La Conferenza sul futuro dell’Europa I cittadini europei vogliono potenziare la tessera sanitaria Ue

Durante la seconda sessione del terzo Panel sono emerse diverse proposte per riformare l’Unione. Dalle cure mediche all’estero, fino alla richiesta di aumentare le ore di educazione fisica e ambientale nelle scuole. Le idee discusse saranno ulteriormente sviluppate tra il 7 e il 9 gennaio a Natolin, in Polonia

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Non è ancora il tempo delle risposte, ma quello delle domande: ne hanno fatte parecchie i 200 i cittadini europei che si sono riuniti nel fine settimana per la seconda sessione del terzo Citizens’ Panel della Conferenza sul Futuro dell’Europa. I temi sul tavolo erano l’ambiente, il cambiamento climatico e la salute, che durante i tre giorni di incontri online sono stati declinati in decine di sotto-argomenti. Le idee discusse ora saranno ulteriormente sviluppate tra il 7 e il 9 gennaio a Natolin, in Polonia, e poi presentate due settimane dopo alla plenaria della Conferenza, alla presenza degli esponenti politici.

Una tessera sanitaria «davvero» europea
Dopo le sessioni collettive all’inizio di ogni giornata di lavori, i cittadini sono stati divisi in sottogruppi e si sono occupati di aspetti specifici, esposti poi nel round di chiusura della sessione. In materia di salute sono emerse varie proposte piuttosto innovative: la prima è quella di una tessera sanitaria europea con caratteristiche più ampie di quella attuale. Leggendola, gli operatori sanitari di tutti i 27 Paesi dovrebbero essere in grado di risalire al dossier medico di ciascun cittadino, in modo da superare eventuali problemi linguistici che renderebbero le cure più complicate. 

Oltre a maggiori fondi per la ricerca e una formazione continua per i dottori, dai cittadini europei arriva anche la richiesta di aumentare le ore di educazione fisica nelle scuole e magari promuovere una «settimana della salute» con iniziative specifiche. Tra i problemi affrontati, anche le difficoltà di usufruire di servizi medici, meno comuni e accessibili per le persone che vivono fuori dai contesti urbani o quelle straniere.

Più alberi, meno imballaggi
Anche le preoccupazioni ambientali sembrano molto presenti nella vita quotidiana dei cittadini nell’Unione europea. Un punto su cui in molti hanno insistito è la necessità di un’educazione ambientale nelle scuole, che comprenda però anche aspetti pratici. Tra le ipotesi avanzate nel sottogruppo «Stili di vita educazione ambientale» ci sono i corsi di cucina utilizzando i prodotti del territorio e programmi di prevenzione con attività fisica, per combattere le malattie come obesità e disturbi cardiocircolatori. «Vogliamo tutti incentivare l’educazione scolastica sul tema, utilizzando anche gli interventi di associazioni non governative per rafforzare le conoscenze degli studenti», spiega a Linkiesta Rossella Pellarin, che di questo Panel è anche delegata. 

L’importanza di uno stile di vita sano, dall’alimentazione alle pratiche sportive, è stata sottolineata da diversi partecipanti, così come il fatto che l’Unione Europea sia un attore poco presente nel campo della sensibilizzazione ambientale.

Alcuni, come Dalmazio Conte, hanno evidenziato come prevenzione e monitoraggio delle specie individuate siano elementi chiave per la difesa della biodiversità. Altri si sono concentrati sulla deforestazione, un problema affrontato di recente anche dalla Commissione europea. Oggetto di intenso dibattito a livello europeo sono pure i temi del benessere animale e dei sussidi agricoli: «Ho parlato agli altri partecipanti delle coltivazioni intensive, che impiegano grandi risorse di suolo e acqua. L’Unione Europea dovrebbe finanziare al contrario i piccoli agricoltori, che operano in contesti più sostenibili», dice a Linkiesta Maria Cinque, un’altra delegata del Panel, collegata da Milano.

«Il nostro modello economico ci induce a consumare prodotti a basso costo, che non vanno bene né per la salute né per l’ambiente», ha detto invece Sara, una partecipante spagnola. Puntare sulle filiere corte e sui prodotti locali è la soluzione emersa dal suo gruppo di lavoro, che ricalca a grandi linee la strategia Farm to Fork della Commissione europea. Così come la necessità di eliminare gli imballaggi e gli utensili monouso sembra sulla stessa lunghezza d’onda di altre recenti iniziative comunitarie. Anche l’idea di un «colore sulla confezione di ogni alimento, per identificare quelli più o meno sani» sembra riecheggiare la necessità di un’etichettatura di immediata comprensione per i consumatori, già avanzata in ambito comunitario.

La clausola del regolamento a favore dei cittadini 
Se gli obiettivi possono essere gli stessi, la partita della Conferenza sul Futuro dell’Europa si gioca soprattutto sulle politiche da intraprendere per raggiungerli. E non è detto che le volontà dei cittadini e quelle delle istituzioni comunitarie coincidano. A questo proposito, il regolamento della Conferenza stabilisce che le raccomandazioni dei cittadini siano discusse dalla sessione Plenaria, incaricata poi di sottoporre le sue proposte al Comitato esecutivo. Quest’ultimo, formato da una rappresentanza di Consiglio, Commissione e Parlamento dell’Ue, elabora quindi le conclusioni «su base consensuale e in piena collaborazione e trasparenza con la Plenaria».

La presenza degli esponenti politici nella composizione della Plenaria è però soverchiante rispetto a quella dei cittadini: 273 tra europarlamentari, deputati nazionali, commissari e ministri, contro 108 cittadini «comuni» e una sessantina di rappresentanti dei corpi intermedi della società. Questa minoranza numerica potrebbe in effetti significare una posizione di svantaggio al momento di prendere le decisioni, soprattutto se i rappresentanti istituzionali agissero in maniera compatta. 

All’articolo 17 del regolamento c’è però una nota a margine, che consente ai rappresentanti «comuni» di manifestare un’eventuale posizione divergente da quella dei rappresentanti politici, che «dovrebbe essere espressa nella relazione del comitato esecutivo». Forse si tratta più di una clausola simbolica che pratica, ma il suo impatto mediatico non va sottovalutato: sarebbe paradossale se le istituzioni europee avessero organizzato una Conferenza per ascoltare il parere dei cittadini e poi decidessero di ignorarlo. 

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