Campanilismi dolciariNon è solo il Paese del panettone

A Natale non si mangiano solo i classici lievitati: l’Italia vanta una notevole tradizione di pasticceria natalizia. Con gli studenti del Corso superiore di Alma abbiamo scoperto i dolci locali tipici delle feste, che variano persino di quartiere in quartiere mantenendo un’unicità regionale

Ogni tanto è bene ricordarlo: Natale non è solo panettone e pandoro. C’è tutto un mondo di tradizioni iper-locali, nel variegato ricettario che si sviluppa sul territorio italiano, legate alle Feste. Un mondo che va oltre i lievitati più blasonati, i quali negli ultimi anni hanno preso spazio mediatico (il panettone è ormai terreno di scontro, oggetto di sfide tra pasticceri in una eterna sequela di concorsi e kermesse) e conquistato territori inesplorati (come il Sud e i consumatori più giovani). Magari, a caratterizzare il fine pasto più importante dell’anno, è la creazione di una singola pasticceria, fortunata quel tanto che basta per conquistare una regione intera. Oppure è un’evoluzione di una nobile ricetta nata per banchetti rinascimentali, e da allora rimasta legata alle tavole delle occasioni importanti. Ancora, può essere la sequenza infinta di affinamenti casalinghi a trasformare un dolce semplice in un classico delle festività. Sta di fatto che le specialità sono tantissime e ognuna ha una sua storia. Abbiamo provato a ricostruirne alcune con l’aiuto degli studenti del Corso superiore di pasticceria della scuola di cucina Alma, di Colorno (Parma) e dei docenti di cultura gastronomica Fabio Amadei e Irene Loddo. Il lavoro di ricerca sui dolci legati alle tradizioni locali è parte del piano di studi e negli anni gli studenti hanno scovato vere e proprie chicche.

«Non sono dolci dimenticati, godono di un buon successo a livello locale, sui loro territori», spiegano Amadei e Loddo. «Magari da riscoprire, rilanciare, se vogliamo. Però il confinamento nei limiti dell’artigianalità di molte di queste preparazioni è forse il loro pregio». Le ricette variano di città in città, persino di quartiere in quartiere. «Questo deriva dalla storia della nostra penisola, estremamente diversificata per disponibilità e utilizzo di materie prime, per i mille campanili che creano il territorio italiano. Il prodotto alimentare diventa un elemento di identificazione della comunità locale. Magari con materie prime simili, in area circoscritte si creano dolci diversi».

Un elemento in comune: il dolce come proposta eccezionale, da grande occasione. «Quando non esisteva altro che una cucina povera, contadina, l’utilizzo dello zucchero nelle ricette era dimostrazione di potere politico ed economico. Ce lo raccontano i ricettari medievali: poter usare lo zucchero era segnale di eccezionalità. Oggi è una commodity e tendiamo a dimenticarcene», ci racconta Amedei. Curioso che ora la tendenza sia di abbassare il più possibile la quantità di zucchero nelle ricette dei dolci. «Secondo le teorie rinascimentali», chiude Irene Loddo, «il dolce era considerato il sapore perfetto, vicino a una essenza divina. Faceva necessariamente bene. Oggi, dopo un periodo di disponibilità ben maggiore, siamo all’opposto». Però nessuno ci vieta di curiosare tra le tradizioni meno conosciute, con un breve – e non esaustivo – viaggio, da Nord a Sud.

ZELTEN
Area geografica: Trentino – Alto Adige
È anche chiamato “celtreno” o “pane di frutta”. La base è un composto di fichi secchi, uvetta, datteri, mandorle, noci, pinoli, canditi su cui si versa succo d’arancia, grappa (o brandy) e zucchero. L’impasto viene fatto riposare una notte e poi bagnato con rum profumato con chiodi di garofano, cannella, pimento e anice stellato. Nella ricetta originaria all’interno dell’impasto veniva inserita la farina di segale, oggi solo raramente presente nella versione tirolese che si distingue anche per la varietà di forme (ovale, rettangolare, rotonda, a cuore). In antichità lo zelten non prevedeva, come oggi invece accade, la presenza di frutta candita, elemento che risale al XVIII stando a un manoscritto conservato nella biblioteca di Rovereto.

