto. Si riconosce il modo di procedere in puro stile milanese: sostanza, lavoro e pragmatismo, tenere un basso profilo che mette al centro il prodotto che finisce per primo sotto i riflettori, per poi mettere in luce le persone che stanno dietro. Come tutti i creatori di moda, Miuccia Prada, che a Milano è nata, al termine della sfilata fa capolino da dietro le quinte per raccogliere gli applausi, forse la più veloce a sparire nel backstage rispetto ai colleghi. Pur essendo la figura di spicco del marchio, solo negli anni è uscita alla ribalta, piano e non sempre in tutte le occasioni.

Oggi il mondo della comunicazione è sempre più strategico, saper fare senza saper comunicare rischia di essere un lavoro a metà e che farà più fatica a imporsi: anche da Marchesi 1824 si iniziano ad aprire un po’ più le porte per far capire cosa c’è, e soprattutto chi c’è, dietro, conferma Crosara.

Il pubblico, oltre agli addetti ai lavori, potrà iniziare a scoprire che in Galleria a Milano non c’è un solo vicentino che fa bene (leggi Cracco) ce ne son almeno due, gli facciamo notare per stuzzicarlo un po’. Un marchio storico può anche permettersi di vivere di rendita, ma se dietro c’è una continua ricerca sulla qualità e una volontà di crescere, è comprensibile volersi raccontare.

A Milano Marchesi 1824, in seguito all’arrivo dei capitali dalla moda, ha come rifondato la propria identità, senza tradire nulla del proprio passato. Mantenendo lo storico palazzo settecentesco della prima sede di Santa Maria alla Porta, dove il fascino del passato continua a farsi sentire, dagli arredi alle scritte d’antan sulla facciata dove ancora si legge “confetteria”. Al tempo stesso con le sedi in Galleria Vittorio Emanuele e in via Monte Napoleone si è poi creato un nuovo sistema. Punti vendita con target diversi: la sede storica riporta alla memoria la vecchia Milano borghese che sotto Natale fa la coda in ordine austro ungarico, paltò e danè, per accaparrarsi il panettone.


In Galleria la sede al centro dell’ottagono attira numerosi turisti di passaggio: l’anticamera accanto agli ascensori ha divanetti posti lì non a caso, spesso occorre attendere per entrare. Il popolo della moda che ruota attorno al quadrilatero, da shopaholic a commesse, si concede spesso un caffè o qualcosa di dolce da Marchesi in Monte Napoleone.

Packaging (le scatole di marron glacé e gelatine vengono collezionate da molti), servizio (attento e in eleganti divise) e cura del prodotto hanno impostato un sistema che oggi viaggia ormai rodato. Il verde delle due nuove sedi milanesi è diventato quasi iconico, almeno quanto i vasi di vetro trasparente colorati da confetti che li riempiono come cornucopie. Quasi un’identità cromatica dove però estetica e sostanza non sono alternative.

Manca solo un mese al Natale e parlarne è inevitabile, partendo dalla base di tutto: la ricetta del panettone. Su quello storico marchiato Marchesi 1824 Crosara è intervenuto portando una ricetta personale, ci racconta, applicata ai grandi numeri che è in grado di realizzare la pasticceria. La fetta di panettone da Marchesi 1824 possiamo mangiarla tutto l’anno, a dimostrazione di quanto questo dolce sia non solo sempre più diffuso ma ormai quasi del tutto decontestualizzato dal Natale.

Qui però anche il panettone conosce la stagionalità, come le collezioni della moda: d’estate fanno la comparsa nell’impasto albicocca e limone, in autunno i marroni, proposti nel panettone per il secondo anno, e a Natale al classico si affianca quello al cioccolato. Gli ingredienti li seleziona Crosara stesso e ci conferma che, a parte la vaniglia, sono tutti italiani, burro incluso per il quale non è sempre necessario valicare le Alpi per trovare un ottimo prodotto.  Le dinamiche del gusto meneghino hanno portato a proporre tra Natale e Capodanno anche la Veneziana, che contiene solo uvetta. Quando ci si innamora del classico spesso si sviluppa anche una passione per il dettaglio: si alza ogni volta l’asticella della qualità, facendo solo apparentemente sempre la stessa cosa e la novità a tutti costi non viene inseguita.

Se i panettoni di quest’anno nella sostanza ripercorrono le proposte dell’anno scorso, chiacchierando con Crosara si scopre che su quello al cioccolato ci hanno lavorato ancora di più: Lorenzo (Bertelli ndr, figlio di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli) ha un palato da professionista, ci racconta Crosara, e gli ha dato lo spunto per dare più intensità al sapore: «Pasta molto scura e dentro pezzettoni di cioccolato, molto artigianale, proprio la barretta rotta a pezzi e non le classiche gocce, con aggiunta nell’impasto di pere candite».

“Fiore all’occhiello” definisce Crosara le decorazioni tutte realizzate a mano che possono venire applicate ai panettoni. Un vero lavoro da certosino, che inevitabilmente rende preziosi e costosi questi particolari panettoni, veri centro tavola natalizi di lusso. Un prodotto importante perché dietro c’è tanto lavoro, ci racconta, e il paragone con il “su misura” e la sartorialità dell’alta moda ci viene spontaneo.

Si parte a gennaio per elaborare il tema di ogni Natale, quest’anno è lo Schiaccianoci, e già da maggio in laboratorio iniziano le prove con i prototipi. Una capacità produttiva che porta a realizzare anche panettoni di 10kg, per i quali oltre agli ingredienti l’aspetto fondamentale è la cottura, sottolinea Crosara, che avviene per ore in appositi forni.

Quest’anno i personaggi dello Schiaccianoci animano le vetrine di Marchesi 1824 ma tra tinte pastello e confetti colorati l’atmosfera un po’ fiabesca qui regna sempre e non ti stupiresti di incontrare una Fata Confetto dietro al bancone o ballare un valzer dei fiori tra i tavoli, ma torniamo coi piedi per terra. Anche sotto il cappello dei capitali Prada c’è ampio spazio per proporre idee e Crosara sembra averne tante, molte le ha già realizzate.

La propria impronta l’ha data ai dolci partendo da dentro: con le moderne tecnologie di pasticceria che ha portato dentro al laboratorio e dentro i dolci stessi, grazie all’attenzione sempre maggiore nella scelta degli ingredienti e con piccoli aggiustamenti. Un lavoro invisibile al consumatore, ma che per i più attenti emerge al palato. Non c’è un prodotto al quale si sente più affezionato, si ritiene soddisfatto quando riesce a migliorare qualcosa che c’era già.

Una delle sfide è stata quella della croissanteria, dove accanto a nuovi ingressi come la veneziana al cioccolato, ci sono classici intramontabili come il budino di riso sui quali lavorare. Crosara è intervenuto di cesello per renderlo ancora più buono, nella frolla esterna e nella crema all’interno (provare per credere). Sull’estetica invece non è intervenuto, una scelta del tutto sensata in questo contesto dove scomporre o rendere di design contemporaneo dolci che hanno una loro riconoscibilità e un pubblico affezionato, semplicemente non avrebbe senso.

La sua “trasformazione dall’interno” funziona molto meglio, preferisce lavorare sulla scelta del riso, sulla crema, sulla friabilità della frolla. Quei dettagli la cui sommatoria fa rima con qualità, che qui c’è sempre stata, e che oggi fa rima con miglioramento.

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