Vasto programmaLe proposte dei cittadini europei sui flussi migratori e la regola dell’unanimità

Nel quarto Panel della Conferenza sul Futuro dell’Europa alcuni hanno chiesto di adottare il voto a maggioranza qualificata nei settori cruciali prima di accogliere qualsiasi nuovo Paese membro. Altri hanno chiesto un servizio di soccorso marittimo europeo permanente e più potere di intervento per l’agenzia Frontex

LaPresse

Era un incontro di cittadini comuni, ma per gli argomenti trattati e le posizioni espresse avrebbe potuto essere scambiato per una riunione dei rappresentanti politici dell’Ue. Il quarto Panel della Conferenza sul Futuro dell’Europa ha toccato infatti alcune questioni cruciali del dibattito comunitario, che negli ultimi anni hanno visto un gran numero di discussioni, ma poche soluzioni concrete. I temi del Panel erano le migrazioni e il ruolo dell’Unione del mondo, affrontati con determinazione e coinvolgimento dai 200 partecipanti: gli orientamenti emersi saranno trasformati in raccomandazioni nel prossimo appuntamento, a Maastricht, dal 14 al 16 gennaio.

Come per i Panel precedenti, anche in questo caso l’evento è stato suddiviso in gruppi di lavoro, afferenti a cinque macro-temi: «autonomia e stabilità dell’Ue», «l’Ue come partner internazionale», «un’Unione più forte in un mondo pacifico», «migrazioni da una prospettiva umana», «responsabilità e solidarietà nell’Ue». 

I gruppi di partecipanti hanno trattato ognuno un aspetto specifico, come ad esempio «la prospettiva etica nei commerci internazionali» o «il processo decisionale nella politica estera comunitaria». Le conclusioni esposte riecheggiano in molti casi valutazioni già note in ambito europeo. Diversi cittadini hanno sottolineato l’importanza di modificare i campi di applicazione del voto all’unanimità, che di fatto crea un potere di veto a disposizione di ognuno dei 27 Paesi, bloccando spesso l’azione dell’Ue 

«L’unanimità compromette il potere decisionale dell’Unione e i rapporti bilaterali fra gli Stati possono interferire con le decisioni comuni», dice ad esempio Inés, una giovane partecipante portoghese. Il suo gruppo di lavoro raccomanda di abolirla nel maggior numero possibile di ambiti. Quello di Luis, un cittadino spagnolo, chiede di adottare il voto a maggioranza qualificata (55% dei Paesi dell’Ue con il 65% della popolazione) nei settori cruciali prima di accogliere qualsiasi nuovo Paese membro.

Il nodo del potere di veto è fondamentale anche in politica estera: un sottogruppo era chiamato a discutere i punti «sicurezza» e «difesa», con il discorso che è velocemente scivolato verso l’istituzione di un esercito comune europeo. Così come accade quando ne parlano eurodeputati e leader nazionali, le posizioni sono anche molto divergenti: c’è chi auspica da subito un aumento della spesa da destinare alle forze armate, chi ritiene utopico un organismo di difesa comunitaria, chi sostiene che la protezione dell’Europa sia garantita meglio dalla Nato.

In generale l’esperienza è stata proficua e il livello della discussione più dettagliato rispetto all’ultimo incontro, spiega a Linkiesta Cristian Vitrani, partecipante triestino. Inserito nel gruppo sull’«internazionalizzazione dell’azione climatica», ha avanzato una proposta concreta: la creazione di un consorzio pubblico-privato europeo per lo sviluppo delle tecnologie da esportare all’estero, in modo da spingere i Paesi in via di sviluppo a convergere verso le politiche ambientali dell’Ue.

Una gestione più uniforme delle migrazioni
I flussi migratori diretti verso l’Unione sono un altro motivo molto attuale di confronto tra la Commissione e i 27 membri. Di recente la questione si declina su vari fronti, dalla crisi al confine tra Polonia e Bielorussia, alle tragiche traversate del Mar Mediterraneo, fino al recente naufragio avvenuto nel Canale della Manica e costato la vita a 27 persone. Proprio mentre a Calais si incontravano per discutere il tema i ministri di Francia, Belgio, Paesi Bassi e Germania, più i funzionari della Commissione e del governo britannico, anche i 200 cittadini europei hanno presentato le proprie soluzioni.

Secondo alcuni di loro, le navi delle Organizzazioni non governative dovrebbero essere rese superflue da un servizio di soccorso marittimo europeo e l’agenzia Frontex dovrebbe disporre di maggiori competenze per intervenire, cosa che ad esempio le è stata vietata al confine polacco. Altri hanno ribadito l’inadeguatezza a gestire il fenomeno migratorio del sistema di Dublino, che impone ai cittadini stranieri di poter richiedere asilo solo nel Paese europeo di primo approdo.  

Nel complesso sembra emergere la volontà dei cittadini di ottenere un approccio più proattivo da parte dell’Ue, che non dovrebbe soltanto rispondere alle crisi ma evitare che si inneschino, e soprattutto una gestione centralizzata di quanto accade sui territori nazionali.

«Per tutti i tipi di immigrazione è necessario un maggiore e migliore coordinamento fra gli Stati europei e fra le agenzie europee che si occupano della migrazione e del sistema di asilo», dice a Linkiesta Laura Maria Cinquini, studentessa toscana che è anche delegata del Panel. Molti dei suoi colleghi hanno espresso posizioni simili, chi focalizzandosi su procedure uniformi in tutta l’Ue (in teoria se ne occuperà la nuova Agenzia europea per l’asilo), chi insistendo sui ricollocamenti dei migranti nei vari Paesi, che dovrebbero essere gestiti e organizzati a livello comunitario, basandosi su criteri chiari come la popolazione, la superficie e il prodotto interno lordo. Proprio la questione della redistribuzione obbligatoria è risultata molto controversa anche nel Pact on Migration, proposto dalla Commissione a settembre 2020 e ancora in stallo

Fondamentale è anche una migliore politica informativa, secondo Cinquini: «Sia all’interno degli Stati europei, perché occorre sensibilizzare le persone sull’argomento, sia all’esterno, perché gli stessi migranti che desiderano entrare in Europa sappiano quali vie legali hanno a disposizione e non arrivino impreparati». Questo aspetto è cruciale, dato che a suo parere molti dei cittadini hanno una conoscenza parziale o distorta del fenomeno: «Negli Stati non se ne parla o lo si fa poco e male, senza sufficiente chiarezza». 

Alla diffusione di informazioni e riflessioni possono sicuramente contribuire i momenti di confronto promossi dalla Conferenza sul Futuro dell’Europa, che con questo incontro conclude il secondo round dei Citizens’ Panel. Il terzo comincerà con un imprevisto: l’incontro del Panel numero uno, previsto a Dublino all’inizio di dicembre, è stato rimandato a data da destinarsi a causa della crescita dei casi di Covid19. Il resto degli appuntamenti è per il momento confermato, ma come hanno sottolineato gli organizzatori, resta vincolato agli sviluppi della pandemia. Il Futuro dell’Europa rischia di essere discusso soprattutto online.

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