Fatti più in là Il centrodestra imballato e la strada obbligata per il Quirinale

Invece di seguire la chimera dell’elezione di Berlusconi, Forza Italia dovrebbe lavorare con discrezione e serietà a una candidatura di centro, costruendo una valida candidatura con il Pd e il gruppo allargato intorno a Matteo Renzi

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La destra italiana dovrebbe cogliere l’occasione dell’elezione del nuovo Capo dello Stato per fare politica e dare un contributo positivo per sciogliere quello che a oggi sembra un vero e proprio rebus. A guardare con obiettività la situazione, la destra appare però imballata nelle sue stesse contraddizioni. Già sentiamo la replica: e allora il Pd? 

Certo, il partito di Enrico Letta, e non parliamo poi di quello di Giuseppe Conte, sono fermi, aspettano, peraltro comunicando all’esterno la paura di sbagliare che li attanaglia. Ma la destra, in teoria, non dovrebbe essere più compatta? Non ha forse un seppur leggero vantaggio nei numeri? Non dovrebbe insomma avere in mano il boccino della partita? Eppure la sua immagine, specchio della sostanza, è tutt’altro che smagliante.

I capi si riuniscono a Villa Grande, l’Arcore trapiantata sull’Appia antica, ove mangiano e bevono con Silvio Berlusconi che pensa di rimbambirli con le chiacchiere sulla possibilità che egli vada al Colle, ma mentre lui parlava quelli – abbiamo letto questa testimonianza anonima di uno dei presenti all’ultimo pranzo – «guardavano nel loro piatto», malcelando l’imbarazzo e spostando più in là il momento in cui qualcuno dovrà pur dirgli che non se ne fa niente.

Come in una ben più famosa Ultima cena forse anche nell’ultimo pranzo a Villa Grande c’era qualche traditore, perlomeno qualche falso adoratore del vecchio Capo che da parte sua avrebbe preteso già in quella sede un impegno solenne. Come al solito, Gianni Letta, un uomo che conosce i suoi polli, ha suggerito di rinviare ogni decisione ai primi di gennaio, comprendendo che la partita di Berlusconi è persa in partenza a causa dell’ostilità del centrosinistra in versione Campo largo, giacché Italia viva ha escluso la possibilità di votare per il divisivo Silvio. 

È vero che quest’ultimo spera di accalappiare in un modo o nell’altro diversi consensi nella grande palude di fuoriusciti ex grillini e di anime morte senza partito: ma 505 voti (quanti ne servono alla quarta votazione) sono davvero parecchi, tanto più, come si calcola in queste ore in Parlamento, che i franchi tiratori anti-Berlusconi sarebbero molti, specie nei due partiti sovranisti, Lega e FdI, che non vedono l’ora di togliersi camillerianamente Berlusconi dai cabasisi per sancire il loro pieno dominio sul centrodestra. 

Altri nomi forti la destra non ha. Letizia Moratti è già sparita dai radar, la Casellati ancora no ma a parte lei nessuno ci crede. Si dice che Berlusconi, dopo essere andato a sbattere nelle prime votazioni, potrebbe posare lui stesso la spada sulla spalla di Mario Draghi diventandone il kingmaker: ma sarebbe un errore anche questo, perché il presidente del Consiglio eviterebbe in ogni modo una simile sponsorizzazione. Per fare politica dunque è necessario che la destra si liberi presto dall’abracadabra berlusconiano che la sta paralizzando. 

E che giochi seriamente una partita tutta politica senza l’ingombro dei velleitarismi del vecchio Capo. Anzi, a gestire questa fase – e non è detto che non andrà così – dovrebbe essere proprio Gianni Letta. Perché qui bisognerà trattare. E il Cavaliere sul Quirinale non ha mai dato grande prova, ogni volta dovendo alla fine sempre subire: non tanto Carlo Azeglio Ciampi quanto Giorgio Napolitano e infine Sergio Mattarella.

C’è una sola strada che la destra potrebbe imboccare senza fare disastri a se stessa e al Paese: quella di lavorare con discrezione e serietà a una candidatura di centro – Giuliano Amato o Pierferdinando Casini o, con una chiave diversa, Marta Cartabia – costruendo una unità di intenti con il Partito democratico e il gruppo allargato intorno a Matteo Renzi (Conte, per definizione, non è un problema: fa quello che gli dice Goffredo Bettini). Potrebbe così co-intestarsi la soluzione del rebus e automaticamente concordare con gli altri partiti un accordo politico per far proseguire il governo Draghi fino alla fine della legislatura mettendo in cantiere una nuova legge elettorale. La destra così non si farebbe male. E data la qualità dei suoi gruppi dirigenti attuali non sarebbe un risultato da poco.

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