Ho avuto l’idea di scrivere questo articolo dopo che un’agenzia cinese mi ha contattato per chiedermi un parere in merito a questo tema: “Dallo scoppio della Covid–19, scrivere libri è diventato popolare in Cina e molte persone sono curiose di sapere come si diventa uno scrittore – e soprattutto se si può diventare ricchi facendolo”.
L’agenzia cinese mi ha contattato perché molti dei miei libri vendono molto bene in Cina. E sanno che sono una persona benestante. Quello che non sapevano è che la ragione per cui posso permettermi di passare tutto il giorno a scrivere libri è perché negli anni sono riuscito a mettere da parte un buon patrimonio e pertanto non ho bisogno di contare su un reddito regolare. Ma questo patrimonio l’ho accumulato come imprenditore e investitore immobiliare, non come saggista, anche se i miei libri hanno avuto successo in alcuni Paesi.
Ogni volta che parlo dei miei libri sui social media, alcuni dei miei follower commentano: «Stai solo cercando di fare pubblicità al tuo libro!» E hanno ragione. Non conosco un solo autore che scriva libri perché non vengano letti – o comprati. Ma quello che questi follower con i loro commenti un po’ invidiosi stanno probabilmente cercando di dire è: «Non ne hai mai abbastanza – vuoi solo arricchirti ancora di più con i tuoi libri». Beh, non avrei assolutamente nulla in contrario!
Tuttavia, mentre sono felice di rassicurare tutti gli invidiosi là fuori, sono anche triste di deludere tutti coloro che vogliono guadagnare soldi scrivendo libri: in quasi nessun’altra professione le ricompense economiche sono così esigue come in quella di autore di libri.
Quanto guadagnano gli scrittori
Lo sapevo già prima di scrivere il mio primo libro, perché mio padre (Arnulf Zitelmann) è un autore di successo i cui libri sono stati pubblicati in molte lingue, anche in italiano. Ma non sarebbe stato in grado di vivere solo con il suo reddito di scrittore. Certo, ci sono delle eccezioni, ma sono diffuse come i vincitori della lotteria.
Secondo Forbes, l’autrice britannica e creatrice di Harry Potter Joanne Kathleen Rowling ha accumulato una fortuna pari a 1,2 miliardi di dollari. La Rowling ha scritto i suoi primi libri di Harry Potter mentre era una madre single che viveva grazie alla previdenza sociale (social security). Il manoscritto del suo primo romanzo di Harry Potter è stato rifiutato da 12 editori. Per il suo primo libro della saga, ha ricevuto un anticipo di 1.500 sterline.
È diventata ricca, naturalmente, ma soprattutto perché i suoi romanzi sono stati adattati come film. In totale, la serie di film è composta da otto episodi ed è diventata una delle saghe cinematografiche di maggior successo di tutti i tempi, con incassi, a livello mondiale, di 7,7 miliardi di dollari.
Prendiamo ora un normale autore. Sarebbe bello se riuscisse a vendere 5mila copie di un libro di saggistica. Secondo le stime, negli Stati Uniti, il libro medio vende appena 500–1.000 copie. Ma immaginiamo che un autore venda 10mila copie del suo libro, il che sarebbe ben al di sopra della media ed è più raro di quanto molti lettori possano pensare. E supponiamo che l’autore riceva una royalty pari al 10 per cento del prezzo di copertina, che – specialmente per un esordiente – sarebbe una cifra straordinaria, perché le royalties dell’autore sono di solito comprese tra il 5 e il 7 per cento del prezzo.
Tuttavia, se l’autore ottiene il 10 per cento, ciò equivale a 2 euro per un libro che ne costa 20. Se il libro vende 10mila copie, sono 20mila euro. Se l’autore ha impiegato due anni per scrivere il libro e prepararlo per la pubblicazione con l’editore, sono 10mila euro all’anno, o circa 830 euro al mese.
È così poco che in Germania – per fortuna – l’autore non dovrebbe nemmeno pagare l’imposta sul reddito. In ogni caso, una donna delle pulizie guadagna di più. E, come ho detto, questo calcolo contiene una serie di ipotesi abbastanza ottimistiche sul numero di copie vendute e sulla percentuale dei diritti d’autore spettanti all’autore.
Naturalmente, la situazione è diversa per un autore che ha scritto diversi libri, tutti ancora disponibili e venduti. In questo caso, l’autore ha costruito una “backlist”, come viene chiamata in gergo editoriale.
