La campagna elettorale di Emmanuel Macron procede ancora lentamente. Anzi, in realtà non procede affatto, dal momento che il presidente in carica non si è ancora un candidato ufficialmente per la rielezione. Così, mentre gli occhi di media e osservatori politici spiano gli altri candidati, da Eric Zemmour a Marine Le Pen fino a Valérie Pécresse, Macron si concentra sull’inizio del turno francese alla presidenza del Consiglio dell’Unione europea che inizierà a gennaio.
Giovedì, all’Eliseo, Macron ha lanciato la sua campagna d’Europa in due ore di conferenza davanti a un centinaio di giornalisti, parlando della costruzione di una Difesa europea, della riforma del Patto di stabilità e dello spazio Schengen, poi tutte le altre priorità del prossimo semestre a guida francese. Ha anche annunciato un vertice a marzo incentrato sull’economia.
Ma nelle parole del presidente francese c’era un sottofondo, una sfumatura di politica interna. «Macron ha scelto di iniziare la sua presentazione di un’ora all’Eliseo di Parigi con un’iniziativa ambiziosa, qualcuno potrebbe dire missione impossibile, per riformare il funzionamento della zona Schengen senza visti e portare avanti il pacchetto migratorio europeo», ha scritto Rym Momtaz in un articolo su Politico Europe.
È un argomento delicato, un terreno scivoloso: nessuno degli ultimi leader europei è riuscito a portare avanti una battaglia in questo ambito negli ultimi anni, in Europa. Ma è chiaro che il bersaglio di Macron fossero gli elettori francesi.
I principali candidati alle elezioni presidenziali francesi che si terranno ad aprile 2022 hanno fatto della migrazione un punto centrale dei loro discorsi, soprattutto i candidati di estrema destra Eric Zemmour e Marine Le Pen – che ad oggi sommano circa un terzo dell’elettorato francese.
«Per questo motivo la capacità di Macron di dimostrare ai cittadini francesi che l’Unione europea li avvantaggia a livello personale e quotidiano sarà fondamentale nella sua corsa alla rielezione presidenziale, perché è il politico più europeista nell’arena ed è il collante che tiene insieme il suo elettorato misto», scrive Politico Europe.
Con le elezioni in arrivo in primavera, la presidenza francese del Consiglio dell’Unione europea diventerà un’occasione per fare campagna elettorale. La sovrapposizione temporale tra i due eventi crea di fatto un’opportunità unica.
Giovedì in conferenza stampa Macron ha sottolineato la necessità dell’Unione europea di creare un meccanismo di risposta alle emergenze, da attivare quando le frontiere esterne sono minacciate: occorre strutturare un meccanismo di emergenza e rinforzare le forze dell’ordine nazionali quando necessario, «un’Europa sovrana è per me soprattutto un’Europa capace di controllare le sue frontiere», ha detto il presidente francese.
Dopo aver esposto la sua visione per la riforma di Schengen, Macron ha delineato una visione decisamente francese di come il mercato europeo e la ripresa dovrebbero essere modellati con più protezioni sociali e più creazione di posti di lavoro.
«La nostra Europa – ha detto il capo dell’Eliseo – dev’essere un’Europa in cui si può produrre, creare ricchezza. Dobbiamo avere un’ossessione, creare posti di lavoro e combattere la disoccupazione».
L’immagine di un’Europa in grado di creare ricchezza e posti di lavoro non è casuale. I cittadini francesi, sono i più euroscettici in Europa secondo un recente sondaggio, al pari dei greci, e da tempo considerano il mercato unico europeo una sorta di buco nero che ha assorbito posti di lavoro e stipendi a causa dell’ingresso dei lavoratori dell’Europa orientale nel mercato.
Macron ha anche affermato di volere che gli accademici lavorino a una “storia dell’Europa”, un’operazione che nelle ultime settimane è tornata al centro del dibattito pubblico a causa di Zemmour. «Vorrei che lanciassimo un ampio progetto sulla storia dell’Europa in un momento in cui il revisionismo storico si sta affermando in diversi paesi ed è utilizzato da poteri che vogliono sfidare i nostri valori», ha detto, facendo (molto probabilmente) riferimento ad alcuni tentativi di revisionismo da parte dei governi di Ungheria e Polonia.
Tra l’altro lunedì il capo dell’Eliseo volerà in Ungheria per incontrare il leader sovranista Viktor Órban e i rappresentanti dei Paesi di Visegrad. «Abbiamo divergenze politiche ma Orban è un partner e dobbiamo lavorare insieme per la nostra Europa», ha detto il presidente, promettendo di difendere i valori europei.
Sembra che Macron stia calibrando con la massima attenzione ogni sua mossa, sapendo di essere in aria di campagna elettorale pur non essendo ancora formalmente candidato. Il baricentro delle prossime elezioni si è spostato a destra rispetto al passato, a causa dei suoi tre avversari principali: Le Pen, Zemmour e della candidata dei Républicains Valérie Pécresse, che è in aumento nei sondaggi – oggi è intorno al 20%.
Dall’altro lato, a sinistra, la sindaca di Parigi e candidata socialista Anne Hidalgo propone delle primarie per tutti i candidati di sinistra: l’idea è quella di trovare un candidato comune e provare a vincere le presidenziali. Sono sette, al momento, i candidati di sinistra alle elezioni presidenziali, considerando solo quelli che hanno una chance di racimolare le 500 sponsorizzazioni necessarie.
Ma la strategia per evitare la frammentazione sembra ancora un po’ troppo fumosa e forse non è la soluzione immediata ai problemi della sinistra: ad oggi l’insieme delle posizioni progressiste in Francia vale meno del 25%, almeno nelle intenzioni di voto a diversi mesi di distanza dalle urne.
Secondo la sindaca di Parigi «molti cittadini parteciperebbero alle primarie perché vogliono ritrovare la speranza. Bisogna prenderne atto: se non faremo questa unione, non ci sarà possibilità per questa sinistra di continuare a esistere nel nostro Paese».