È stata la prima capitale di Israele (dal 1948 al 1949), ospita un quartiere di case in stile Bauhaus unico al mondo. Mescola slancio liberal, aperture e innovazione ma anche rispetto per la storia e la tradizione. A Tel Aviv (nome che deriva dal titolo di un romanzo di Theodor Hertzl, pubblicato nel 1902) convivono alta tecnologia, come i caffè consegnati in ufficio via drone, e le attività archeologiche. Da quest’anno ha anche il non invidiabile primato di città più cara del mondo.
La classifica è quella dell’Economist Intelligence Unit, che mette a confronto il prezzo di oltre 200 prodotti e servizi in 173 città su dati raccolti tra metà agosto e metà settembre. Il punto di riferimento sono i prezzi di New York, indicati con 100. Il confronto, città per città, ne illustra ascese cadute. L’indice viene utilizzato dalle multinazionali per parametrare gli stipendi dei dipendenti sulla base del costo della vita, ma è un utile punto di osservazione per cogliere le tendenze dei costi sia a livello locale che globale.
In generale si vede che, in media, il tasso di inflazione dei prezzi studiati dalla ricerca è salito a una velocità mai vista negli ultimi cinque anni: +3,5%. Nel 2020 era di 1,9%, nel 2019 arrivava al 2,8%.
Cosa è successo? In primo luogo colpa dei problemi alla supply chain, che hanno subito stop e difficoltà a causa della pandemia in tutto il mondo. La rete del commercio è rimasta ingolfata e la distribuzione è andata avanti a rilento. A settembre, per fare un esempio, il trasporto di un container è quadruplicato rispetto all’anno precedente. In più si sono verificate variazioni dei tassi di cambio e trasformazioni della domanda dei consumatori, che ha sancito un innalzamento dei prezzi globale.
A contribuire al boom di Tel Aviv, per esempio, è stato anche l’apprezzamento dello shekel, la moneta nazionale, resa forte dal buon successo della campagna vaccinale, dalla salute dell’economia e dalla sua capacità di attrazione delle aziende più avanzate, che è rimasta intatta negli ultimi mesi.
Per la precisione, a crescere in modo significativo sono stati i prezzi degli alimentari, degli oggetti per la casa, quelli delle automobili e del carburante. Non solo: Tel Aviv è una delle città più care del mondo per l’acquisto di alcolici, di articoli per la cura personale e per i divertimenti. È sul podio in tutte le principali categorie di spesa e la cosa le ha permesso di superare Parigi, seconda a pari merito con Singapore. Subito dopo vengono Zurigo e Hong Kong.
A guardare l’elenco dei primi dieci, si nota un predominio dei centri europei e asiatici. L’America del Nord conta solo New York (sesta), mentre le altre città hanno contenuto la crescita dei prezzi anche grazie agli ingenti aiuti monetari garantiti dal governo. Assenti – altra cosa particolare – le città cinesi.
Le variazioni non sono state uniformi a livello globale. Roma, per esempio, ha mantenuto in media gli stessi prezzi del 2020, ma ha perso 16 posizioni nel ranking generale. Berlino e Amsterdam sono cresciuti di poco rispetto all’anno precedente (un punto in più) ma il calo in classifica è stato di otto posizioni.
In direzione contraria invece Toronto e Praga (+ 8), mentre colpisce il balzo di Reykjavik (+21) e soprattutto quello di Teheran (+50). La capitale iraniana paga l’effetto delle sanzioni internazionali, che hanno accresciuto il prezzo di beni e servizi in valuta locale del 42%. Il ristagno economico e la lentezza della ripresa hanno fatto il resto.