GUBANA
Area geografica: Friuli-Venezia Giulia – Valli del Natisone (Cividale del Friuli – si consuma anche nelle province limitrofe).
Il nome è di probabile origine slovena. “Guba” significa piega. Rimanda all’atto di avvolgere, modellare l’impasto in una tipica forma a chiocciola. L’impasto lievitato viene steso e poi coperto da uno strato di ripieno composto da noci, pinoli, biscotti secchi, cannella, uva sultanina, miele e grappa. Si procede alla chiusura per arrotolamento facendo in modo che il ripieno non fuoriesca. Fa la sua prima comparsa in ricette risalenti al 1400 e trova fortuna nei banchetti rinascimentali delle famiglie nobili dell’area. Veniva preparato solo nelle occasioni importanti ed è diventato simbolo della tavola natalizia e di quella pasquale.


NADALIN
Area geografica: Verona
Il nome è un chiaro rimando alla festività natalizia di cui è simbolo. Lo possiamo considerare a tutti gli effetti come l’antenato diretto del pandoro: i due dolci condividono ingredienti e forma a stella. Il Nadalin, però, è più compatto, meno soffice, più basso del pandoro a cui siamo abituati. Lo si può trovare nelle pasticcerie e nei forni della città veneta. Non ha subito il processo di industrializzazione che ha invece interessato il suo giovane erede.

BISCIONE REGGIANO
Area geografica: Reggio Emila e provincia
Il nome richiama la forma di un serpente, simbolo di scongiuro e animale preposto alla difesa dei tesori. L’impasto di mandorle trite, zucchero, albumi e sassolino viene modellato a forma di biscia per poi essere ricoperto da una meringa cesellata a formare le fattezze dell’animale che, all’interno dell’iconografia, rappresenta il fluire dell’anno che sta per terminare per poi iniziare di nuovo. A inizio ‘900 il pasticcere Nazzani per gratificare nel giorno di Natale i suoi dipendenti realizzò per loro quello che sarebbe diventato uno dei dolci più tradizionali della città. Oggi viene preparato nelle pasticcerie e nei forni della di Reggio Emilia durante tutto il periodo di Natale o, su prenotazione, per qualche occasione speciale.

SPONGATA PONTREMOLESE
Area geografica: Pentremoli e Lunigiana (Massa – Carrara)
Il suo nome deriva dal latino “spongia”, ossia spugna, e richiama sia la consistenza del ripieno sia la superficie bucherellata dell’involucro. La Spongada è una torta bassa e piatta, composta da un impasto sottile e croccante (pasta matta o pasta frolla) che avvolge una farcitura di colore più o meno bruno, ricca di frutta secca, canditi, miele, vino bianco, spezie, solitamente decorata con zucchero a velo. È un dolce natalizio molto antico conteso tra varie zone geografiche: Toscana, Liguria e Emilia-Romagna; a seconda delle usanze, compare con diverse varianti. Un tempo veniva chiamato “dolce del pellegrino” perché ricco di calorie e quindi adatto a sostenere il cammino dei viandanti, ma anche perché poteva essere conservato a lungo. Questo dolce veniva preparato nella stagione invernale a partire da Ognissanti e si conservava a lungo in recipienti sigillati; oggi, invece, è un prodotto che viene preparato tutto l’anno, quindi di facile reperibilità, ma il periodo ottimale in cui gustarlo rimane sempre quello natalizio.

FRISTINGO
Area geografica: Marche, Pesaro e Piceno.
Molte le varianti linguistiche: pistringo, frostenga, fristingo… sebbene quella più accreditata fa capo alla parola “frusto”, ossia malridotto, misero, frugale. Esistono diverse varianti, ma due sono le versioni più importanti: una afferente all’area del Pesarese, in cui viene impiegato l’olio d’oliva come legante, l’altra collegata all’area del Piceno, in cui è una massa di pane a legare gli ingredienti (anche nota come «pizza di fichi»). A una base di fichi, noci e mandorle negli anni sono stati aggiunti cacao, mosto cotto, rum, uva sultanina, canditi. Un dolce natalizio i cui ingredienti erano facilmente reperibili durante il periodo invernale.

