DisegniPerché visitare la mostra dedicata a Saul Steinberg in Triennale, se non l’hai già fatto

Raccoglie e mette in mostra 350 opere tra disegni a matita, a penna, a pastello, opere con timbri e ad acquerello, maschere di cartone, sculture e collage. Nato in Romania nel 1914, Steinberg ha anche un legame forte con l’Italia: si trasferì a Milano negli anni Trenta

«Il mio scopo è trasformare un’idea che ho avuto in un disegno». In queste semplici parole è racchiuso tutto il concetto dell’arte di Saul Steinberg. Rumeno di nascita, italiano di formazione (dato che si trasferì a Milano nel ’33 per frequentare Architettura al Politecnico) e statunitense di adozione. Divenuto in poco tempo uno dei massimi esponenti dell’avanguardia newyorchese, i suoi lavori sembrano ripercorrere gli stili che, dal primo Novecento, avevano caratterizzato l’arte internazionale, dal cubismo al futurismo.

La mostra “Saul Steinberg, Milano New York” (visitabile dal 15 ottobre 2021 al 13 marzo 2022) allestita nella curva al primo piano della Triennale di Milano in collaborazione con Electa, già nel titolo rappresenta il viaggio della sua vita, una sorta di linea senza soluzione di continuità, come quella riportata sui suoi innumerevoli disegni.

I curatori sono Italo Lupi, Marco Belpoliti e Francesca Pellicciari. Belpoliti ha curato anche il volume monografico, edito sempre da Electa, che analizza l’opera di Steinberg visto da chi lo ha conosciuto, studiato o ammirato.

Steinberg stesso affermava che le sue creazioni non appartenevano «né al mondo dell’arte, né ai fumetti, e nemmeno a quello delle riviste». Ma, passando da una disegno all’altro, in fin dei conti si può affermare che appartenevano a tutti e a nessuno.

Dalle interpretazioni della guerra, come «l’alfabeto», agli interni delle abitazioni della Grande Mela tra feste e scene di vita quotidiana dove, in alcuni casi, gli animali assumono sembianze umane, o forse sono gli gli umani che assumono sembianze animali. È un susseguirsi di visioni che, in alcuni casi, ricordano quelle di Federico Fellini, guarda caso suo amico (ma lo fu anche di Cesare Zavattini, tra gli altri).

Domestic Animals, matita, matite colorate e inchiostro su carta, 1983

Parallelamente, negli spazi della Triennale i visitatori della mostra possono osservare le città italiane e quelle americane come se fossero scatti effettuati dal finestrino di un treno. E poi ci sono le copertine della prestigiosa rivista New Yorker che hanno rappresentato la sua consacrazione artistica e ideologica: «Attraverso ciò che faccio con il New Yorker formulo un messaggio politico sovversivo», diceva lui.

Al centro dell’esibizione ci sono i quattro leporelli. Lunghe strisce di disegni in un’unica linea creati dall’artista per Milano, per il Labirinto dei ragazzi, realizzato dallo storico studio di architettura Bbpr nel Parco Sempione nel 1954 in occasione della 10ª Triennale. Queste strisce, parte della donazione alla Biblioteca Braidense, contengono molti dei temi e dei segni artistici che Steinberg ha sviluppato nell’arco della sua carriera.

Tantissime le opere esposte e la maggior parte di esse non hanno mai avuto un titolo, se non quando lo stesso Steinberg non ci ha scritto qualcosa. Ma forse è anche meglio così, perché consentono al visitatore di immaginare l’idea dell’artista e della sua interpretazione visionaria del mondo.

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