Matrimoni strategici La finta frenata di Letta e l’abbraccio populista con i grillini

I socialisti europei non disdegnano otto eurodeputati in più per poter accrescere il loro eurogruppo. L’unione forzata è una questione politica tutta italiana gestita dal segretario democratico e da Di Maio

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Questo matrimonio s’ha da fare, senza correre. La decisione del Partito democratico di consentire l’ingresso degli otto eurodeputati grillini nel gruppo dei Socialisti e Democratici è stata già presa: non dai dem di Bruxelles ma direttamente dal Nazareno. Infatti la questione verrà affrontata la settimana prossima dalla Direzione del Pd da cui uscirà un sostanziale via libera all’operazione. 

D’altra parte ieri nella capitale belga c’era Enrico Letta in persona a discutere con i democratici europei proprio per suggellare che la pratica Movimento 5 stelle è una questione nazionale politicamente (anche se non formalmente) sul tavolo e per rimarcare che il Pd è disponibile a discutere tutto, il che – tradotto – significa che gli otto grillini prima o poi arriveranno. 

Tuttavia ieri non c’è stato il disco verde: «Avete fatto tutto voi giornalisti – ci ha detto Brando Benifei, il capodelegazione Pd – noi siamo aperti a ogni contributo, ma vedremo». Che c’entrano i giornalisti, è dal Nazareno che si è fatta partire l’informazione. Benifei ci ha spiegato che il gruppo S&D è da sempre super-plurale e che dentro già ci sono cose molto diverse, persino una componente danese che chiede finanziamenti per alzare muri anti-immigrati: in questi quadro perché i grillini «che da un anno e mezzo votano sempre come noi» non dovrebbero farne parte? 

Insomma, i soliti secchi di acqua fredda su una nascente polemica interna: non è forse comprensibile che qualcuno si chieda come sia possibile passare in pochi anni da Nigel Farage a Enrico Letta? Ovviamente Carlo Calenda non si è bevuto l’acqua gelata e ha comunque spedito la richiesta di adesione al gruppo Renew Europe di ispirazione macroniana e liberale di cui fanno già parte Sandro Gozi e Nicola Danti, di Italia viva, che ha dato subito l’assenso all’ingresso del leader di Azione. «Ma che, faccio decidere il Nazareno per me?», è sbottato. 

E anche un altro esterno di peso come Giuliano Pisapia non è stato molto contento di come sia stata assunta quella che ormai è una decisione certa.

Ora è senz’altro vero che gli europarlamentari del M5s sono stati negli ultimi mesi molto unitari ma è chiaro che la questione non è questa. Tanto è vero – ce lo ha confermato ieri lo stesso Benifei – che è si tratta di una questione politica tutta italiana, cioè un passo, il primo passo, per stringere un’alleanza politica nel nostro Paese come step iniziale del Nuovo Ulivo, o campo largo o come si chiama. Tutta la pratica infatti è gestita da Letta e Luigi Di Maio, più che da Giuseppe Conte. I socialisti europei lasciano fare, è politica italiana, e poi ben vengano altri otto eurodeputati, più siamo meglio stiamo.

Ma ripetiamo qui l’Europa c’entra poco. E comunque se la dinamica europea è un antipasto di quella nazionale, con l’accordo di ferro Pd-M5s (che può tornare subito utile in chiave Quirinale), ci si chiede se anche da noi la critica antipopulista che pure ha animato pezzi importanti della cultura e della politica della sinistra e dello stesso Pd non possa generare un moto contrario. 

Pochi dubbi, per come stanno le cose in un partito che ha rafforzato un certo senso della disciplina, che la grandissima parte del gruppo dirigente seguirà tranquillamente le scelte del segretario ma dipenderà molto dai liberalriformisti saper offrire una risposta ai critici dell’alleanza più che strategica con il M5s.

A Bruxelles ci stanno provando con Renew Europe, e da noi Sandro Gozi con la sua Renew Italy, presentata oggi al Maxxi di Roma. In ogni caso, Letta tira dritto verso l’abbraccio con gli ex sostenitori dei gilet gialli.

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