E che dire di un autore i cui libri – come nel mio caso – sono venduti non solo nel proprio Paese, ma in molti Paesi? Il reddito aggiuntivo che ne deriva è di solito trascurabile, anche se – come nel mio caso – l’autore vende più libri in Cina che in Germania, per esempio. La Cina è un grande mercato, ma se si converte il prezzo del libro in valuta cinese in euro o dollari, non è molto. Inoltre, l’editore che per primo ha pubblicato il libro nel tuo Paese d’origine tratterrà una parte significativa delle royalties.
Questo perché, nella maggior parte dei casi, gli autori assegnano i diritti di pubblicazione globale dei loro libri al loro editore “di casa”. Se non lo fanno, devono vendere da soli i diritti del loro libro in altri paesi (il che è difficile) o assumere un agente (che chiederà anche una parte delle royalties, con il 25 per cento che è un tasso abbastanza normale).
Il self-publishing come alternativa?
Considerato quanto sopra, alcuni autori oggi si stanno rivolgendo al self-publishing come alternativa. Ci sono molte aziende che aiutano un autore a pubblicare un libro senza il coinvolgimento di un editore, gestendo molte delle fasi del processo di auto-pubblicazione e assicurandosi anche che il libro sia disponibile attraverso le principali piattaforme di libri online (come Amazon in Europa e negli Stati Uniti).
Con il self-publishing, l’autore riceve molto di più per libro che con un editore tradizionale. Ma l’autore deve farsi aiutare da un proprio editor e correttore di bozze, oltre che da un grafico per creare la copertina. Anche questo costa denaro – e non consiglierei a nessuno di pubblicare un libro senza prima averlo fatto passare per un editor e correttore di bozze professionista. Dopo tutto, pochi autori sono stilisticamente precisi o hanno la perfetta padronanza dell’ortografia come gli editor e i correttori professionisti.
Poi c’è il fatto che gli autori che ricorrono al self-publishing sono anche responsabili della promozione dei loro libri. Naturalmente, ogni autore dovrebbe comunque fare pubblicità ai propri libri, anche se ha un editore, perché la maggior parte degli editori non sono particolarmente abili nel fare campagne di marketing. Per l’editore, ogni libro è solo uno dei tanti.
Quindi sì, il self-publishing può funzionare, ma in molti casi le vendite saranno molto più basse che con un editore a causa della mancanza di distribuzione e marketing. Inoltre, è improbabile che un libro autopubblicato sia recensito su giornali e riviste. Di conseguenza, le royalties più elevate per ogni copia venduta sono spesso bilanciate dal fatto che si vendono meno copie.
“La vanità è una parte essenziale del processo di scrittura”
Non fraintendetemi. Non voglio scoraggiarvi dallo scrivere libri. Al contrario, scrivere è la mia attività preferita in assoluto. Attraverso la scrittura, si crea qualcosa che durerà. Ti senti felice e orgoglioso quando finalmente tieni il tuo libro finito tra le mani, e sei ancora più felice quando leggi recensioni e articoli positivi sul tuo libro. Per un autore, queste recensioni positive sono l’equivalente degli applausi che un musicista riceve dal suo pubblico.
Ma se stai puntando a diventare ricco, allora diventare uno scrittore non è una grande idea. Le probabilità sono bassissime – anche se questo, naturalmente, non significa che sia completamente impossibile. Scrivere un libro può anche, in qualche misura, ripagarti finanziariamente in maniera indiretta. Se hai scritto un libro di saggistica, sarai considerato un esperto dell’argomento. E gli esperti, ad esempio, vengono invitati a tenere conferenze, che sono spesso meglio pagate dei libri.
In ogni caso, gli autori non scrivono per arricchirsi, ma perché – come me – hanno un messaggio che vogliono trasmettere. O perché (questo vale anche per me) tendono ad essere piuttosto vanitosi.
Il noto critico letterario tedesco di origine polacca Marcel Reich-Ranicki disse una volta in un’intervista: «Senza vanità, non ci può essere scrittura. Non importa se sei uno scrittore o un critico letterario, la vanità è una parte essenziale del processo di scrittura. Altrimenti non si crea nulla. Thomas Mann era una primadonna, Richard Wagner anche, e così pure Goethe e, naturalmente, Schiller».