«Più di ogni altra arte il teatro non potrebbe mai essere separato dal luogo dove nasce», diceva Jean Duvignaud, sociologo, drammaturgo e romanziere francese del secolo scorso. Leggendolo al contrario, ci si accorge che, quando i contesti e le persone che li abitano sono investite da metamorfosi importanti, anche il teatro, come forma culturale, è destinato a cambiare. Specialmente se si verificano trasformazioni così profonde e radicali come quelle attraversate da Milano negli ultimi quindici anni, che ne hanno rimodellato il volto facendo perno proprio sulla cultura.
Come è cambiato il teatro a Milano? Quale pezzo di città, oggi, è rappresentato sui palcoscenici delle sue arene culturali? Chi viene raccontato?
C’è una specie di periferia della Renaissance meneghina che proprio il teatro può narrare, portandone sul palcoscenico personaggi e le trame. Se ne incarica, nei weekend fino al 5 dicembre, la prima edizione de “La linea del colore”, rassegna di teatro sociale che va in scena presso lo spazio teatrale Quarta Parete, all’interno della stazione di Porta Vittoria in viale Mugello a Milano.
Un’area di confine della città, a due passi sia dal centro sia da zone che sono oggetto, oggi, di importanti progetti di riqualificazione urbana ,come l’ex-macello in via Molise, dove sorgerà il nuovo campus Ied.
La rassegna si rivolge alle periferie, coinvolte non solo come pubblico ma anche come partner creativo, co-produttore delle pièce e dei contenuti della manifestazione, comprendendo anche la realtà dell’immigrazione. «Lavorare con chi proviene da altri Paesi si è rivelato essenziale nella costruzione del percorso di programmazione», spiegano i promotori della rassegna, la compagnia teatrale Animanera, «chi meglio di loro può raccontare le ferite, i dolori, ma anche la forza che nasce quando si scontra con la vita?».
Attraverso la collaborazione di una rete di realtà attive in città, come lo Sportello immigrazione del Comune, la Scuola civica di cinema, Teatro Utile, Arte Passante, Rete Corvetto, i Cpia Milano e l’associazione La Tenda, approda così sulla scena del festival un mondo multiforme e variegato della Milano al di là della “circonvalla”, il confine tra “chi è dentro” e “chi è fuori” dalla città dei record di modernità.
C’è la storia surreale del fattorino di uno dei tanti delivery service che d’improvviso, per poco più di un ritardo produttivo, deve difendersi dal sospetto di essere un pericoloso terrorista in lotta contro la gig Economy. O la vita sessuale e affettiva dei “diversi”, messa in scena dai suoi reali protagonisti, come Giorgio Cossu (affetto da tetraparesi spastica), Barbara Apuzzo (artrogriposi), Antonia Monopoli (disfasia di genere), Yudel Collazo (che ha, semplicemente, la pelle nera: ma basta questo per sentirsi diversi). O ancora le autobiografie di giovani immigrati, Victory Oduabong e Zacaria Toure, a cui la rassegna offre un palco e un pubblico.
Un caleidoscopio di storie e di voci che raccontano, ognuna dalla sua prospettiva, la realtà della differenza in tutte le sue forme: di genere, identitaria, sociale, razziale, religiosa, sessuale, generazionale. Il tutto in un luogo – Quarta Parete – che è già una storia a sé.
È nata dall’idea di Anna Ginevra Ongaro, attrice milanese venuta a mancare a trent’anni per un cancro che voleva offrire ai suoi colleghi giovani attori e registi uno spazio per provare, studiare, sperimentare, ricercare. Si sviluppa in una struttura che parla di rigenerazione urbana, la stazione di Porta Vittoria che Rfi, d’accordo col Comune, ha messo a disposizione dell’associazione Artepassante. Sarà quindi attraverso le pareti vetrate e i mezzanini della metro che i passanti, stupiti, potranno assistere agli spettacoli di questa rassegna sui generis.