PANPAPATO – PAN PEPATO
Area geografica: Umbria. Con alcune varianti anche: Toscana, Lazio, Emila Romagna. Circa l’origine del nome esistono diverse teorie. C’è chi l’attribuisce a pan del papato e chi invece pensa sia stato denominato pan-pepato in quanto la ricetta prevede l’utilizzo di pepe. Resta comunque la sua forma a papalina a ricordare ancora la sua presunta origine ecclesiale. Gli ingredienti che lo caratterizzano sono le spezie, in particolare il pepe, e la frutta secca. Nell’area umbra è peculiare l’impiego del mosto, tuttavia molte le varianti che oggi lo sostituiscono con il cioccolato. La ricetta di questo dolce ha radici antiche, non facilmente rintracciabili. Nei conventi frati e suore usavano preparare il panpepato durante le festività del Natale. Oggi viene preparato nelle case e regalato durante le festività o venduto nelle pasticcerie del territorio.

PANGIALLO ROMANO
Area geografica: Roma e province
Il Pangiallo è un dolce di origine romana quando, durante i Saturnali (festività legate al mese di dicembre dedicate a Saturno), veniva preparato uno speciale pane color dell’oro, a richiamare la luce che sarebbe riiniziata a brillare dopo il solstizio. Il nome allude dunque al colore giallo e alla luce che successivamente, in epoca cristiana, fu assimilata alla figura di Cristo. Prevede un interno composto di farina, miele, frutta secca e canditi e un involucro color giallo ottenuto grazie allo zafferano. Se fino a pochi decenni fa era difficilmente reperibile in commercio, oggi si trova normalmente nei forni locali. Inoltre, viene preparato in casa secondo ricette che presentano tra loro piccole variazioni dettate dalla soggettività del gusto e dall’area geografica.

CALZONCELLI DI CECI
Area geografica: Basilicata, in particolare Melfi.
“Calzoncello” si ricollega all’idea di un piccolo calzone, una preparazione, spesso cotta mediante frittura, che prevede una pasta esterna atta a racchiudere una farcia. Si tratta di cialde friabili cotte al forno e ripiene di mandorle tritate, zucchero, cioccolato, farina di castagna, buccia d’arancia grattugiata, vino bianco. Dagli avanzi della sfoglia deriva un altro dolce tipico, della Basilicata ma anche della Puglia, che consiste nella creazione di coroncine di pasta fritta: le scartellate o cartellate. Un tempo i Calzoncelli non contenevano mandorle e frutti pregiati, dunque, rappresentavano una forma di dolce accessibile a tutti. Venivano impiegati ceci e castagne, entrambi prodotti che si trovano in abbondanza in questo territorio e che venivano consumati soprattutto nella stagione invernale. In antichità invece della cottura in forno si prediligeva la frittura nello strutto.

BUCCELLATO SICILIANO (‘U CUCCIDDATU)
Area geografica: Caltanissetta e, con alcune varianti, in tutta la Sicilia.
Il buccellato, chiamato a seconda delle zone anche virciddratu, cucciddatu (dal greco, coroncina), vucciddratu, ha la forma di un ciambellone, ma si può trovare anche a forma di ciambelline o addirittura di quadrati, decorati con glassa di zucchero, con frutta secca e candita, o semplicemente con dello zucchero a velo. È un dolce che viene conservato a lungo, almeno durante tutto il periodo natalizio. I pasticceri locali tendono ad acquistare i prodotti (i fichi e la frutta secca) dai piccoli contadini del proprio paese perché i buccellati «vengono bene se i prodotti son di casa», così si ritiene in queste zone. Il dolce viene proposto nelle pasticcerie, ma rimane viva la tradizione della preparazione casalinga.

PANI ‘E SABA
Area geografica: Sardegna
La forma e gli ingredienti di questo dolce differiscono da paese a paese. Il caratteristico colore scuro è determinato dalla presenza di saba, un liquido ottenuto da un lento processo di addensamento del mosto d’uva. Gli ingredienti principali (la pasta acida, la semola e l’acqua) vengono fatti lievitare; poi viene aggiunta la farina di grano duro, la saba, l’uva passa, la buccia d’arancia candita, il miele, le uova, il finocchietto, i pinoli, le noci e le mandorle. Il dolce viene poi diviso in panetti, fatto ri-lievitare e cotto in forno. Veniva preparato dalle donne per Natale e Ognissanti. L’origine è facilmente rintracciabile nell’ambito rurale e contadino.

In collaborazione con Alma – Scuola di Cucina 

 

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